Un fondo spese per comprare la guerriglia
Emanuele Giordana - Lettera22
Un fondo spese per reintegrare i talebani che vogliono uscire dalla lotta armata. E’ questa in buona sostanza la novità che dovrebbe emergere dalla conferenza internazionale sull’Afghanistan che si svolgerà a Londra il 28 gennaio.
A spiegarlo nel dettaglio è lo stesso Hamid Karzai che, in un'intervista alla Bbc, dice quello che per adesso nessuno ha esplicitamente detto anche perché è un tantino imbarazzante ammettere che il piano di riconciliazione nazionale per fare uscire l'Afghanistan dal tunnel del conflitto si misurerà in denaro sonante. Per portarsi a casa il segmento più fragile e sensibile della guerriglia: gli operai della guerra in turbante che sono stati spinti alla lotta più dallo stomaco vuoto che dalla fede.
“Lavoro e denaro”, spiega il presidente rieletto a suon di brogli e che ancora non ha un esecutivo in piena forma ma che andrà a Londra a illustrare qual è il suo schema di riconciliazione nazionale. Karzai è anche certo, spiega alla Bbc, che sia Londra, sia Washington sono d'accordo con lui e che dunque appoggeranno il piano. Non solo loro, aggiungiamo noi: francesi, tedeschi e italiani non si tireranno indietro perché in realtà il piano è già stato silenziosamente concordato con la comunità internazionale. Anzi, aggiunge Karzai, c'è anche chi ha già il portafoglio in mano: il Giappone, ad esempio, pronto a contribuire a quello che, tecnicamente, si chiama un Trust-Fund, un fondo fiduciario in cui i vari paesi verseranno il loro contributo. Quanto? A Londra si saprà.
Karzai è stato molto esplicito: gli afgani hanno diritto alla pace “a qualsiasi prezzo” e il termine non è casuale. Spiega il presidente che molti dei combattenti sono in realtà stipendiati dai talebani ma che in realtà, con sicure garanzie, tornerebbero volentieri al lavoro nei campi. Sino ad ora i talebani si sono dimostrati concorrenziali solo perché, in sostanza, potevano pagare di più rispetto a quanto il governo non potesse offrire loro. Secondo Karzai, i suoi alleati occidentali ci hanno messo un bel po' a prendere dimestichezza con un'idea che non gli sorrideva affatto ma di cui ora si sono convinti. Potrà accedere al fondo chiunque? Karzai ripete quel che ha sempre detto: solo chi accetta la Costituzione del paese e solo chi non ha fatto parte di Al Qaeda o di altri network terroristici. Formula vaga ma forse necessaria.
Karzai è convinto che sia il tempo ormai di un accordo che però ha bisogno di essere finanziato. Nell'intervista Karzai ha anche ammesso le colpe del suo governo, vessato e indebolito da corruzione e poteri forti, quali quelli dei signori della guerra adesso però esclusi dall'ultima lista di ministri presentata al parlamento. Ma il presidente è certo che se otterrà luce verde da Londra le cose potranno cambiare e che il suo governo avrà i mezzi e le risorse che gli sono necessari. In quanto tempo può farcela? Cinque anni dice Karzai e a patto che la comunità internazionale continui ad appoggiarlo e non a insidiarlo come hanno fatto americani e inglesi durante le elezioni.
La conferenza inizierà a Londra il 28 e sarà guidata dal premier britannico Gordon Brown, dal presidente Karzai e dal segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon. Gordon Brown l'ha già presentata ma di soldi per i talebani non si è parlato e il focus il premier britannico l'ha messo invece sul tema sicurezza.
Della conferenza sull'Afghanistan hanno parlato al telefono anche il cancelliere tedesco Angela Merkel ed il presidente francese Nicolas Sarkozy che hanno concordato le posizioni dei due paesi in vista dell'incontro. Ma anche da quella telefonata non è trapelato molto altro. Sul fronte tedesco c'è invece da registrare la smentita alle indiscrezioni di stampa secondo cui il ministro della Difesa, Karl-Theodor zu Guttenberg, vorrebbe aumentare a 6mila unità il livello massimo per il contingente militare del Paese in Afghanistan. Questo livello è “privo di qualsiasi fondamento”, ha detto il portavoce del ministero della Difesa, Christian Dienst, commentando le indiscrezioni. Soldi si, soldati no.
Fonte: lettera22.it
23 gennaio 2010