Strage in India. La spada dell’integralismo
Repubblica.it
Mumbai sotto scacco. Come nel luglio del 2006 la capitale economica indiana è preda di attacchi terroristici simultanei. Renzo Guolo: "Per l’infinita galassia radicale gli stranieri sono gli impuri e i viziosi che sostengono governi empi".
Mumbai sotto scacco. Come nel luglio del 2006 la capitale economica indiana è preda di attacchi simultanei. In quell'occasione morirono circa duecento persone e altre settecento furono ferite. Secondo le autorità di Delhi a colpire fu nell'occasione il gruppo Laskhar e – Toiba, formazione decisa non solo a rendere indipendente il Kashmir ma addirittura a liberare i musulmani del nord e del sud dell'India, cacciando gli induisti da quelle aree. Un gruppo cresciuto nel magma del conflitto afgano, il Lashkar, l'ala armata del Mdi, nato nel 1990 nella provincia afgana del Kunar.
E' nato soprattutto con l'obiettivo di combattere il regime filosovietico di Najibullah. Nel 1992, dopo la vittoria dei Taliban, focalizza l'attenzione sul Kashmir. Nel frattempo si lega a doppio filo all'intelligence militare pachistana, l'Isi, che della destabilizzazione del grande e ingombrante vicino indiano ha fatto una delle sue missioni storiche e alla nascente Al Qaeda.
Ma il Laskhar è solo uno dei tanti gruppi radicali che combattono l'India. A colpire, come già qualche tempo fa a Jaipur, Bangalore, Ahmedabad, devastate da sanguinosi attentati, possono essere stati i cosiddetti "Mujahedin indiani" o l'Harkat-ul-Jihad-al-Islami, il "Movimento Islamico per la Jihad", che ha radici in Bangladesh. Oppure un gruppo meno noto, come i Mujaheddin del Deccan, sigla jihadista poco conosciuta che avrebbe rivendicato l'azione di ieri.
Del resto la galassia radicale è assai popolata e mescola spesso sigle di comodo. Per molti militanti di quei gruppi, però è comune intersecare la lotta per la liberazione del Kashmir con l'annunciata missione di convertire con la spada l'intero subcontinente purificato dalla presenza hindu. Progetti folli, non di meno capaci di gettare il panico attraverso quel formidabile strumento politico che, nell'epoca attuale, è diventata la paura della paura.
Così i terroristi attaccano treni e alberghi, luoghi affollati e pieni di turisti, divenuti come già nell'Egitto degli anni Novanta, uno dei bersagli preferiti. In particolare quelli americani e britannici. Perché i turisti sono religiosamente "impuri", vettori di contaminazione culturale, e con i loro comportamenti "viziosi" sostengono finanziariamente i "governi empi".
Naturalmente dietro a questa forma di guerra asimmetrica mascherata dall'ideologia, vi è il gioco delle potenze dell'area. Il Pakistan mal tollera che l'India sia divenuta un gigante economico e politico mondiale, che metta il bastone tra le ruote a Islamabad in Afghanistan, considerato il proprio "giardino di casa". Così le tensioni si alimentano. Non bisogna dimenticare che negli stati indiani del Kashmir musulmano e dello Jammu hinduista si stanno tenendo importanti elezioni amministrative che, nonostante l'invito degli indipendentisti a boicottare il voto, stanno facendo registrare un'alta partecipazione.
La posta in gioco è alta: la legittimazione politica di Dehli in queste regioni o dei suoi acerrimi nemici. I disordini che si sono registrati in questi mesi, e la presenza di oltre mezzo milione di militari nell'area, testimoniano il livello dello scontro. Nel Kashmir le proteste anti-indiane sono riesplose prima dell'estate, quando il governo di Nuova Delhi ha espropriato delle terre ai contadini kashmiri per destinarle alla costruzione di un tempio indù. Le tensioni si sono innalzate quando il governo locale ha fatto marcia indietro scatenando la protesta della comunità indù. Le contromanifestazioni kashmire sono state represse nel sangue dai militari indiani, in un'escalation della tensione che ha fatto ripiombare questa regione in un clima da guerra civile.
E in questo quadro di tensioni legate alla situazione in Kashmir e allo scontro tra India e Pakistan che avvengono i nuovi attacchi terroristici. Chiunque siano gli autori del blitz di Mumbai, resta il fatto che l'India vede mettere a dura prova la sua convivenza. Dopo gli attacchi hindu ai cristiani, i fuochi di Mumbai, gettano altra benzina sul fuoco.
Renzo Guolo
Fonte: repubblica.it
27 novembre 2008