Trenta morti e cinquanta feriti in tre giorni di scontri a Kismayo
Shukri Said
A tre giorni dall’inizio degli scontri si contano le vittime a Kismayo. I combattimenti di questi giorni riflettono le mire del Kenya sulla parte meridionale della Somalia e le tensioni tra i due Stati sulle rispettive acque territoriali.
A tre giorni dall’inizio degli scontri si contano le vittime a Kismayo: trenta morti e cinquanta feriti. Tra le vittime anche il capo dell’intelligence dell’Amministrazione Provvisoria di Modobe. Oggi si registra una tregua. I combattimenti di questi giorni a Kismayo non riflettono problematiche interne tra clan, ma le mire del Kenya sulla parte meridionale della Somalia e le tensioni tra i due Stati sulle rispettive acque territoriali.
Nell’ottobre 2011, mostrando di voler salvaguardare la vita dei propri turisti dalle incursioni degli Al Shabab, il Kenya, ottenuta la benedizione delle istituzioni della transizione somala, aveva sconfinato e occupato il meridione della Somalia. Inoltre, secondo le denunce di The East African Energy Forum, aveva venduto blocchi di prospezioni nelle acque somale e precisamente: L21, L23, L24 all’italiana Eni, L22 alla francese Total, L5 alla statunitense Anadarko Petroleum Corporation e L26 alla norvegese Statoil, concessioni che sarebbero a rischio se l’attuale Governo Federale di Somalia modificasse le disponibilità manifestate all’epoca della transizione e rivendicasse la propria sovranità territoriale.
Bisogna ricordare che già sotto la presidenza del consiglio dei ministri somalo di Sharmarke, il Kenya aveva provato a comprimere le acque territoriali somale a proprio favore, ma solo con l’arrivo dei due Sceicchi della transizione, Ahmed e Hassan, era riuscito a gestire le concessioni petrolifere offshore su 116.000 chilometri quadrati di acque somale.
Molto si è discusso se sia ancora vigente la legge somala n. 37 del 10 settembre 1972 che, all’art. 1, fissava il limite delle acque territoriali a 200 miglia dalla costa, dopo la ratifica avvenuta nel 1989, da parte della stessa Somalia, della Convenzione ONU (UNCLOS) del 1982 che fissa il limite delle acque territoriali a sole 12 miglia dalla costa cui aggiungere una fascia di rispetto di altre 12 miglia. Le polemiche, tuttavia, appaiono oggi inutili perché anche la UNCLOS fissa in 200 miglia nautiche la Zona Esclusiva Economica (ZEE), cioè l’area in cui appartiene allo Stato prospiciente lo sfruttamento economico senza interferenze internazionali di tutte le risorse che il mare offre, dalla pesca ai minerali ai gas.
Tuttavia la posizione somala, stando alle parole più recenti del Presidente Hassan Sheikh Mohamud, manifesta sul punto un’ampia propensione al dialogo con il Kenya.
In un messaggio del 1° maggio scorso rivolto al Gruppo di contatto per la pirateria lungo le coste della Somalia che si riuniva a New York, il Presidente, bypassando sia il potere esecutivo che quello legislativo del Parlamento, ha testualmente scritto: “Ora, la Somalia è in un processo di chiarificazione circa la sua zona marittima. … A breve presenteremo un chiarimento al Segretario generale dell’ONU attraverso la nostra missione permanente a New York. Siamo consapevoli che dobbiamo anche mettere sul tavolo con un po’ di coordinate, la nostra ZEE” .
Ed ancora, lo scorso 31 maggio, nel Comunicato Stampa congiunto, le Ministre degli esteri del Kenya, Amina Mohamed, e della Somalia, Fawzia Yusuf Haji Adan, scrivono: “Le due Ministre hanno sottolineato la necessità di lavorare su un quadro di modalità per regolare la demarcazione marittima”.
La medesima Ministra degli esteri somala, assalita dai media per questa evidente disponibilità, ha ammesso in un’intervista a Voice of America che dal Kenya ha ricevuto proposte per vendere o almeno affittare l’area di interesse delle acque territoriali, rifiutando però l’affare.
Dal canto suo il Premier somalo ha convocato d’urgenza un Consiglio dei Ministri a Mogadiscio sconfessando il Presidente e la Ministra degli Esteri ed affermando che il territorio marittimo della Somalia non è affatto in discussione.
Nonostante l’apparente conflitto in atto tra le istituzioni federali, non emergono tentennamenti nel voler mantenere Kismayo sotto l’amministrazione somala, laddove per il Kenya, estendere la propria influenza in tutto il Jubaland, sino a nord di Kismayo, tramite il governatorato locale di Madobe, significherebbe risolvere in un colpo solo anche la questione dei confini con la Somalia lungo le acque territoriali.
Fonte: www.articolo21.org
9 giugno 2013