Solo tagli da manicure ai costi della politica
Francesca Schianchi
Qualche risparmio sulle generose retribuzioni dei parlamentari? La Casta risparmia otto milioni sui 47 miliardi di tagli…
«Meno aerei blu, più Alitalia», motteggiava non più di un mese fa il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. «Privilegi, cumuli e rendite vitalizie per chi abbia svolto un incarico politico e istituzionale, sono un costo su cui credo la collettività vedrebbe positivamente una sforbiciata», aggiungeva il collega degli Esteri Franco Frattini. Bei tempi. Quando la manovra era ancora allo studio e dai Palazzi al lavoro trapelava la formula magica: taglio ai costi della politica.
Ecco qui la manovra, pronta per il voto finale di oggi alla Camera: tra sforbiciate alle famiglie e agli enti locali, dopo aver dovuto depennare in tutta fretta la liberalizzazione degli ordini causa rivolta dei deputati-avvocati del Pdl con tanto di minaccia di non votare la fiducia, quanti tagli sono destinati a colpire la Casta? Poca roba, meno di 8 milioni di euro.
Voli di stato riservati solo alle cinque più alte cariche (ma ci possono essere eccezioni), auto blu di cilindrata non superiore ai 1600 cc (ma per le più alte cariche può anche superarla), taglio del 20% agli stanziamenti per Cnel, autorità indipendenti, Consob e organi di autogoverno della magistratura, rimborsi elettorali ai partiti dovuti solo fin quando dura la legislatura (e non più, com’è stato finora, anche quando la legislatura si interrompe). Qualche risparmio sulle generose retribuzioni dei parlamentari? Non si può chiedere al cappone di festeggiare il Natale, è massima spesso ripetuta: e infatti lo si chiede ai capponi prossimi. L’adeguamento degli stipendi alla media (ben più bassa) europea (anzi, dei «sei principali Stati dell’area euro», come specifica un emendamento approvato al Senato), così come il taglio del 10% dei rimborsi elettorali ai partiti, scatteranno solo dalla prossima legislatura. Ticket della sanità per tutti subito, stipendi più magri per i parlamentari, la prossima volta. «Ci sarebbe stato il ricorso del funzionario e tutto si sarebbe bloccato», ha giustificato la scelta Tremonti. Starà tranquillo il ministro Rotondi, che subito si era preoccupato di quei parlamentari «costretti a fare il conto della serva», con appena 4 mila euro al mese per la famiglia…
«Vi lavate la coscienza con interventi modesti sui voli di stato e le auto blu senza intervenire sui costi reali della politica, che sono gli sperperi delle tante zone grigie e la corruzione», attacca il governo il capogruppo dell’Udc al Senato Gianpiero D’Alia. «Sui costi della politica non c’è nulla, questo per l’Italia dei valori è un’autentica vergogna», insorge il presidente del gruppo Idv al Senato, Felice Belisario. Tutte le opposizioni insieme hanno presentato in Commissione al Senato 22 emendamenti, di cui parecchi sui costi della politica, sono rimasti a votarli fino alle 3 del mattino. «Un pacchetto serio, non una presa in giro», sospira il senatore Pd Giovanni Legnini, relatore di minoranza della manovra a Palazzo Madama, ma nonostante l’apertura di Tremonti, «ci aveva detto che se ne poteva discutere» sono stati «tutti bocciati 12 a 13», in Commissione siedono in 25.
Qualche esempio delle modifiche chieste da Pd, Udc e Idv insieme? Prima di tutto, appunto, anticipare al 2012 dell’adeguamento degli stipendi all’area euro, senza aspettare la prossima legislatura. Una norma sui vitalizi parlamentari, per adeguarli al sistema contributivo di tutti i lavoratori dipendenti. Inclusione del referendum nell’election day (votare a giugno su acqua e nucleare senza accorpamento con le amministrative è costato 300 milioni). Una sola società pubblica per gli enti locali, per chiuderne migliaia di altre con i loro consigli di amministrazione. Divieto di cumulo di cariche, tramite l’istituzione di alcune incompatibilità. E poi anche su auto e voli blu si prevedevano norme più stringenti: ad esempio, precluso l’uso della macchina di servizio «per i trasferimenti da e per lavoro». «Di tutto questo, il governo non ha accolto nulla», tira le somme il relatore di minoranza, «senza darci alcuna spiegazione».
Tra le proposte c’era pure quella di accorpare le province con meno di 500 mila abitanti. «Neanche questo ci hanno votato», spiega sconsolato Legnini. Ma dopo che la settimana scorsa pure il Pd alla Camera si è astenuto sulla proposta di abolirle, votata da Idv e Udc (risparmio stimato, secondo uno studio della Confesercenti, sette miliardi di euro), chi è senza peccato scagli la prima pietra.
Fonte: La Stampa
15 luglio 2011