Visitatori in Cisgiordania: Israele dà il visto solo per “Giudea e Samaria”


Ali Abunimah - Near East News Agency


Prima ai turisti diretti in Cisgiordania Israele concedeva un visto per i territori dell’ANP. Ora la novità, volta a delegittimare lo Stato di Palestina.


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passaporto

Dato che l’Autorità Palestinese non ha alcun reale controllo né sovranità territoriale, chiunque voglia visitare la Cisgiordania occupata ha bisogno del permesso israeliano. Ovvero, visitatori stranieri e le migliaia di palestinesi con il passaporto di un Paese terzo che vivono o viaggiano in Palestina.

Anche se molti stranieri vivono e lavorano in Cisgiordania, non c’è niente che assomigli ad un permesso di lavoro con il quale essere impiegati da istituzioni o compagnie palestinesi con sede in Cisgiordania, o con il quale semplicemente vivere tranquilli. Tutte queste persone ottengono un visto turistico israeliano, che devono costantemente rinnovare e che spesso viene arbitrariamente negato.

Sono centinaia gli attivisti pro-palestinesi – che sfidano il pugno di ferro d’Israele che decide chi può entrare e chi uscire dalla Cisgiordania – sono stati espulsi o hanno ricevuto un “denied entry” nel corso dell’ultimo anno. Non solo a gente “normale” è stato negato l’ingresso da parte del regime occupante, ma anche a funzionari di governi stranieri che intendevano incontrare i leader dell’Autorità Palestinese. Quello israeliano è un abuso, documentato anche dalla missione diplomatica statunitense nella regione.

Timbro sul passaporto: “Giudea e Samaria”

In passato, avere un visto israeliano permetteva al visitatore straniero o palestinese con un passaporto straniero di entrare in “Israele” e quindi in Cisgiordania. Ma dal 2009, Israele ha cominciato a rilasciare visti ai visitatori della Cisgiordania con la dicitura “Palestinian Authority only”: ovvero il visitatore in questione può muoversi solo all’interno della Cisgiordania occupata.

Da poco è giunta una significativa novità: ora Israele ha cominciato a stampare i passaporti con la dicitura “Judea and Samaria only”.

La foto sopra mostra il passaporto di Rima Merriman, professoressa universitaria palestinese-americana che insegna letteratura americana alla Al Quds University. Il visto del 24 agosto 2012 riporta “Palestinian Authority only”. L’immagine all’inizio dell’articolo, invece, si riferisce all’ultimo ingresso di Merriman, il 26 novembre 2012: il timbro è nuovo, “Judea and Samaria only”.

Giudea e Samaria è il nome nazionalista ebraico che Israele ha attribuito alla Cisgiordania occupata, per rafforzare le sue pretese sul territorio e dare loro una legittimità storica e religiosa. Quest’ultima novità ne è ulteriore prova, se ce ne fosse stato bisogno: Israele, senza annunciarlo, sta implementando una “one State solution” razzista, all’interno del quale non esiste uno Stato di Palestinese né Autorità Palestinese.

Rendere la vita delle istituzioni palestinesi impossibile

Merriman mi ha spiegato che per due volte le è stato negato l’ingresso alla frontiera di Allenby, tra Giordania e Cisgiordania occupata. Ogni volta le è stato detto che stava entrando per lavoro “senza avere un visto di lavoro”, anche se “non ci sono modi per professori internazionali che lavorano in un’università palestinese di ottenere un visto di lavoro”. Più avanti, è stata in grado di rientrare “attraverso il coordinamento tra l’Ufficio per gli Affari Civili dell’ANP” e le autorità israeliane d’occupazione, con una considerevole perdita di tempo e di denaro.

Merriman ha sottolineato che la Al Quds University è l’unica università palestinese che Israele non riconosce perché è la sola a lavorare anche a Gerusalemme Est, illegalmente annessa da Israele. Tel Aviv non riconosce, quindi, le lauree degli studenti, rendendo loro ancora più difficile trovare un impiego.

La natura del regime dei permessi israeliani è esplicitamente razzista e discriminatoria: ebrei di qualsiasi nazionalità non solo hanno l’ingresso garantito quando desiderano, ma possono ottenere immediatamente la cittadinanza israeliana, mentre palestinesi che vivono o sono esiliati all’estero – seppur nati in Palestina – possono entrare nel loro Paese solo come “visitatori” e solo se in possesso di un passaporto straniero. E sono soggetti ai capricci dell’occupante.

Traduzione dall’inglese a cura di Nena News

Fonte: http://nena-news.globalist.it
10 dicembre 2012

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