Spese militari, “troppe pressioni da lobby”
Il capogruppo in commissione Gian Piero Scanu mette a verbale: “Troppe pressioni esercitate sui componenti per orientare il parere”. Martedì il voto definitivo al programma di spesa da 5,4 miliardi.
La denuncia è arrivata in commissione Difesa giovedì 15 gennaio. Come riportano i verbali dell’aula, il capogruppo del Pd
Gian Piero Scanu prende la parola e chiede di rinviare il via libera definitivo alle spese (5,4 miliardi) per il rinnovo della flotta della marina militare. Motivo: troppe “pressioni lobbistiche” che “da diverse parti sono state esercitate con intensità su diversi componenti della commissione in modo da poter orientare il parere”. E ancora, Scanu dice che “sarebbe stato più corretto instaurare un dialogo diretto con il relatore, ma deve invece constatare che né il Governo, né le imprese interessate all’atto hanno offerto la loro disponibilità a fornire al relatore gli ulteriori chiarimenti necessari al fine di metterlo in condizione di presentare una proposta di parere adeguatamente ragionata”
(leggi il documento integrale).
Il clima diventa subito di fuoco. Come testimonia un video “rubato” dai parlamentari Cinquestelle che in cui si riprende un acceso scambio tra lo stesso Scanu e il suo compagno di partito Salvatore Piccolo, segretario della commissione. I due escono dall’aula urlando l’uno contro l’altro. Scanu dice: “Io sono un uomo onesto” Piccolo grida: “Qui siamo tutti onesti, non hai diritto di lanciare sospetti sugli altri”. Scanu ribatte: “Chi ti ha dato del disonesto? Perché non hai detto niente?”. Le pressioni sui parlamentari sarebbero state fatte affinché 1,6 miliardi – la parte dello stanziamento iniziale destinata al pagamento di interessi, ma poi liberata e quindi risparmiabile – vengano destinati all’acquisto di altre quattro navi da guerra oltre alle 10 inizialmente richieste. Martedì 20 si vedrà come andrà a finire. Nella stessa sessione, come se non bastasse, la commissione Difesa è chiamata a dare il via libera alla spesa di 2,6 miliardi di euro per l’acquisto di 381 nuovi carri blindati Freccia. Mezzi da combattimento ad alta tecnologia, destinati ai futuri reggimenti di fanteria digitalizzati che rientrano nel faraonico programma di informatizzazione delle forze terrestri Forza NEC e che si vanno ad aggiungere ai 249 carri Freccia già acquistati dall’Esercito per 1,5 miliardi e in servizio dal 2009. L’apertura di questo nuovo capitolo coincide, non a caso, con la nomina del capo di Stato maggiore dell’Esercito, generale Claudio Graziano, a capo di Stato maggiore della Difesa al posto dell’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, che lascia – appunto – dopo aver assicurato il megafinanziamento per la sua Marina.
L’inarrestabile corsa al riarmo della Difesa si conferma portata avanti secondo logiche lobbistiche e corporative, del tutto estranee alle reali necessità della sicurezza nazionale che saranno stabilite dal famoso Libro Bianco della Difesa (che verrà reso pubblico, salvo ulteriori rinvii, il 4 febbraio), presentato invece come passaggio imprescindibile senza il quale non si può decidere nessun taglio alle spese militari. “Da quasi un anno la ministra Pinotti va ripetendo che per decidere il taglio degli F35 chiesto dal Parlamento bisogna assolutamente attendere le indicazioni del Libro Bianco – osserva Luca Frusone, membro Cinquestelle della commissione Difesa di Montecitorio – ma quando invece si tratta di acquistare nuovi armamenti per miliardi e miliardi di euro non ci sono problemi, si può procedere anche subito”.
Questioni di metodo, ma anche di merito. “Per quale motivo – chiede polemicamente Frusone – l’Italia ha scelto un blindato che costa sette milioni di euro a macchina, invece di aderire, come hanno fatto tedeschi e olandesi, al programma europeo del blindato Boxer che costa meno della metà? Perché l’Italia, pur essendo membro dell’Occar (Organizzazione congiunta per la cooperazione in materia di armamenti, ndr) ha scelto di fare da sola?”. Il programma nazionale Freccia, sviluppato dal consorzio industriale Iveco Fiat e Oto Melara e finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico, è stato avviato nel 2006 dall’allora ministro della Difesa Arturo Parisi – secondo governo Prodi – proprio mentre Germania e Olanda avviavano in ambito Occar il programma europeo “Boxer”.
Ammesso e non concesso che l’Esercito italiano abbia realmente bisogno di un’armata di 630 carri blindati pesanti (in Afghanistan ne sono stati usati solo 17), aderendo al programma Occar l’Italia avrebbe speso circa 2 miliardi di euro invece dei 4 miliardi e passa che andremo a spendere per i Freccia. Due miliardi in più qui, un miliardo e sei in più di là: le spese della Difesa sono determinate, più che da un libro bianco, da quel libretto degli assegni in bianco che governi e parlamenti poco indipendenti che continuano a firmare senza batter ciglio.
19 gennaio 2015