Tonio Dell’Olio: Perché vado a Kabul
Tonio Dell'Olio - Mosaico dei giorni
Tonio Dell’Olio racconta di essere in Afghanistan “con una missione della Tavola della pace e di Peaceful Tomorrows per fare un gesto di solidarietà con il popolo afgano e per rendere omaggio a tutte le vittime della guerra e del terrorismo”.
Perché vado a Kabul alla vigilia dell'11 settembre
Agli occhi degli estranei, guerre e mafie sembrano solo lontani parenti. Eppure sono legate da vincoli di consanguineità insospettabili.
C'è un traffico di armi organizzato e gestito da organizzazioni criminali che sostengono soprattutto i cosiddetti attori non statali dei conflitti moderni. Gente senza scrupoli che non fa conto del sangue versato e dei rischi delle popolazioni civili e continua ad alimentare con linfa sempre nuova le guerre di ogni latitudine. Ci sono accordi sottobanco tra mafie e signori della guerra che puntano a favorire il controllo del territorio. La storia ci rinvia persino allo sbarco degli alleati in Sicilia… Ci sono mafie infiltrate pure nel lucroso business delle forniture alle truppe e negli appalti per la ricostruzione. Insomma, la guerra è affare troppo importante perché le mafie, sotto diversa denominazione e geografia, possano restarne estranee.
Nel caso afgano troppo spesso la guerra delle mafie viene liquidata come argomento di secondaria importanza rispetto agli interessi geostrategici che vi si concentrano. Quando però scopriamo che dall'inizio del conflitto la produzione e il traffico di eroina è aumentato a dismisura e che sono proprio i proventi di quella produzione ad alimentare il conflitto di entrambe le fazioni, allora le ragioni di un interesse anche da parte di chi normalmente si occupa delle attività criminali, deve farsi più attento e severo.
I signori della guerra hanno tutto l'interesse e la necessità di rafforzare relazioni e accordi con le organizzazioni internazionali che riescono meglio di chiunque altro a gestire i traffici illeciti e a garantire profitti incomparabili con altre fonti di finanziamento.
Vado a Kabul per chiedere ai responsabili delle agenzie delle Nazioni Unite quali sono i dati in loro possesso rispetto alla produzione e al traffico di oppio e di hashish di cui l'Afghanistan ha rafforzato la propria leadership.
Quali sono gli strumenti di contrasto finora adottati per ridurre la produzione delle sostanze stupefacenti? Visto il totale insuccesso finora registrato, quali strategie si intendono adottare in futuro? Ci sono in Afghanistan organizzazioni non governative che, come Libera e altre in Italia, offrono un proprio contributo per denunciare le attività illecite, promuovere legislazioni più efficaci, formare alla legalità democratica? È possibile costruire reti di società civile che si sostengano con la solidarietà internazionale, con l'esperienza maturata sul tema e con un'informazione indipendente e d'inchiesta? Si hanno notizie sulla destinazione finale dell'eroina prodotta, dal momento che il mondo che conta, quello occidentale, sembra orientato quasi esclusivamente al consumo di cocaina?
A queste domande abbiamo solo alcune e parziali risposte che vanno verificate sul terreno, confrontate con dati certi, valutati con chi ha informazioni di prima mano, con chi frequenta i coltivatori di oppio, per attingere notizie che magari possono mostrarci un altro volto del conflitto, più autentico e più nascosto.
Ma vado a Kabul, con una missione della Tavola della pace e di Peaceful Tomorrows, anche per fare un gesto di solidarietà con il popolo afgano e per rendere omaggio a tutte le vittime della guerra e del terrorismo. A loro verrà consegnata la "Luce di Assisi", la lampada ideata dai francescani a simbolo della pace che dobbiamo impegnarci a costruire.
Tonio dell'Olio, responsabile di Libera International – area internazionale di Libera associazioni nomi e numeri contro le mafie.
Fonte: il Manifesto
1 settembre 2011
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Mosaico dei giorni
Il nostro primo giorno a Kabul
2 settembre 2011 – Tonio Dell'Olio
La pioggia con cui Kabul ci ha accolto all’aeroporto ieri mattina è insolita per questo periodo nell’anno. E quanto vorrei fosse una pioggia purificatrice delle violenze, dei fanatismi, della guerra e della sua idiota ideologia… di ogni cosa che ha a che fare con la distruzione dell’umanità di questa gente che abbiamo solo cominciato ad incrociare. E poi soldati e polizia molto armata dappertutto. Palazzi fortificati da cinture di cemento e sacchi di sabbia. Ma non mi interessa fare un diario. Gli aquiloni ci sono davvero e sono tanti. Li fanno volare i bambini dai cortili, dalle strade, dai tetti delle case. Siamo una delegazione di otto persone. Tra noi c’è Paul, portavoce del coordinamento dei familiari delle vittime dell’11 settembre. Sin dall’inizio hanno fatto sapere di non credere nella guerra come risposta alla tragedia di dieci anni fa. E di questa guerra sono stanchi tutti. Tutti tranne quelli che ne ricavano profitti. Abbiamo cominciato a parlare con i rappresentanti di associazioni di cooperazione umanitaria, dei diritti umani, delle donne… la sensazione comune è che dopo dieci anni, di questa guerra si sia perso il bandolo. Nessuno più la vuole, ma nessuno ha il coraggio di dire basta. Se non la gente.
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