Tahrir non solo islamisti


Azzurra Meringolo


Due le richieste dei manifestanti ad una settimana del voto: andare a elezioni presidenziali entro la primavera 2012 e ritiro del documento che fissa i principi sovra costituzionali presentato dalla giunta militare


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Tahrir non solo islamisti

Solo dieci i giorni dividono gli egiziani dal loro appuntamento con le urne. E proprio mentre il conto alla rovescia verso il giorno atteso da decenni è agli sgoccioli,  centinaia di migliaia di egiziani tornano a occupare piazza Tahrir, l’epicentro della rivolta popolare iniziata il 25 gennaio scorso. Dopo la caduta del presidente Mubarak, lo scorso febbraio gli attivisti avevano smontato le tende che erano state protagoniste del lungo sit in storico che ha segnato la storia del paese. Non contenti di come i militari stavano gestendo la transizione, già lo scorso 8 luglio migliaia di manifestanti avevano deciso di accamparsi nuovamente nella piazza per chiedere all’esercito di rispondere fino in fondo alle richieste della rivoluzione, ma a smontate le loro tende erano stati propri i militari che da mesi cercano di aumentare la presa sul paese.
A scendere in strada ieri sono state centinaia di migliaia di manifestanti provenienti da diversi gruppi politici, soprattutto di ispirazione islamista. La maggior parte dei manifestanti apparteneva a movimenti salafiti o a Libertà e Giustizia, il neonato partito della Fratellanza Musulmana.  A questi si sono aggregati alcuni gruppi socialisti, il movimento del 6 Aprile (uno dei gruppi giovanili protagonista della rivolta di Piazza Tahrir) e la coalizione dei giovani rivoluzionari. A tenere insieme tutte queste istanze sono state due domande. La prima è la richiesta di andare a elezioni presidenziali entro la primavera 2012 e la seconda consiste nel ritiro del documento che fissa i principi sovra costituzionali presentato dalla giunta militare a inizio novembre.
Richiesto soprattutto dai partiti secolari, questo documento ha elencato una serie di principi sovra costituzionali che avrebbero dovuto condizionare i membri della futura costituente che, dopo essere stati scelti dal prossimo parlamento, si troveranno a redigere il nuovo testo.
A seguito della pubblicazione di tale documento, molti hanno criticato i militari, dicendo che questi vogliono mettere al sicuro il loro potere prima che venga redatta una nuova costituzione. Articolo particolarmente criticato di questa carta è quello che descrive i militari come gli unici soggetti atti ad approvare il budget dell’esercito che non dovrebbe essere discusso in alcuna aula parlamentare. In aggiunta, tale carta prevede che i militari possano respingere alcuni articoli della nuova costituzione, qualora l’esercito li considerasse in contraddizione con la carta da loro emanata lo scorso marzo.
A criticare tale testo sono state in primis le istanze islamiste che già in precedenza si erano dette contrarie alla stesura di una carta di questo genere, ritenendo che l’unica istituzione che avrebbe avuto diritto a stabilire i principi costituzionali sarebbe stata l’Assemblea Costituente. Ciononostante, sapendo che il partito della Fratellanza Musulmana avrà un certo successo nelle lezioni alle porte e per evitare che la nuova costituzione non tenga conto dei diritti delle minoranze e delle altre forze politiche, le istanze più laiche si erano invece battute per la stesura di un documento di questo genere.
E’ anche per questo motivo che alcuni gruppi su posizioni più laiche hanno deciso di boicottare la manifestazione di ieri decidendo di non prestarsi al gioco delle istanze islamiste che, secondo loro, vogliono ora prendere in mano il potere, appropriandosi dei risultati di una rivoluzione che hanno combattuto solo in parte. Oltre al Tagammu, partito comunista, e il Wafd, storica forza nazionalista, a rimanere a casa sono stati anche i sostenitori del partito degli egiziani liberi, guidato dal tycoon copto Naguib Sawiris.
Nella preghiera collettiva che ha preceduto la manifestazione di ieri, lo sheikh Mazhar Shahin, famoso per i suoi discorsi a sostegno della rivolta nei 18 giorni di battaglia di strada, ha chiesto ai manifestanti di rimanere uniti nel richiedere ai militari di passare il potere ad autorità civili entro il prossimo maggio. “Seduti fino a quando i militari non lasceranno il potere” recitava uno striscione a piazza Tahrir. “No alle imposizioni delle armi” era scritto su un cartellone appeso al collo di un uomo che indossava un cappellino verde, colore tradizionalmente usato per distinguere le forze islamiste. “Il Corano è la nostra legge” gridava un manifestante con la barba lunga, segno di riconoscimento delle forze salafite.
Islamisti a parte, ieri a piazza Tahrir erano scesi anche quanti si oppongo ai tribunali militari. Tra loro anche Bouthania Kemal, donna candidata alle prossime elezioni presidenziali,  a capo di una organizzazione che per chiedere ai militari di lasciare spazio a tribunali civili ha iniziato lo sciopero della fame.
Anche se molti tra gli organizzatori avevano annunciato di iniziare un sit in che sarebbe proseguito fino a quando l’esercito non avrebbe ritirato il documento proposto, sul far della sera la maggioranza dei manifestanti è tornata a casa. Gli ultimi a lasciare la piazza Tahrir sono stati i membri del Movimento del 6 aprile, impegnati, tra le atre cose, in una campagna che si propone di smascherare i membri del vecchio partito di Mubarak che si sono candidati alle prossime elezioni presentandosi in nuove liste elettorali.
Viste le crescenti diatribe tra militari e islamisti in questo ultimo periodo, molti credevano che ieri ci sarebbe stato uno strappo tra questi due attori, de facto alleati dalla caduta del presidente Mubarak. Eppure, visto che i militari si sono mostrati disponibili a rivedere il testo contenente i principi sovra costituzionali, gli islamisti, che i sondaggi danno come la forza di maggioranza, anche se relativa, alle imminenti elezioni, non se la sono probabilmente sentiti di tirare eccessivamente la corda. Il prossimo appuntamento sarà fondamentale non solo per la storia dell’Egitto, ma anche per quella di questo storico movimento islamista che, dopo decenni di clandestinità forzata, si presenta alle urne come l’attore piú organizzato e preparato all’evento.

Fonte: http://nena-news.globalist.it
19 Novembre 2011

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