Sri Lanka: aspettando la verità sui crimini di guerra
Alessandro Graziadei
Amnesty International ha chiesto alle Nazioni Unite di rendere pubblico un rapporto sui crimini di guerra commessi nel conflitto armato dello Sri Lanka, che sta per essere sottoposto da un comitato di esperti al Segretario generale Ban Ki-moon.
Amnesty International ha chiesto alle Nazioni Unite di rendere pubblico un rapporto sui crimini di guerra commessi nel conflitto armato dello Sri Lanka, che sta per essere sottoposto da un comitato di esperti al Segretario generale Ban Ki-moon.
Il comitato era stato istituito nel giugno 2010, a seguito di un impegno congiunto assunto dal presidente dello Sri Lanka Rajapaksa e dallo stesso Segretario generale nel maggio 2009, in favore dell'accertamento delle responsabilità per le violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani commesse nelle fasi finali di un conflitto trentennale che è terminato solo nel maggio di due anni fa. I risultati sono però ancora un’incognita.
Madhu Malhotra, vicedirettrice del dipartimento di Amnesty International per l'Asia, ha per questo lanciato l’accusa alla comunità internazionale e in particolare alle Nazioni Unite, di un colpevole disinteresse riguardo a quello che è accaduto in Sri Lanka. ”Le atrocità commesse dal governo contro i civili e i combattenti tamil nella fase conclusiva della guerra con il bombardamento dei campi profughi e degli ospedali, esecuzioni sommarie dei prigionieri e internamento in massa dei civili sopravvissuti – ha riferito Malhotra – sono state agevolate dalla sensazione che non ci sarebbero state reali conseguenze internazionali per queste violazioni della legge”.
Così, dato che lo Sri Lanka non riconosce la giurisdizione della Corte Penale Internazionale, l'avvio di un procedimento per crimini di guerra contro il governo Colombo non può avvenire su iniziativa autonoma dei magistrati dell'Aja e si può attivare solo su richiesta del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che, come denuncia Amnesty International, “al momento tace gli esiti del rapporto della commissione”.
Eppure sulle prove sembrano esserci ormai pochi dubbi. Secondo un rapporto pubblicato dall'International Crisis Group ancora in occasione del primo anniversario dalla fine della guerra in Sri Lanka, “la dimensione dei crimini commessi dal governo cingalese – si legge – è stata molto sottovalutata, in particolare riguardo al numero di civili tamil vittime dell'offensiva finale dell'esercito”. Secondo le stime ufficiali dell'Onu, tra gennaio e aprile 2009 gli indiscriminati bombardamenti governativi sulla No Fire Zone avevano provocato ben 6mila morti civili. Una cifra già di per sé abnorme, che venne presto surclassata dalle rivelazioni ufficiose di alcuni funzionari Onu, “secondo i quali i massacri peggiori avvennero nelle ultime due settimane di maggio, portando il bilancio totale di civili tamil uccisi a 20mila”.
“Il governo dello Sri Lanka ha commesso crimini di guerra di cui sono potenzialmente responsabili i principali leader politici e militari del paese – ha dichiarato Louise Arbour, presidentessa dell'International Crisis Group -. La verità è ora necessaria, perché se non ci saranno conseguenze per il presidente Rajapaksa […] altri conflitti verranno condotti allo stesso modo in futuro”. Anche per il Tribunale permanente dei popoli (Tpp) che a febbraio ha pubblicato il rapporto della commissione chiamata a verificare i presunti crimini contro l’umanità commessi nel corso dell’offensiva finale contro le Tigri tamil “esistono prove evidenti dei fatti, abbiamo visionato numerosi video che li provano, e non è stato difficile verificarli” ha dichiarato Francesco Martone membro del Tpp.
Proprio per questo Amnesty International ha sollecitato le Nazioni Unite a rendere pubblici i risultati dell’inchiesta e ad avviare un’indagine indipendente internazionale “sull'uccisione di oltre 10.000 civili, sull'uso di scudi umani e sull'arruolamento di bambini soldato da parte delle Tigri per la liberazione della patria Tamil (Ltte), sui bombardamenti dell'esercito dello Sri Lanka contro aree civili ad alta densità abitativa e sull'acuta privazione di cibo, acqua e cure mediche cui è stata sottoposta la popolazione intrappolata nel conflitto”, circa 300.000 persone che sono state trasferite in “campi di accoglienza” e “centri di rieducazione”, senza accuse e processi.
“Non è un attacco al governo di Colombo – ha precisato l’ufficio stampa di Amnesty -. Per decenni, le Ltte hanno sistematicamente preso di mira i civili, lanciato attacchi suicidi contro autobus e stazioni ferroviarie, assassinato esponenti politici e arruolato bambini soldato.
Dal canto loro, le forze governative e i gruppi armati loro affiliati hanno agito con impunità, rendendosi responsabili di esecuzioni extragiudiziali, sparizioni forzate e torture nei confronti di chi era sospettato di avere legami con le Ltte”.
Ma ora, se l’impunità per le violazioni dei diritti umani è stata la regola per tutta la durata della guerra civile dello Sri Lanka, per aprire una nuova pagina nella storia del Paese e ripristinare la fiducia della popolazione, “l'unica cosa da fare – per Amnesty – è garantire verità e giustizia”.
Fonte: Unimondo.org
16 aprile 2011