Zimbabwe, paese allo stremo


Enzo Nucci


Quello che era considerato il granaio dell’Africa e che produceva una qualità di tabacco di altissimo pregio, è una nazione che vive degli aiuti del World Food Programme.


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Zimbabwe, paese allo stremo

I primi sei mesi del 2008 hanno registrato in Africa la nascita di nuove emergenze.
Una delle più gravi riguarda lo Zimbabwe dove Robert Mugabe, il padre –padrone dell’ex Rhodesia, non ha alcuna intenzione di abbandonare la poltrona di presidente della repubblica che occupa ininterrottamente da 28 anni, ovvero dalla liberazione dal dominio coloniale inglese.
Il paese è allo stremo. Quello che era considerato il granaio dell’Africa e che produceva una qualità di tabacco di altissimo pregio, è una nazione che vive degli aiuti del World Food Programme. 600 mila persone sopravvivono grazie agli aiuti alimentari, almeno cinque milioni di cittadini invece hanno nel corso degli anni abbandonato il paese per sfuggire alla fame e alla violenza, riversandosi essenzialmente in Sudafrica dove una ventata di xenofobia nelle settimane scorse ha fatto già più di 50 vittime.
Le agenzie umanitarie internazionali assistono milioni di persone che non hanno fonti di sostentamento. Ma nei giorni scorsi c’eè stata un ulteriore giro di vite che nei fatti impedisce loro di operare. I raccolti di mais, cereali e grano scarseggiano anche per la siccità. Le industrie agricole sono malfunzionanti. Ed a completare il preoccupante quadro sociale c’e’ una disoccupazione che tocca punte dell’80% ed una inflazione unica al mondo che ha sfondato il tetto del 160 mila per cento.
Ogni istanza di cambiamento politico è soffocata dal dittatore Robert Mugabe che non esita a ricorrere ad assassinii e repressioni.
Il regime è uscito sconfitto dalle elezioni del marzo scorso che hanno visto l’opposizione conquistare la maggioranza nel parlamento e nelle istituzioni locali. ma stranamente l’opposizione si è vista negare la vittoria alle presidenziali. L’odore di brogli è forte. Tutto è stato dunque rimandato al turno di ballottaggio in programma il 27 giugno che potrebbe però anche essere annullato con l’emanazione di leggi di emergenza.
Ai giornalisti stranieri è proibito recarsi nel paese per seguire l’evento. I pochi giornalisti della carta stampata e delle agenzie di stampa che a marzo sono entrati lo hanno fatti da clandestini, con un visto turistico. Alcuni colleghi statunitensi sono stati arrestati e trattenuti . Impossibile per le telecamere tv entrare in Zimbabwe. A tre tecnici della Globecast (una società francese che cura le trasmissioni via satellite per le tv) a marzo scorso è stato dapprima accordato il visto di ingresso ma a due giorni dall’apertura dei seggi i malcapitati sono stati arrestati ed espulsi. Ai giornalisti che chiedono l’accredito per seguire le elezioni vengono addirittura fornite false indicazioni sugli organismi a cui presentare le domande.
Dalla fine delle elezioni di marzo ad oggi – denuncia il Movimento Democratico per il Cambiamento (principale partito di opposizione) – sono stati uccisi 66 oppositori, altri 200 sono scomparsi, 3 mila invece sono stati feriti e curati in ospedali, mentre non si contano gli arresti.
Lo stesso Morgan Tsvangirai, leader dell’opposizione e sfidante di Mugabe, è stato arrestato e scarcerato per cinque volte in otto giorni durante lo svolgimento della campagna elettorale. Mentre il numero due è stato arrestato con l’accusa di tradimento appena rientrato dal Sudafrica dove si era rifugiato per scampare alla repressione.
Mugabe ha dichiarato senza mezzi termini che finchè sarà vivo non cederà il potere al Movimento Democratico per il Cambiamento, accusato di essere uno strumento nelle mani di statunitensi ed inglesi, intenzionati a farlo cadere. E non ha esitato a minacciare la guerra civile, scatenando i suoi fedelissimi veterani della guerra di indipendenza dagli inglesi contro l’opposizione.
La comunità internazionale assiste impotente anche in questo caso al lento genocidio di un popolo. L’Inghilterra minaccia di chiedere al Sudafrica di tagliare le forniture di energia elettrica allo Zimbabwe di fronte a nuovi brogli elettorali. La nuova strategia del Regno Unito e dei suoi alleati è infatti di convincere i paesi confinanti (in special modo Sudafrica e Mozambico) a sospendere la fornitura di servizi con il sostegno ampio dei paesi africani. Gli inglesi si stanno anche attivando per chiedere un inasprimento delle sanzioni dell’unione Europea e per far pressione sulla Cina perché interrompa i suoi rapporti con il sanguinario dittatore.
C’è la forte sensazione che ancora una volta le sanzioni colpiscano la popolazione senza intaccare il cuore del potere.
Mugabe però e’ agli sgoccioli. C’è chi sostiene che lui sarebbe anche pronto ad abbandonare la carica di presidente ma la cricca militare che lo sostiene teme di perdere tutti i vantaggi acquisiti illecitamente (terreni di proprietà, etc.) in 28 anni.

Fonte: Articolo21

17 giugno 2008

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