Tettamanzi: “La scomparsa di Yara non crei un’ondata di odio per gli immigrati”
Redattore Sociale
Il cardinale nel discorso alla città di Milano: “Prego per le vittime di queste e di tutte le violenze, per i loro familiari. Prego inoltre perché non si sovrapponga genericamente a tutti gli immigrati la categoria della delinquenza”.
MILANO – La scomparsa di Yara Gambirasio a Brembate Sopra (Bg) non crei un’ondata di odio verso gli immigrati. È l’auspicio del cardinale Dionigi Tettamanzi nel suo discorso alla città di Milano alla vigilia di S. Ambrogio. “Davanti ai gravissimi fatti che stiamo apprendendo dalla cronaca di questi giorni restiamo profondamente addolorati, anzi sconcertati. Prego per le vittime di queste e di tutte le violenze, per i loro familiari. Prego inoltre perché non si sovrapponga genericamente a tutti gli immigrati la categoria della delinquenza. Ogni persona, di origine italiana o straniera, deve essere sempre giudicata singolarmente, per quella che è, non dimenticando mai che il giudizio più vero e definitivo è quello di Dio”.
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MILANO – Nessuno deve essere escluso, una città deve dare speranza a tutti, anche ai rom, agli immigrati, ai disoccupati, ai detenuti. Nel tradizionale discorso alla città alla vigilia di S. Ambrogio, l’arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, prende spunto dalla parabola del seminatore del capitolo 8 del vangelo di Luca: “Il seminatore può sembrare piuttosto sprovveduto -sottolinea il cardinale-: pare sprecare la semente disperdendola sulla strada, tra le pietre e i rovi. Gesù ci offre l’immagine di un uomo saggio, lungimirante e sempre carico di speranza. Un atteggiamento prezioso per dare fiducia a ogni realtà, per stimolare le differenti esperienze a dare il meglio di sé”. Per questo, a proposito dei rom, il cardinale afferma: “compito di chi amministra la Città è di amarla e servirla: integralmente, nel suo insieme, senza discriminarne una parte”.
Nel suo discorso, dal titolo una “Milano, una città dal terreno buono”, il cardinale Tettamanzi paragona i quattro terreni della parabola (la strada, i rovi, le pietre e il terreno fertile) a quattro situazioni sociali di Milano. Il terreno fertile è la Milano che funziona, dagli imprenditori che resistono alla crisi al volontariato. Il terreno coperto da rovi è sì fertile, ma appunto i rovi lo soffocano: situazione in cui si trovano le famiglie in difficoltà per la crisi economica, o per una malattia: “Non è l’evenienza in sé a rendere ‘soffocante’ l’esistenza, ma il trovarsi da soli ad affrontare queste situazioni”, sottolinea l’Arcivescovo di Milano.
Il terreno pietroso è quello dei giovani. “È una questione culturale. È difficile per un seme germogliare e portare frutto laddove manca la terra feconda. È difficile per un giovane realizzarsi, sviluppare relazioni buone che arricchiscano sé e la società laddove scarseggiano l’educazione e la cultura. Molti giovani crescono senza costruire un serio progetto di vita, senza dare un senso all’esistenza”.
Il terreno più difficile è la strada, quello che non sembra dare frutti. “Non io ma molti altri paragonano questo terreno” agli immigrati irregolari e ai rom, dice l’Arcivescovo. Sugli immigrati il Cardinale denuncia la condizione di sfruttamento in cui si trovano. “Ben noti ai propri datori di lavoro ma invisibili alle Istituzioni che non riescono a realizzare un progetto di emersione dall’illegalità. Pretendiamo per loro leggi giuste, riconosciamo i diritti di cui sono portatori e quelli che hanno maturato con il loro lavoro. Perché si agisce come se nessuna “cura” fosse possibile per loro?”.
Sui rom l’Arcivescovo, sembra criticare i continui sgomberi decisi dal Comune e dalla Prefettura: “Il pregiudizio, che a volte trova purtroppo corrispondenza in comportamenti contro la legalità, sconfigge la possibilità di ricercare per loro soluzioni serie e rispettose sia della loro umanità che del resto della Città. Noto come spesso ci si accanisca contro i nomadi. Compito di chi amministra la Città è di amarla e servirla: integralmente, nel suo insieme, senza discriminarne una parte. E se c’è una predilezione da accordare sarà per il figlio più debole, per chi ha bisogno di maggiori cure”.
Il cardinale di Milano propone l’istituzione di quattro cantieri sociali dedicati al “segreto della Milano che funziona”, alle nuove povertà, alla questione educativa e alla riduzione delle forme di esclusione sociale. “Cari amministratori –conclude l’Arcivescovo -, vorrei che tutte le componenti della nostra Città si sentissero con voi responsabili di Milano così che possiate essere sempre meno ‘gestori’ della cosa pubblica, meno sorveglianti dello status quo, meno rappresentanti di una parte e non di altre, ma sempre più strateghi del futuro della nostra Città e del suo benessere complessivo”.
Fonte: Redattore Sociale
6 dicembre 2010