Trieste, nave di pace o di guerra?
la Repubblica
Quella varata oggi è la più grande unità militare costruita nel Dopoguerra, con un costo di oltre 1100 milioni. Nata per servire anche la protezione civile, adesso sembra prepararsi ad accogliere gli F-35. E mentre i 5Stelle tre anni fa la definivano uno spreco, adesso la benedicono
Di sicuro è imponente: la più grande nave militare costruita nel Dopoguerra e superata nella storia italiana soltanto dalle corazzate mussoliniane della classe Littorio. Ma sulla Trieste, varata oggi a Castellammare, aleggia un grande dubbio: che nave è? O meglio che nave sarà. Perché tanti, tra esperti ed appassionati, continuano a credere che quella entrata in mare sia in realtà una nuova super-portaerei, seppur sotto mentite spoglie.
Ufficialmente la Trieste è una Lhd, acronimo inglese per indicare una portaelicotteri. Ed è nata con una vocazione profondamente umanitaria: una “nave di pace” ossia un’unità “a doppio uso”, pronta a mettersi al servizio della Protezione civile in caso di catastrofi. Le dimensioni sono maestose: 245 metri e un dislocamento di 33 mila tonnellate. Per avere un termine di paragone, l’attuale ammiraglia – la portaerei Cavour – si ferma a 27.900 tonnellate. Il costo preventivato, poi, è altissimo: 1.126 milioni di euro. Spesa giustificata dalle dotazioni. Come il bacino allagabile, che permette di caricare nel ventre della Trieste grandi mezzi da sbarco. O la strumentazione elettronica che include il più moderno dei radar: il Kronos, orgoglio della tecnologia nazionale, capace di scoprire missili balistici a oltre millecinquecento chilometri di distanza.
Per le missioni di soccorso, invece c’è un ospedale con tutte le apparecchiature diagnostiche e le sale operatorie per curare 28 malati gravi. In più, ci sono altri 600 posti letto destinati ai nostri marines che in caso di necessità possono dare conforto a vittime di disastri, anche se le calamità dell’ultimo trentennio si sono sempre accanite su zone montuose lontane dal mare. Infine, lo spazio riservato a carri armati ed autoblindo può venire impiegato da ruspe, gru e ambulanze.
La questione del doppio uso civile-militare è stata sbandierata in tutti i modi quando nel 2014 quando il governo Renzi stanziò 6.700 milioni con una legge straordinaria: fondi per mantenere l’operatività della nostra flotta, in quel momento ammirata in tutto il mondo per il salvataggio di 91 mila profughi siriani e migranti d’ogni nazionalità. Per convincere il Parlamento, tutte le navi venivano presentate con un’anima filantropica. Prendiamo i Pattugliatori Polivalenti D’Altura, illustrati da Fincantieri come un’unità “altamente flessibile con capacità di assolvere molteplici compiti che vanno dal pattugliamento con capacità di soccorso in mare, alle operazioni di Protezione Civile”. Solo dopo questa magnificenza solidaristica si citava l’aspetto bellico: “nonché, nella sua versione più equipaggiata, da nave combattente di prima linea”.
Passando dal progetto alla realtà, però, le navi hanno mutato forma. E così i Pattugliatori Polivalenti si sono manifestati nella consistenza di classiche fregate militari, con una peculiarità: soltanto alcune avranno armamento completo. Per le altre c’è solo la predisposizione: cannoni, missili e radar saranno installati se e quando si troveranno i fondi. Un po’ come gettare il cuore oltre l’ostacolo… D’altronde in questa stagione di “porti chiusi” sugli aspetti umanitari il governo può chiudere gli occhi, visto che il soccorso in mare dei migranti viene vietato o quantomeno ostacolato.
Una metamorfosi simile potrebbe toccare alla Trieste, trasformandosi da portaelicotteri di protezione civile in combattiva portaerei, pronta a lanciare una squadriglia dei nuovi F-35 B a decollo quasi verticale.
Per carità, non esiste nessuna conferma ufficiale, ma persino Wikipedia ormai cita i “caccia invisibili” tra i sistemi della nave. E il dibattito degli appassionati sul forum di Rivista Italiana Difesa si sta concentrando sulle ultime foto dell’unità, che mostrano una suggestiva apertura sul ponte. Sembra fatta apposta per inserire lo Sky Jump, il “trampolino” inclinato necessario per il decollo degli F-35. Con altri indizi tecnici a suffragare questa ipotesi, che difficilmente verrà riconosciuta. Insomma, caccia invisibili per una portaerei invisibile.
Di fatto, oggi la Marina ha due portaerei: la Cavour e la Garibaldi, che dopo 34 anni di servizio verrà presto rottamata. Ovvio pensare a rimpiazzarla. Solo che la Trieste avrà un dislocamento tre volte più grande e capacità di gran lunga superiori. C’è un unico problema, non secondario in una democrazia: perché non comunicarlo chiaramente al Parlamento e ai cittadini? Se questo è il destino della nuova ammiraglia, perché mimetizzarlo sotto la definizione di “nave di pace”?
Sorprende poi notare che la mutazione avvenga sotto gli occhi di un ministero della Difesa guidato da esponenti del Movimento 5Stelle. Con il leader e vicepremier Luigi Di Maio a presenziare il varo. Tre anni fa, i parlamentari grillini avevano lanciato una campagna contro i finanziamenti per la Trieste e le altre unità della legge navale con tanto di hashtag “La cricca delle navi” e lo slogan: “Sei miliardi di soldi pubblici bruciati”. Ma quella era la stagione dell’opposizione, al governo le cose cambiano. Così come cambia la natura delle navi.
Gianluca Di Feo
25 maggio 2019