Sudan 67 giornalisti arrestati. Protestavano contro la censura


Enzo Nucci


Ogni notte le forze dell’ordine fanno irruzione nelle redazioni dei giornali del più grande paese africano, guidato con pugno di ferro dal presidente Omar El-Bashir, ed applicano sistematicamente la censura.


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Sudan 67 giornalisti arrestati. Protestavano contro la censura

Un gruppo di 67 giornalisti (28 donne e 39 uomini) è stato arrestato a Khartoum davanti alla sede del parlamento sudanese. Protestavano contro la censura nei giornali. Sono accusati di aver violato le norme sull’ordine pubblico.
La libertà di stampa è una chimera nel più grande paese africano, guidato con pugno di ferro dal presidente Omar El-Bashir, sostenuto da una durissima giunta militare. La costituzione provvisoria (che dovrebbe portare il paese verso la fine della guerra civile e la transizione politica) prevede la libertà di espressione ma non è stata ancora approvata.
Ogni notte le forze dell’ordine fanno irruzione nelle redazioni dei giornali ed applicano sistematicamente la censura.
La protesta di oggi è l’ultima di una serie di manifestazioni che hanno contrassegnato il mese di novembre. Due settimane fa la redazione di un quotidiano dichiarò lo sciopero della fame per chiedere la liberazione di alcuni loro colleghi arrestati.
Il presidente  Bashir ha annunciato appena 5 giorni fa il cessate il fuoco incondizionato delle forze armate sudanesi nel Darfur, dove da cinque anni infuria una guerra civile che ha causato 300 mila morti e 3 milioni di sfollati. Un annuncio solenne fatto durante una conferenza stampa con un perfetto s tempismo per arginare i procedimenti contro di lui avviati dal tribunale internazionale che lo accusa di genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità. Reati commessi dal 2003 ad oggi nella guerra dove si misura l’esercito sudanese affiancato dalle milizie arabe dei janjaweed (i diavoli a cavallo) contro gruppi ribelli e civili.
Infatti nelle prossime settimane il tribunale internazionale riceverà le prove supplementari richieste dal procuratore Luis Moreno-Ocampo. La tregua unilaterale e senza condizioni  potrebbe tornare utile a Bashir nei confronti dei governi internazionali per fermare il processo, che sicuramente presenta poche possibilità di essere celebrato anche perché è la prima volta che si cerca di portare sul banco degli imputati un capo di stato ancora in carica. E non è chiaro quale forza internazionale sarebbe incaricata del “prelievo” dell’imputato dal Sudan. Il processo ha dunque una rilevanza puramente politica ma risulterebbe totalmente sterile di effetti produttivi.
Con il cessate il fuoco ed un piano di disarmo già annunciato, Bashir ha disinnescato una pericolosa bomba che potrebbe invece esplodere con grande fragore sulla comunità internazionale. Con questa mossa infatti il presidente sudanese toglie la legittimità alle istituzioni internazionali di emettere il mandato d’arresto nei suoi confronti, un atto che metterebbe dunque a rischio la pace nel Darfur.
La libertà di stampa non è certo in cima ai suoi pensieri. La libera opinione può attendere.

Fonte: Articolo21

18 novembre 2008

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