Di notte e di giorno. La Marcia è continua


Flavio Lotti


Non sarà facile ma lo faremo. Questa notte marceremo da Perugia ad Assisi sfidando il buio e il sonno. A mezzanotte, ciascuno accenderà una torcia e ci metteremo in cammino.


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marciadinotte

Non sarà facile ma lo faremo. Questa notte marceremo da Perugia ad Assisi sfidando il buio e il sonno. A mezzanotte, ciascuno accenderà una torcia e ci metteremo in cammino. La meta è certa e la strada è già stata tracciata nel 1961 da Aldo Capitini, ma l’oscurità della notte rende tutto più incerto. E’ la prima volta che un gruppo di persone decide di fare la PerugiAssisi di notte. Lo facciamo perché sentiamo il dovere di reagire al buio che sta ricoprendo la coscienza e l’umanità di tante persone.

Ogni giorno, ogni volta che andiamo su twitter o facebook, ogni volta che accendiamo la Tv o leggiamo un giornale, veniamo a sapere di una nuova strage, di orrori che si ripetono, di guerre che continuano, di violenze che non si fermano, di muri che si costruiscono, di gente che perde il lavoro, di drammi ignorati, di persone sfruttate, respinte, uccise. Le denunce e le proteste virtuali non mancano ma di reazioni collettive significative non c’è traccia. Anche l’indignazione, se c’è, è diventata un fatto personale, intimo. Il senso di impotenza è micidiale. Ed è l’anticamera della rinuncia e della rassegnazione.

Oggi si sente un senso nauseante di indifferenza e rassegnazione.

La PerugiAssisi di questa notte è figlia della volontà di reagire, di sfidare il buio che sta calando dentro di noi e sul tempo presente. Non è per narcisismo o per sentirsi migliori di altri ma per cercare, con grande umiltà, di lanciare un nuovo allarme, di suscitare un pensiero nuovo, un atteggiamento nuovo.

Il prossimo 9 ottobre si svolgerà una nuova Marcia PerugiAssisi ma nessuno di noi vuole che sia la solita marcia per la pace. Ritrovarsi insieme, quel giorno, in un luogo noto, in uno spazio aperto a tutti, può essere confortante. Ma non abbiamo solo bisogno di ritrovarci e rigenerarci. Abbiamo bisogno di vincere la rassegnazione e generare, assieme, un fatto nuovo.

La pace che tante volte abbiamo invocato, implorato, cercato, coltivato, è in pericolo in ogni dove. Dentro di noi, nei nostri rapporti con gli altri, nelle nostre case, nelle nostre città, nel nostro paese, in Europa, nel Mediterraneo, nel mondo. Non è sempre stato così. Siamo dentro ad un tempo nuovo, in rapido, continuo, imprevedibile, cambiamento. Papa Francesco insiste nel descrivere la gravità della situazione parlando di “un mondo in guerra per interessi, per i soldi, per le risorse della natura, per il dominio dei popoli”. E non si riferisce solo alle guerre che fanno la fortuna dei trafficanti di armi. Si riferisce a quel groviglio di guerre che ci coinvolgono a tanti livelli e che oggi ci impongono di capire cosa non va nel nostro modo di vivere e di “fare società”, di “fare politica” e di gestire le istituzioni, di cambiare qualcosa nella nostra vita e di unirci ad altri per capire come costruire nuovi rapporti economici, sociali, internazionali e con la natura.

L’Agenda politica della pace, le cose che dobbiamo chiedere alle istituzioni e alla politica sono note: dalle più “fattibili” come fermare la vendita di armi italiane ai paesi in guerra, investire sulla lotta alla povertà e all’esclusione sociale, reinvestire sulla cooperazione internazionale… a quelle più complesse come fermare le guerre e le stragi, trasformare il dramma delle migrazioni in una opportunità, costruire un’economia di giustizia, gettare le basi di una nuova Europa… Anche il nostro appello per una comunicazione e un’informazione di pace non è mutato. Resta da decidere cosa chiediamo a noi stessi, alle nostre comunità e organizzazioni.

La marcia per la pace deve diventare la marcia della pace: la marcia di tutti quelli che la pace cercano di farla per davvero ogni giorno, tutti i giorni, in tutti i campi. La domanda è personale: siamo davvero disponibili a rinunciare alla violenza, a rifiutare la competizione che ci sta dividendo, a sentirci responsabili gli uni degli altri e dell’ambiente che ci circonda, a proteggere chi è vittima o minacciato di abuso o di violenza, a scegliere la via dell’aiuto reciproco, della solidarietà e della cooperazione? E collettivamente, siamo pronti a investire sui giovani e sulla loro educazione alla cittadinanza glocale, a imparare a fare pace a chilometro zero, a ricostruire la nostra capacità di affrontare le sfide globali?

Da molti anni stiamo dicendo che, per essere efficaci, dobbiamo agire assieme, operando oltre le diversità e rivalità, come un fronte unico, con una strategia comune. Se non decideremo di farlo ora, unendo tutte le energie positive che ci sono, non ci resterà che piangere sulle nostre responsabilità. Il buio che attraverseremo questa notte porta con sé la certezza dell’alba. Il buio che ci sta crescendo dentro non lascia scampo. Conviene davvero, a ciascuno, di accendere una luce. Per sé e per tutti.

 

Articolo pubblicato anche su Il Manifesto di sabato 10 settembre 2016

 

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