Tirana piange i suoi morti. Oggi la rabbia torna in piazza
La Stampa
Un video svela gli spari sulla folla, incriminate sei guardie. Pugno di ferro di Berisha.
È un funerale con i piedi nel fango, quello di Hekuran Deda. Fra le pecore, un canneto, case abbandonate, maledizioni che risuonano ovunque. Cosa succederà domani? «Nessuno può saperlo, questa è l’Albania», ti rispondono con un sorriso tragico. E sembra quasi un biglietto da visita. Pioviggina. I parenti piangono e si abbracciano.
È un sobborgo di campagna che si chiama Laknas, non lontano dalla centrale elettrica che l’Ansaldo sta costruendo in accordo con il ministero dell’Economia albanese. Ma qui manca ancora la strada asfaltata, a dieci chilometri da Tirana. Davanti a casa di Hekuran Deda la madre si strazia: «L’ha ucciso il governo. L’ha ucciso Berisha. Si è portato via il mio cuore, il mio ragazzo».
Tengono la bara aperta per alcuni lunghissimi minuti. Mostrano il foro del proiettile che ha trapassato la tempia. Alle due di pomeriggio, su un fuoristrada nero, arriva il leader dell’opposizione socialista. Edi Rama cammina in silenzio fra la gente, si sporca le scarpe e i pantaloni. Resta immobile davanti alla salma come impietrito, poi di colpo si china e bacia Hekuran. Hekuran Deda aveva 38 anni, due figli, nessun lavoro.
Per questo – raccontano – venerdì pomeriggio era andato a manifestare contro il governo nel centro della capitale. È lui l’uomo che cammina davanti alla cancellata della sede ministeriale. Sta facendo nulla, sembra un momento di tregua nella battaglia. Prima erano volati sassi e bastonate. Sei auto incendiate nel cuore della città. La polizia aveva usato gli idranti per disperdere la folla, ma un gruppo di circa 1500 persone è rimasto a fronteggiare gli agenti. Un assedio.
Hanno schiantato una vecchia Mercedes contro il cancello d’ingresso del palazzo. Si sono insultati a distanza con i soldati della Guardia Repubblicana. Qualcuno mostrava un cappello della polizia in cima al suo bastone. Sembrava la fine di una giornata drammatica, molto simile alla sanguinosa rivolta del settembre 1997. Ma all’improvviso si accende una fiammata dentro al palazzo. È un agente dei corpi speciali a sparare. Lo dimostra un video girato da un operatore di News24.
Hekuran Deda si accascia lentamente, dietro di lui cade un altro uomo colpito all’altezza del cuore. Poi si sentono altri spari. Ci sono immagini di abbracci zuppi di sangue, prima dell’arrivo delle autoambulanze. Tre morti, più di 90 feriti, 113 dimostranti in manette. Ieri mattina la procura ha ordinato anche l’arresto di sei militari della guardia repubblicana per omicidio plurimo. Tutto succede molto in fretta a Tirana, sono ore delicate. Di notte piazza Scanderberg è deserta.
Girano solo i lampeggianti della polizia. E oggi è annunciata un’altra manifestazione del partito socialista. I motivi della rivolta condotta da Edir Rama – che è anche sindaco di Tirana – sono diventati tre. Prima erano i presunti brogli elettorali del 2009 che hanno portato Berisha al governo. Poi il caso di corruzione che ha travolto il vice primo ministro Ilir Meta.
Uno scandalo su cui, per strada, si raccolgono commenti impressionanti: «La corruzione in Albania è normale. Io, per esempio, ho dovuto pagare 300 euro per fare operare mio figlio di appendicite. Ma quel video non si può sopportare». Nel video si vede il passaggio di denaro e compare anche un’agenda con i nomi dei corrotti. Ecco cosa significava il cartello che dominava la manifestazione di venerdì: «Sali dorezo bllokun». Sali Berisha tira fuori l’agenda, dacci i nomi. Ma dopo quello che è successo, ora il partito socialista aggiunge quattro morti al conto totale.
«Il governo è responsabile anche penalmente di questo crimine – dice il parlamentare Artan Gaci – non possono continuare a trattenere con le armi un potere ottenuto attraverso la manipolazioni dei voti». Si va avanti fra pozzanghere e urla: «Dimissioni, dimissioni!». Seppelliscono Hekuran Deda su una collinetta disgraziata, senza strada e senza nome, dove le tombe vengono disposte a caso.
Dopo aver costruito decine di centri commerciali, richiamato investimenti e rincorso a lungo l’Occidente, ora l’Albania sta rallentando. Ancora esclusa dall’Europa, non riesce a fare il grande salto. Lo stipendio medio è di 250 euro al mese. Torna a crescere la disoccupazione. Il parlamento europeo è preoccupato: «La violenza e l'uso eccessivo della forza non possono trovare giustificazione», dice il presidente Jerzy Buzek.
Mentre Berisha si mostra imperturbabile davanti alle televisioni e chiama a raccolta la popolazione per mercoledì: «Per manifestare, indipendentemente dalle convinzioni politiche, contro la violenza. Così i cittadini dimostreranno il loro sostegno alle istituzioni democratiche di questo Paese. Non basteranno le strade di Tirana per accogliere tutta la gente». Alle sette di sera il centro è quasi deserto. Come in un coprifuoco. Oggi ci sono altri tre funerali da celebrare a Girokaster e Fier, nel sud dell’Albania, dove la notte è ancora più buia di così.
Il video: Gli spari sulla folla
Reportage di Niccolò Zancan, invito a Tirana
Fonte: La Stampa
23 gennaio 2011