Viaggio afgano per Barack Obama
Gianna Pontecorboli
Il candidato alla Casa Bianca incontra anche Karzai.
Un breakfast con i soldati a Kabul, un colloquio nella capitale afgana con il presidente Hamid Karzai. Per Barack Obama, la prima tappa del viaggio che lo portera' anche in Irak e poi in Giordania, in Israele, in Germania, in Francia e in Gran Bretagna e' stata probabilmente la piu' facile. Protetto dall'etichetta del viaggio congressuale, accompagnato da due uomini politici con una lunga esperienza di affari militari e di opposta fede politica, il repubblicano Chuck Hagel e il democratico Jack Reed, tenuto rigorosamente alla larga da telecamere e malintenzionati da un imponente servizio di sicurezza, il senatore dell'Illinois ha rischiato poco.
''Il mio compito e' soprattutto di stare a sentire. Questo e' un viaggio del Congresso e il presidente in carica e' uno solo'', ha spiegato gia' prima della partenza da Washington. Nelle basi militari che il viaggio ha toccato, il grande Bagram Air Field, la principale base Usa in Afganistan, e poi il Jalalabad Air FIeld all'ombra delle montagne di Tora sabato, e infine ieri a Kabul, Obama ha infatti
soprattutto ascoltato, mangiato insieme alle truppe, perfino giocato a basketball. Quello che i generali, e perfino il governatore di Mangarhar, un ex signore della guerra ormai schierato al fianco degli americani gli hanno raccontato, d'altra parte, ha dipinto una situazione sempre piu' tesa, in cui i talibani e i seguaci di Al Quaeda si sono rafforzato nelle zone al confine con il Pakistan e gli attentati e le vittime sono cresciuti nell'ultimo anno. Solo nell'ultimo mese i morti in Afganistan sono stati tre volte piu' numerosi di quelli in Irak.
Per il candidato nero, che ha sempre sostenuto durante la campagna elettorale che l'Afganistan e' una ''guerra che non si puo' perdere'' e che ha ripetutamente chiesto l'invio nella regione di due nuove brigate, circa 7000 uomini, le parole degli alti militari e del governatore non ha rappresentato probabilmente altro che una conferma. E, d'altra parte, anche tra i repubblicani la posizione di Obama su questo argomento non trova molte critiche. Anche McCain, infatti, e' sostanzialmente d'accordo con la necessita' di un rinnovato impegno americano per combattere le forze di Al Qaeda che sembrano aver lasciato l'Irak per rifugiarsi nelle piu' sicure montagne ai confini del Pakistan. ''Obama ci ha offerto il suo supporto per la ricostruzione e la sicurezza'', ha fatto sapere Ghul Aga Sherzai, il governatore di Mangarhar. Anche con Karzai, che Obama ha in passato accusato di ''non
essere uscito dal bunker'', il candidato ha d'altra parte lasciato capire di non voler forzare i toni della polemica.
Per il senatore dell'Illinois, pero', i trabocchetti cominceranno con le prossime tappe. Per Barack Obama, che in questi ultimi mesi si e' messo intorno uno staff di politica estera' che ha raccolto il meglio degli esperti del partito democratico nel settore, dall'ex consigliere per la sicurezza nazionale Anthony Lake a allo storico negoziatiore per il Medio Oriente, Dennis Ross, il primo scoglio sara' l'Irak. Gia' ieri mattina, i giornali conservatori americani hanno dedicato i loro editoriali al primo viaggio di Obama a Bagdad. e all'incontro che avra' con il primo ministro iracheno Nuri al Maliki e non hanno lesinato le critiche. Riguardo alla guerra in Irak, si sa, Obama ha avuto fin dall'inizio una posizione molto netta e molto chiara, e' stato contrario all'intervento americano nel 2003, quando ancora non votava in senato, ed e' stato poi critico nei confronti del cosidetto ''surge'', l'aumento di 30.000 soldati deciso lo scorso autunno dal presidente Bush. Se sara' eletto presidente, ha promesso agli americani, ordinera' il ritiro delle truppe ad un ritmo di una o due brigate al mese. In questo momento, tuttavia, la sua posizione presenta il fianco alle critiche. Giusto pochi giorni fa, infatti, Bush ha inaspettatamente cambiato rotta e, dopo anni di rifiuto, ha aperto uno spiraglio di calendario per l'inizio del ritiro. Dopo una discussione effettuata in videoconferenza, infatti, Bush e Maliki si sono accordati per stabilire un ''orizzonte temporale'' per una ''ulteriore riduzione delle forze di combattimento americane in Irak''. La concessione della Casa Bianca, ora, dovrebbe facilitare la conclusione entro fine mese di un accordo generale di sicurezza tra le forze americane e l'Irak.
Da parte sua, McCain e' stato fin dall'inizio un deciso difensore della necessita' di aumentare le truppe e adesso la situazione sul campo sembra dargli ragione. In questi giorni, cosi', il candidato repubblicano e' pronto a lodare la decisione di Obama di esporsi pere la prima volta in Afghanistan e in Irak, anche quando per farlo e' costretto a contraddire la sua stessa portavoce.
''Era un viaggio dovuto da molto tempo, se vuole guidare questo paese'', ha spiegato McCain. Prima di aggiungere, ironico, ''Obama e' cosi' ancorato alle proprie idee che difficilmente cambiera' opinione sull'Irak. Solo un anno fa, sosteneva che l'invio di trentamila nuovi soldati non sarebbe servito a niente''. Al senatore nero, adesso, non restera' che destreggiarsi, sotto gli occhi attenti dei suoi futuri ospiti internazionali e di una non ancora del tutto convinta opinione pubblica interna.
Fonte: il Manifesto
21 luglio 2008