Un solo cielo per una sola terra
Piero Piraccini
L’umanità gode di un unico cielo: quello colorato dagli aquiloni o solcato da aerei che sganciano bombe sulle teste degli abitanti di Gaza (quelli scampati da chi ha licenza di uccidere) o di Kiev o di… (ce n’è per oltre 100 nazioni, rivela l’università della pace di Uppsala). Perché quell’unico cielo è conteso dall’ideologia (vincente) […]
L’umanità gode di un unico cielo: quello colorato dagli aquiloni o solcato da aerei che sganciano bombe sulle teste degli abitanti di Gaza (quelli scampati da chi ha licenza di uccidere) o di Kiev o di… (ce n’è per oltre 100 nazioni, rivela l’università della pace di Uppsala).
Perché quell’unico cielo è conteso dall’ideologia (vincente) di chi vede i colori delle diversità senza apprezzarne i contenuti.
Per cui se una scuola frequentata da bambini di religione musulmana festeggia il ramadan, allora c’è chi s’indigna perché quel cielo non può essere solcato da colori diversi dai suoi (?).
Fa niente se la Siria musulmana considera festa nazionale il Natale cristiano. E se c’è chi (il papa, in questo caso) a domanda risponde che sì, è un bene per tutti alzare al cielo la bandiera bianca durante una guerra, tanto più se è evidente che a quella specifica guerra non può esservi una soluzione militare e che protrarla significherebbe aumentare il numero dei morti, allora c’è chi grida allo scandalo.
Le armi potranno fermarsi solo a fronte di una pace giusta, dicono.
Giusta forse per i costruttori di armi, se è vero che due anni di guerra ristagnano nel fango e nel dolore di migliaia di famiglie.
Fa niente come ha ricordato il direttore della cattedra Diritti Umani a Padova, Marco Mascia, se il fondatore del Diritto internazionale moderno, l’olandese Ugo Grozio, già nel ‘600 sosteneva che in una guerra ci possono essere fasi d’interruzione dei combattimenti (“isole di accordo nel mezzo della belligeranza”, li chiamava). Il che significa riconoscere nel nemico la possibilità di interlocuzione.
Proprio questo intendeva il papa.
Questo rischia di derubricare a nullità il ruolo svolto dalla presidente della commissione europea, coi suoi tirati vestitini e la perfetta acconciatura, e dal presidente del consiglio europeo, con la sua fronte inutilmente ampia (copyright Fortebraccio)? Sì. Chi ricorda una sola ancorché modesta proposta di trattativa, se non l’offerta di armi da parte di quell’Europa per la quale si dovrà votare fra un paio di mesi?
Stesso discorso vale per Gaza. Come può essere che fra i tanti mediatori (Cina, Turchia, Egitto, Qatar), non ci sia l’Europa come se il Mediterraneo fosse da un’altra parte del mondo?
E sì che l’Europa era nata rendendo comune il carbone e l’acciaio (CECA) delle miniere dell’Alsazia, minerali usati per costruire le armi con cui Francia e Germania si erano sgozzate fino al giorno prima.
E’ una buona cosa se gli USA, dopo oltre 30mila morti, non hanno posto il veto nel consiglio di sicurezza dell’ONU al CESSATE IL FUOCO, ma è bene non essere ipocriti.
Come? Semplice: cessando di fornire bombe a Israele, obbligandola all’apertura del valico di Rafh e al rispetto della sentenza della Corte di internazionale di giustizia anziché far finta di aiutare un popolo alla fame paracadutando cibo dal cielo.
Il cielo, appunto. Pochi conoscono il nome di Jane Parker Ambrose, la donna che nel 1985 per affermare l’unione dei popoli sotto lo stesso cielo, dipinse un aquilone con le bandiere degli USA e dell’URSS insieme alla sagoma della cometa di Halley. Gorbaciov e Reagan si erano incontrati a Denver, in Colorado, sul disarmo nucleare.
L’aquilone, simbolo di pace fra le genti e con la terra, fu consegnata al comitato della Pace delle Donne Sovietiche a Mosca. Il Magazine “Soviet Life” la mise in copertina.
Fra alcune settimane migliaia di aquiloni nati da quell’idea di pace, solcheranno ancora una volta il cielo sulle nostre spiagge della Romagna grazie ad Artevento che da anni organizza questo gioioso festival prendendo a calci coloro che sempre più sono travolti dalla vertigine della guerra.
Quel sogno di Ambrose fu smantellato poco a poco. Ci fu chi a un’Europa dall’Atlantico agli Urali (Gorbaciov) preferì un’Europa vincolata alla Nato, quella che “abbaia” ai confini della Russia, come ha detto un “putiniano” di tutto rispetto. L’unico leader mondiale a fronte dei tanti nani odierni. I quali nani, ancorché stiano sulle spalle dei giganti dei tempi che furono, non vedono più lontano, essendo miopi se non ciechi.