19 ottobre: vogliamo lavoro non bombe


Lorenzo Montanaro - Famiglia Cristiana


Flavio Lotti: “Il voto alla Camera sugli F35 è un apprezzabile passo nella direzione giusta ma per noi la direzione ha una sola meta: la cancellazione del programma. È necessario urgentemente spostare le risorse dalla guerra verso investimenti di pace”.


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La notizia del voto alla Camera sul programma F-35 fa rapidamente il giro della galassia disarmista. Le reazioni sono positive, anche se in tanti ribadiscono la necessità di non abbassare la guardia.



«La mozione Pd, cioè quella che prevede il dimezzamento del programma, non è la sola approvata dalla Camera», osserva Francesco Vignarca, coordinatore Rete Italiana Disarmo. In effetti, l'aula di Montecitorio ha dato il via libera anche ad altri testi (uno di Scelta Civica e uno di Forza Italia), che però sono più “morbidi” e meno espliciti, limitandosi a raccomandare un aggiornamento del programma. Situazione, questa, che potrebbe tornare molto comoda ai sostenitori dei caccia.



«Ecco perché è fondamentale che il Governo espliciti tempi e modi in cui metterà in atto le indicazioni parlamentari. Pur iconoscendo l'importanza della decisione di oggi, la campagna “Taglia le ali alle armi”», assicura Vignarca, «proseguirà nel suo lavoro di controllo. Il dimezzamento si potrà dire effettivo solo quando se ne troverà traccia nella Legge di Stabilità».

Flavio Lotti, coordinatore del Comitato per Marcia Perugia-Assisi, definisce il voto alla Camera come «un apprezzabile passo nella direzione giusta». Precisando però che «per noi la direzione ha una sola meta: la cancellazione di un programma antistorico e antidemocratico, oltre che insostenibile economicamente e umanamente. Dopo la prima iniziale decisione di tagliare una ventina di velivoli (erano i tempi del governo Monti, ndr) e dopo l'attuale più coraggioso dimezzamento, sembra davvero che il buon senso stia iniziando a prevalere».

Ma c'è nelle parole di Lotti anche una nota di amarezza. «Pur sottolineando l'importanza di questo risultato, dobbiamo prender atto di una  certa lentezza della politica a recepire le istanze dell'opinione pubblica. È necessario urgentemente spostare le risorse dalla guerra verso investimenti di pace». Non a caso, lo slogan della prossima marcia Perugia Assisi, programmata per domenica 19 ottobre, sarà “Lavoro, non bombe”. Emerge, tra l'altro, una piccola coincidenza: proprio oggi ricorre il 53° anniversario dalla prima Perugia Assisi, che si svolse il 24 settembre del '61: «segno che la pace», conclude Lotti, «ha radici lontane, ma davanti a sé ancora un lungo cammino».



Va osservato che sul tema degli F-35 l'impegno del mondo cattolico è stato fondamentale. Già nel gennaio 2007, in un clima di silenzio pressoché assoluto, il movimento Pax Christi pubblicò un documento di denuncia del programma. «Non si può disgiungere la votazione fatta nel chiuso di un'aula parlamentare da quello che sta accadendo nel mondo, dove la guerra è reale e non virtuale», commenta oggi don Renato Sacco, coordinatore nazionale Pax Christi. Parole particolarmente impegnative le sue, perché scaturite dall'incontro diretto con tanti uomini e donne di Paesi martoriati dalla guerra, in Medio Oriente e non solo.



«Inoltre non si può disgiungere quello che è avvenuto alla Camera da ciò che ha detto il Papa a Redipuglia». Proprio durante la visita al Sacrario dei caduti nel primo conflitto mondiale il Santo Padre ha avuto parole durissime per «i pianificatori del terrore, gli organizzatori dello scontro», come pure per «gli imprenditori delle armi, gli affaristi della guerra», che «hanno scritto nel cuore: “A me che importa?”».



«Perché questo Papa», si domanda don Sacco, «che in tanti trovano così “simpatico”, non viene ascoltato quando parla della guerra? Se la decisione parlamentare è un primo passo, ben venga. Però non ci rassegniamo alla logica del “meglio che niente”. La domanda di fondo rimane: a chi servono gli F-35? Forse solo a chi li produce, a quella lobby militare che vorrebbe la politica ridotta a un teatrino di pupi siciliani da manovrare».



«Noi», conclude il sacerdote, «continuiamo a sognare che esista una strada alternativa alla guerra». Tutto questo alla luce del Magistero della Chiesa, «che già nel '67 definiva folle la corsa agli armamenti, perché toglie risorse ai popoli più oppressi condannandoli alla fame».

 

Fonte: www.famigliacristiana.it

24 settembre 2014

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