Violenza sulle donne. Dati e strumentalizzazioni
Laura Berti
Dalle ultime statistiche a disposizione il nostro non è un paese per donne: ogni giorno in Italia 11 donne vengono stuprate.
Dalle ultime statistiche a disposizione il nostro non è un paese per donne: ogni giorno in Italia 11 donne vengono stuprate. Complessivamente 1 milione e 157mila. Cifre da brivido, che fanno crescere dentro tanta rabbia. Così come i femminicidi, crimini perpetrati la maggior parte delle volte lucidamente , con l’obiettivo di non lasciar vivere all’oggetto del proprio possesso (l’amore non c’entra mai) una vita autonoma.
Fin qui , argomenti di cui i media si occupano spesso, su cui si spendono (giustamente) parole e analisi. Ciò di cui invece si parla meno sono proprio questi 11 stupri giornalieri. In genere salgono ai cosiddetti onori della cronaca quegli orrendi stupri ai danni di ragazzine. Ma di altri stupri se ne parla fin troppo poco. E invece. In questi giorni di fine agosto è un susseguirsi di notizie di stupri commessi da stranieri.
Se infatti di stupri sarebbe sempre giusto parlarne ma non se ne parla quasi mai , è singolare che se a stuprare è uno straniero, la notizia sia sulle prime pagine di tutti i giornali. Anzi, leggiamo non solo di stupri ma addirittura anche di tentati stupri! E questa, a mio avviso, è un’ulteriore violenza perché l’impressione è che ancora una volta, le donne vengano strumentalizzate, e in questo caso iper un evento così drammatico e doloroso come una violenza sessuale.
A dare apparentemente ragione a chi dice che il pericolo per le donne sono gli stranieri, i dati sugli stupri in Italia. Secondo l’Istat, un milione e 157mila donne avrebbero subito una violenza sessuale nel corso della vita, tra stupri e tentati stupri. Quanto agli autori, in maggioranza sono italiani, ma quasi quattro denunciati su dieci sono stranieri.
Il dato di per sé è allarmante e una recente indagine realizzata dall’istituto Demoskopika chiarisce che nel corso degli ultimi anni, denunce e arresti hanno interessato in maggioranza gli italiani (61% dei casi), seguiti da romeni (8,6%), marocchini (6%), albanesi (1,9%) e tunisini (1,3%). Anche le vittime sono principalmente donne di nazionalità italiana (68% dei casi), seguite da romene (9,3%) e marocchine (2,7%).
Ciò che emerge è sicuramente che lo stupro è interculturale e che moltissimi stupri si consumano in famiglia o comunque all’interno di un contesto “affettivo” per così dire. Altro dato, sempre sottolineato dai gruppi contro la violenza di genere è che una grandissima parte di stupri non viene denunciata proprio perché si consuma in famiglia. E questo sia per paura sia perché è decisamente più semplice e accettabile socialmente (purtroppo ancora oggi) denunciare lo stupro di uno sconosciuto, italiano o straniero che sia. Il risultato è comunque che le violenze sessuali esercitate da italiani sono molte di più ma non vengono denunciate.
Insomma, i dati vanno capiti e interpretati , non strumentalizzati . Eppure oggi leggiamo affermazioni come quella presente sul “Il Giornale” che dice: i numeri non possono essere bollati come razzismo. E se proprio si vuole continuare a parlare di accoglienza e integrazione, non si può prescindere dall’opportunità di rafforzare sanzioni e pene contro coloro che ancor oggi considerano le violenze contro le donne una prassi comune.(…..)
L’alternativa è un’esplosione di questo problema visto il proliferare di culture che non rispettano l’universo femminile, come evidenziato dallo sconsiderato post su Facebook del mediatore marocchino dopo i fatti di Rimini. Ignorare i fatti per compiacere Boldrini e compagnia bella o, peggio, per abbandonarsi a un’etica dell’accondiscendenza può solo peggiorare la situazione. Rafforzare le pene contro la violenza sessuale ( ma per tutti, italiani e stranieri), può trovare tutti d’accordo. Il problema però non si risolve così. Non c’è nessun “proliferare di culture che non rispettano l’universo femminile” perché l’universo femminile , visti i numeri degli stupri e dei femminicidi non sembra molto rispettato neppure in Italia.
E’ giusto che chi viene accolto in un Paese diverso dal proprio rispetti le sue leggi e la sua cultura. Su questo non c’e’ dubbio. C’è solo da domandarsi quale sia la cultura da rispettare quando parliamo di donne qui in Italia. Questa dovrebbe essere la maggior preoccupazione, anche di fa informazione. E parlare di più di violenza contro le donne sotto tutti gli aspetti.
Ma sempre.