Virus, ambiente, guerre.. il destino della razza umana


Piero Piraccini


Qui dove si apre questo spiazzo sorgeva un tempo la bottega di barbiere di GIAN GIACOMO MORA che, con la complicità di GUGLIELMO PIAZZA, commissario di pubblica sanità e di altri scellerati NELL’INFURIARE PIU’ ATROCE DELLA PESTE aspergendo di qua e di là unguenti mortali procurò atroce fine a molte persone. ENTRAMBI GIUDICATATI NEMICI DELLA […]


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Qui dove si apre questo spiazzo sorgeva un tempo la bottega di barbiere di GIAN GIACOMO MORA che, con la complicità di GUGLIELMO PIAZZA, commissario di pubblica sanità e di altri scellerati NELL’INFURIARE PIU’ ATROCE DELLA PESTE aspergendo di qua e di là unguenti mortali procurò atroce fine a molte persone. ENTRAMBI GIUDICATATI NEMICI DELLA PATRIA il senato decretò che issati su un carro e dapprima morsi con tenaglie roventi e amputati della mano destra avessero poi rotte le ossa con la ruota E INTRECCIATI ALLA RUOTA FOSSERO, TRASCORSE SEI ORE SCANNATI quindi inceneriti e perché nulla restasse d’uomini così delittuosi stabilì la confisca dei beni LE CENERI DISPERSE NEL FIUME. A PERENNE MEMORIA DEI FATTI LO STESSO SENATO COMANDO’ che questa casa, officina del delitto venisse rasa al suolo con divieto di mai ricostruirla e che si erigesse una colonna da chiamarsi infame. GIRA AL LARGO DI QUA BUON CITTADINO se non vuoi da questo triste luogo infame ESSERE CONTAMINATO. 1630 ALLE CALENDE DI AGOSTO.

 

Queste, maiuscole e virgole comprese, sono le parole riportate nella lapide (la scritta è in latino) sita nel Castello Sforzesco di Milano che ricorda il luogo in cui furono giustiziate due persone ritenute responsabili della peste che portò a morte decine di migliaia di persone.

Manzoni ne “I promessi sposi” descrive la peste, ne “La storia della Colonna infame” descrive l’orrore della caccia agli untori: un responsabile bisognava pur trovarlo.

Be’, sì, i tempi sono decisamente cambiati: oggi la scienza ha sostituito la superstizione, l’imbarbarimento della vita civile trova ostacoli, ma se il virus di cui tanto si parla provenisse non da “padani”, come invece risulta, ma da “vo cumprà” o da un qualunque “clandestino” sopravvissuto ai barconi o da uno di quei cinesi che ormai fa parte del panorama commerciale anche se “chissà che roba è quella che vendono” o dell’artigianato che lavora chiuso in laboratori senza regole e senza aria?

Pressoché ovunque assisteremmo a episodi di razzismo, a richieste di segregazione di chiunque abbia sembianze riconducibili alla “razza” dei colpevoli.

Emergerebbero i Salvini, odierni monatti, che “via chi non è italiano, e via questa sinistra incapace e responsabile della peste che ci sta ammazzando tutti”.

E poi l’esaltazione di muri e confini. Tutte idee a perdere. Il fatto è che, come ci ricorda Pietro Cattaneo, preside in Torino, in un attimo è cambiato tutto. Il pericolo non viene più da cinesi o da africani, ma da gente come noi.

Questo virus ci dice che siamo tutti ugualmente fragili, ma è questa comune debolezza a renderci umani.

Il “prima gli italiani” può trasformarsi in un tragico “tutti contro tutti”, più pericoloso di qualsiasi pandemia e chi blatera da anni di razza padana, prova sulla sua pelle cosa significa essere considerato appestato. Infine, questa epidemia, così com’è e come viene enfatizzata dai media, ci evidenzia ancora di più come questa globalizzazione senza regole che ha consegnato il potere all’1% della popolazione, sia vulnerabile.

Nello stesso momento entra in crisi il modello energetico basato su fonti non rinnovabili, il riscaldamento climatico devasta chilometri quadrati di foreste, le guerre continuano a diffondersi.

Dunque le scelte che s’impongono riguardano il destino di una sola razza: quella umana.

Alla nostra scala, invece si evidenzia la necessità di una sanità pubblica centrata sullo Stato, altroché l’autonomia differenziata di cui si parla che finirà per allontanare ancor più una regione dall’altra (oggi oltre 1 miliardo di euro passa dal sud al nord alla ricerca di una sanità migliore) mentre è sempre più chiara l’urgenza di cure pubbliche uguali per tutti dai più deboli, i bambini, gli anziani, i disabili.

C’è un costo, sì, ma che si fa? Bombarderemo il virus con gli F35 che il governo ha comprato o impiegheremo le nostre risorse per impiantare qualcos’altro al servizio della nostra specie?

La dignità che non costa nulla, ad esempio. O continueremo a indignarci per una nave da crociera italiana respinta perché ritenuta pericolosa al contagio mentre distogliamo lo sguardo dalle migliaia di rifugiati siriani che fuggono, bambini sulle spalle? Braccati dalle bombe prima, dai lacrimogeni dei militari turchi e greci poi e, infine scarsamente considerati dai vertici europei nell’incontro con gli omologhi greci, a dimostrazione del volto timido di un’Europa che vorrebbe ma non può.

 

Piero Piraccini

marzo 2020

 

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