Un giornalista che andava fino in fondo…
Roberto Morrione
"Sembra impossibile che se ne sia andato, che si debba ora parlare di lui per come lo abbiamo direttamente conosciuto in passato, tanto forte era la sua vitalità, la capacità ininterrotta di riempire da protagonista la scena dell’informazione come degli scontri politici, di esprimersi con slancio e coraggio in tante battaglie e polemiche".
Sembra impossibile che se ne sia andato, che si debba ora parlare di lui per come lo abbiamo direttamente conosciuto in passato, tanto forte era la sua vitalità, la capacità ininterrotta di riempire da protagonista la scena dell’informazione come degli scontri politici, di esprimersi con slancio e coraggio in tante battaglie e polemiche. Con Sandro ho avuto un rapporto complesso, non facile e, al di fuori di ogni artificiosa retorica che nella sua schiettezza credo non avrebbe apprezzato, devo dire che lungo i faticosi sentieri della Rai e di ciò che ha rappresentato abbiamo avuto spesso visioni diverse, contrasti d’opinione, affrontati però sempre con reciproco rispetto e lealtà. E’ anche per questo che sento il dovere oggi di ricordare, con commozione e anche con gratitudine, gli anni che ho trascorso al TG 3 della sua direzione, certo fra i più intensi e formativi della mia vita professionale. Avevamo posizioni diverse, sul futuro e sull’organizzazione del servizio pubblico televisivo, ma quando mi ritrovai per un anno a casa, dopo le dimissioni da capocronista del TG 1 alle quali mi aveva costretto Bruno Vespa, fu Sandro a chiamarmi al TG 3, utilizzando uno scambio di redattori, senza che fosse stato costretto, né invitato da alcuno, dimostrandomi stima e fiducia.
Ho partecipato così all’avventura di quella che fu polemicamente chiamata “telekabul” e che considero ancora oggi una delle pagine più innovative ed appassionanti nella storia della Rai. Il TG 3 di Sandro Curzi era fondato sul rapporto diretto con la società e con i grandi problemi dell’Italia e del mondo che cambiava, nella ricerca costante di nuovi linguaggi televisivi che consentissero una maggiore partecipazione dei cittadini nel vivo della loro realtà e del territorio, attraverso un lavoro di squadra che si formava in redazione nello scambio delle idee, anche con chilometriche e spesso pazzesche riunioni di sommario. Scoprii allora che Sandro possedeva davvero un grande intuito giornalistico, un occhio acutissimo su ciò che si muoveva nel Paese, una capacità di capire al volo le situazioni in movimento, i personaggi emergenti, il cuore dei problemi, insieme con una carismatica carica di entusiasmo che trasferiva alla redazione, pur tenendola in continua ebollizione e non senza animare contrasti. E insieme la tenace volontà di far valere le ragioni della Testata di fronte alle chiusure e all’ostilità di potenti settori e di alcuni vertici aziendali. Non mancavano certo i limiti, le eccessive ideologizzazioni, i protagonismi, in una Rai ormai divisa per aree politiche, ma nel TG 3 trovai qualcosa di profondo e di natura essenzialmente professionale, qualcosa che non avevo trovato nelle diverse Testate dove avevo lavorato prima e che non avrei più trovato in quelle attraversate e dirette dopo quell’esperienza: la voglia, che per Sandro Curzi era la regola, di andare fino in fondo nei servizi, nelle inchieste, nelle notizie, senza nascondersi dietro mezze verità, né vuote e false interviste da porgi-microfoni, né banali scelte evasive e di gossip. Un giornalismo vero, dunque, per il quale sono fra l’altro caduti sul campo Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Questa è stata la più bella lezione di Sandro Curzi e in tanti, io per primo, dobbiamo davvero ringraziarlo.
Fonte: Articolo21
22 novembre 2008