"Torneremo in piazza vestiti di verde"


Lorenzo De Cicco


I Green students sono pronti a tornare in piazza contro il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad. Per la libertà dell’Iran. La forza della speranza è più forte delle minaccie, della sopraffazione, della paura.


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"Torneremo in piazza vestiti di verde"

«Torneremo in piazza vestiti di verde, o portando le nostre bandiere. Per la libertà dell'Iran». I Green students – così li hanno ribattezzati i media di tutto il mondo – sono pronti a tornare in piazza contro il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad. La polizia intanto avverte: se ci saranno tafferugli provvederemo a restaurare l'ordine. Ma i ragazzi non sembrano farsi intimidire dalle provocazioni.

Amirhossein Razi ha sedici anni e frequenta il terzo anno di liceo alla Sadr High School di Teheran. Lui in piazza ci sarà. «All'ultima manifestazione, il 5 novembre scorso, hanno partecipato più di un milione di persono solo a Teheran. Soprattutto ragazzi della mia età o poco più grandi». «Nella mia scuola – racconta – centinaia di ragazzi hanno deciso di vestirsi di verde, e con altri compagni abbiamo realizzato una grande scritta per la libertà dell'Iran. Siamo tanti, amiamo il nostro Paese e amiamo la democrazia. E saremo di nuovo in piazza».

«Ad oggi non esiste ancora una grande organizzazione che raccolga tutti gli studenti che aderiscono alla protesta». «Non siamo un partito politico – chiarisce Amir – La maggior parte di noi ha votato per Mousavi alle ultime elezioni, ma qualche voto è andato anche a Karroubi, il leader del National Trust Party», arrivato quarto alle politiche di giugno 2009, dopo il conservatore Mohsen Rezaee.

La forza della speranza è più forte delle minaccie, della sopraffazione, della paura. Amir non teme la polizia. «Mi hanno già colpito due volte, un paio di mesi fa. Per fortuna sono riuscito a scappare». Le forze dell'ordine, spiega, hanno una tattica precisa: «si dividono in due gruppi, uno pensa a pestare i ragazzi che manifestano, l'altro invece infrange i vetri delle vetrine, danneggia le strade, gli edifici pubblici. Sono selvaggi, non guardano in faccia niente e nessuno. Il giorno dopo le televisioni diranno che sono stati gli studenti a mettere a soqquadro la città. Ci attaccheranno anche questa volta».

La voglia di farcela è grande. Anche se a volte ci si sente dimenticati. E soli. «All'inizio abbiamo ricevuto la solidarietà di molti Paesi. Anche il presidente Obama ci ha fatto sentire la sua vicinanza. Ma dopo due mesi ci hanno lasciato soli a combattere per la libertà dell'Iran e oggi ci sentiamo abbandonati dalla comunità internazionale. Nessuno si ricorda più di noi. Ma continueremo a combattere per la democrazia e per i nostri diritti».

«Vorrei che nessuno pensasse che gli iraniani sono tutti come Ahmadinejad. Il suo partito controlla il Paese, ma non può controllare le persone. Nella mia vita ho avuto la fortuna di poter viaggiare, e so che i giovani iraniani non sono diversi dai ragazzi europei o americani. Il problema è che nessuno conosce la nostra storia, la nostra cultura. Tutto quello che oggi traspare dalle tv e dai giornali è il regime di Ahmadinejad. Ma l'Iran è diverso, è migliore di chi lo governa».

Le forze dell'ordine sono pronte ad usare la forza. Azizhallah Rajabzadeh, comandante della Polizia di Teheran avvisa: «come negli scorsi anni, grantiremo la sicurezza generale durante il corteo dello Student Day. Saremo pronti ad intervenire, ma non credo che ci saranno particolari problemi».

«So bene che manifestare comporta dei rischi – conclude Amir – Ma amo il mio Paese, amo la libertà e sento il dovere di fare qualcosa. Ci hanno attaccato e ci attaccheranno ancora. Ma gli studenti di Teheran saranno lì. I giovani hanno meno paura degli adulti».

Fonte: unita.it

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