Un duro percorso, senza soluzioni di continuità
Roberto Morrione
Il quadro della Rai tracciato da Morrione sul duro percorso, senza soluzioni di continuità, sofferto sotto le direzioni generali di Saccà, Cattaneo, Meocci.
In genere non scrivo dei miei anni alla Rai e in particolare di quelli vissuti fino al Giugno 2006 come direttore di Rai News 24. Tantissimi ricordi, nessuna nostalgia: troppe cose amare, un potere pregiudizialmente ostile, battaglie dure e spesso perse, un immane lavoro di squadra per sviluppare progetti poi sistematicamente ostacolati o incompiuti, il senso di ciò che avrebbe potuto essere e non è stato. La coscienza di aver dato al Servizio Pubblico il meglio di me stesso e di aver condiviso il percorso con straordinari e generosi compagni di strada è sovrastata dalla constatazione della palude in cui è stata immersa la Rai e di cui la vicenda Saccà, con il suo incredibile epilogo da “ basso impero”, è un segnale emblematico.
L’appello di Beppe Giulietti e di Articolo 21, che condivido, mi ha convinto ad aprire almeno una finestra su quel periodo, a portare una testimonianza diretta su uomini e cose.
Gli ultimi anni a Rai News 24 mi hanno visto impegnato su due fronti, antitetici fra loro.
Da un lato c’era l’impegno a sviluppare il grande potenziale di un canale di frontiera, sia sul piano dei contenuti, sia su quello della multimedialità, un avamposto digitale che apriva alla Rai l’opportunità di proiettarsi nel futuro, di sperimentare innovazione, linguaggi, ruoli professionali. Dall’altro lato, ai piani alti di Viale Mazzini, un sistematico rifiuto a comprendere e a investire risorse, ma soprattutto ad accettare una linea editoriale assolutamente autonoma, ben diversa dagli allineamenti politici, come dai modelli stereotipati e conformisti dei TG analogici.
Seri ostacoli si erano già manifestati nei vertici della Rai vicini al centro sinistra: emblematica fu l’ultima intervista televisiva di Paolo Borsellino, ritrovata e trasmessa nel 2000 da Rai News 24 in splendida solitudine, dopo il rifiuto di una centrale, doverosa collocazione in palinsesto da parte dell’allora DG Pierluigi Celli e dei tre direttori dei TG. Frutto forse di insipienza, certo di preoccupazione personale nel timore delle reazioni di Silvio Berlusconi, che nell’intervista veniva posto in relazione con il fantomatico “stalliere” di Arcore e autentico capo-mafia Mangano, con il riciclaggio e il reinvestimento al Nord del denaro sporco, con l’imbarazzante figura di Dell’Utri.
Le elezioni erano allora ancora lontane e non poteva esserci strumentalizzazione, ma un “berlusconismo” ante-litteram paralizzò in modo traumatico il vertice Rai. Lascio ai lettori il giudizio sull’attualità oggettiva di quel documento straordinario, che la Rai di oggi – come accadrebbe in ogni Paese democratico con maggiore indipendenza dell’informazione – avrebbe il dovere professionale e culturale di riproporre. Lo ha di recente chiesto invano Radio 24 nella trasmissione “Guardie e ladri”.
Ciò precisato, devo dire che quelle furono nonostante tutto rose e fiori a fronte del successivo ostracismo messo in campo dopo la vittoria del centro-destra, delle chiusure a ogni motivata richiesta di risorse umane e tecnologiche, ai progetti multimediali e anche di mercato sul terreno informatico e del satellite, alla proiezione internazionale di un canale digitale all’avanguardia. Attraverso Sky si profilava intanto l’espansione, con ben altre risorse e un’inesistente resistenza competitiva da parte della Rai, dell’impero satellitare di Rupert Murdoch.
Fu una guerra sottile e quotidiana di “contenimento ed emarginazione”, quella condotta nei confronti della mia direzione proprio dalla squadra dei dirigenti più vicini – se non addirittura di diretta emanazione e di consacrazione berlusconiana – alle posizioni del premier e dei suoi fedelissimi, a partire da Deborah Bergamini, passando per il capo del Personale Comanducci.
Per fare un esempio: non fu mai accolta, né discussa, la ripetuta richiesta che Rai News 24 fosse integrata nell’offerta internazionale della Rai, in collegamento stretto con Rai International (da me diretta e sviluppata nel mondo fra il ’96 e il ’99) come richiesto da tutti i distributori dell’offerta Rai e dalle comunità di lingua e cultura italiana sparse nel pianeta. Rai International era diventata per quel governo un feudo di Alleanza Nazionale e non si poteva mettere in discussione il suo dominio assoluto, che si risolveva poi in un recinto provinciale e angusto che destava critiche e reazioni negative dentro e fuori della Rai, ma soprattutto fra gli italiani nel mondo.
Allo stesso modo fu spietato e aziendalmente immotivato il contrasto messo in opera dal Personale, giorno dopo giorno, sul piano degli organici, delle risorse finanziarie, delle iniziative di innovazione e di competizione sul mercato.
Nell’ultimo anno rimasi con un solo Vice Direttore (tutte le altre Testate, ben più semplici nei meccanismi direttivi, ne avevano da tre a sei ) assolutamente insufficiente per governare un complesso ciclo di produzione 24 ore su 24, mentre venivano bloccate nomine e ristrutturazioni interne chieste inutilmente anche dalla redazione.
Questo dunque il duro percorso, senza soluzioni di continuità, sofferto sotto le direzioni generali di Saccà, Cattaneo, Meocci. .
Nel frattempo Rai News 24 si batteva sul fronte dei contenuti, scegliendo la strada dell’inchiesta investigativa internazionale, dei reportages, delle dirette, pur con i pochi mezzi a disposizione, lanciando i suoi giornalisti nelle realtà del mondo e del Paese meno conosciute e non inserite nei giochi dei potenti, dal sottosviluppo dei continenti saccheggiati alle guerre dimenticate, dal volontariato ai temi della pace, dall’antimafia all’immigrazione, al lavoro, all’ambiente.
Un’informazione libera, sui temi civili esclusi dalla dilagante subordinazione alla politica, dalla suddivisione per aree di partito propria dei TG analogici, ma certo non aliena rispetto ai compiti disattesi del Servizio Pubblico. E mentre i redattori e i tecnici di Rai News 24 gettavano sangue per documentare ad esempio gli effetti perversi dell’uranio impoverito o il massacro del fosforo bianco lanciato dagli americani a Fallujah, un gruppo di potere, “quinta colonna” del principale concorrente ( come hanno ampiamente documentato le vergognose intercettazioni emerse) e braccio del conflitto d’interessi imperante, operava contro gli obiettivi e il ruolo dell’azienda sulla pelle di tanti professionisti che credevano con passione alla missione pubblica, come dei cittadini che pensavano di avere diritto a un’informazione e a programmi volti ad allargare la conoscenza e a testimoniare la realtà del nostro tempo.
Un doppio, drammatico danno, dunque, alla Rai e al Paese, che si potrebbe ancora riparare, se prevalesse il vento del cambiamento, di un’autocritica del sistema dei partiti, di regole aziendali e di mercato valide per tutti, in una parola la “riforma”. Ma l’aria è immobile, come pietrificata, dalla Rai salgono miasmi di putrefazione e i gruppi di potere, fuori e dentro l’azienda, non mollano la presa, pronti a scarnificare ciò che resta di un grande Servizio Pubblico.
Comunque ci batteremo ancora, come chiede l’appello di Articolo 21, come sempre, per cercare con l’antico ottimismo della volontà di costruire tempi migliori.
Fonte: Articolo21
23 luglio 2008