Ultime dalla Riva sud (ed est)
Paola Caridi - invisiblearabs.com
Succede, per esempio, che migliaia di detenuti palestinesi nelle carceri israeliane siano in sciopero della fame da settimane. Succede anche molto al Cairo, con gli scontri ad Abbasseya, di fronte al ministero della difesa, e i manifestanti uccisi.
Aggiornamento a rilento del blog, e me ne scuso. Il fatto è che sono di nuovo in Italia, perché domani ad Udine ‘Ala al Aswany riceverà il premio Terzani. E anch’io sono stata invitata, nel ruolo di traduttrice e autrice dell’introduzione alla Rivoluzione egiziana, il libro pubblicato da Feltrinelli per il quale Aswany viene premiato e che raccoglie gli articoli che ha scritto dal 2005 al 2011. Ieri poi, all’ISPI a Milano, Massimo Campanini e io abbiamo parlato di islam politico e della possibile alternativa islamista al governo di alcuni paesi arabi dopo e durante il Secondo Risveglio arabo.
Tra aerei e treni, tra seminari e appuntamenti pubblici italiani, qualche pensiero e link sulla riva sud ed est del Mediterraneo ci sta comunque bene… Perché di cose ne stanno succedendo, e mi dispiace di non darvene conto come vorrei.
Succede, per esempio, che migliaia di detenuti palestinesi nelle carceri israeliane siano in sciopero della fame da settimane. Settimane, non giorni. Una notizia ignorata da quasi tutti, in Occidente, come ben spiega Richard Falk sul suo blog. Al suo commento rimando perché possiate approfondire un argomento importante, legato a una nuova fase del confronto tra palestinesi e israeliani, e soprattutto a strumenti diversi nonviolenti usati dai palestinesi nello scontro con Israele. Lo sciopero della fame è arrivato sul New York Times. Forse avrà qualche eco anche da noi. Nel frattempo, la Rete dà molte informazioni, nonostante il file dei prigionieri palestinesi sia la parte più ignorata, e tragica, del conflitto. Intere generazioni passate dentro le carceri israeliane, come fosse un terribile passaggio obbligato nel curriculum dei ragazzi e dei bambini palestinesi…
Succede anche molto al Cairo, con gli scontri ad Abbasseya, di fronte al ministero della difesa, e i manifestanti uccisi (una trentina, almeno?). È il segnale che la tensione per le presidenziali aumenta, e la presenza di possibili provocatori che viene indicata dalle testimonianze dice che c’è chi le elezioni non le vuole. Perché le elezioni renderebbero non più rinviabile il passaggio dei poteri dalla giunta militare a una autorità civile.
I sondaggi parlano di un sostanziale testa a testa tra Amr Mussa e Abdel Moneim Abul Futuh. L’ex segretario generale della Lega Araba, un tempo competitor di Hosni Mubarak, laico, e l’islamista moderato cacciato via dalla Fratellanza Musulmana lo scorso anno, quando si è presentato candidato sfidando l’Ikhwan. I miei lettori sanno che il mio interesse si concentra su Abul Futuh, da molti anni, ormai. Da quando lo intervistai per la prima volta nel 2006 (forse addirittura nel 2005, la memoria mi sta abbandonando). E poi gli dedicai attenzione e pagine nel mio libro del 2007′ Arabi invisibili . Candidato guida suprema dell’Ikhwan per molti anni, Abul Futuh rappresenta la riflessione dell’islam politico, tra evoluzione e pragmatismo. E’ un sessantenne guardato con attenzione dai giovani islamisti di Tahrir e dai settori laici. Ma è anche un politico che sa bene che per vincere deve avere il consenso dei settori islamisti. E se l’Ikhwan tenta di serrare i ranghi attorno al suo candidato ufficiale, Morsy, allora ad Abul Futuh tocca cercar voti anche tra i salafiti, che hanno già dichiaratamente pubblicamente di appoggiarlo. Un sostegno che è stato la vera notizia di questi ultimi giorni, e che ha sparigliato le carte. Abul Futuh, in sostanza, ha buone chance di vincere lo scontro con Amr Mussa. E gli scontri ad Abbassya, praticamente il giorno dopo l’appoggio formale dei salafiti ad Abul Futuh, potrebbero dire parecchio, su quanto la candidatura di Abul Futuh possa dare fastidio.
Fonte: http://invisiblearabs.com
3 Maggio 2012