Siria, quanto silenzio sui massacri
Roberto Zichittella
Forte denuncia di Pax Christi per superare l’indifferenza internazionale sulle migliaia di vittime del regime di Bashar el Assad. «Non è vero che non possiamo fare nulla».
«Rompiamo il pesantissimo silenzio che avvolge le migliaia di vittime in Siria». Comincia così un appello di Pax Christi che invita la comunità internazionale a intervenire per fermare la feroce repressione del regime siriano nei confronti della popolazione. «Fermate subito il massacro, liberate i prigionieri politici, intervenite con gli strumenti del diritto internazionale senza ripetere la tragica esperienza libica», chiede Pax Christi.
L'appello ricorda il drammatico bilancio della repressione: «Cinquemila tra uccisi e scomparsi, 13 mila prigionieri politici, città sconvolte, popolazione nel terrore, migliaia di profughi, luoghi di culto distrutti». Secondo Pax Christi, «non è vero che non possiamo fare nulla». Ecco gli interventi possibili: un preciso intervento internazionale sotto la guida dell'Onu che attivi una robusta politica di pace utilizzando i numerosi concreti strumenti del diritto internazionale senza ripetere il disastro dell'intervento militare in Libia”; il blocco dell'export militare italiano verso la Siria (“i carri armati dell'esercito siriano usano sistemi di puntamento di ditte italiane”); azioni per sostenere un cambio del sistema politico che garantisca rispetto dei diritto umani e libertà religiosa.
Sino ad oggi il regime di Bashar el Assad ha spento con durezza i fuochi di rivolta accesi in diverse città del paese: Hama, Latakia, Deir ez-Zor e anche alcuni quartieri della capitale Damasco. Il regime giustifica la repressione sostenendo che la rivolta è fomentata da “gruppi terroristici”. La comunità internazionale sta facendo pressioni sul regime siriano, ma per il momento non c'è nessuna volontà di intervenire in modo più diretto.
Il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha condannato le violenze, ma i toni sono cauti. Resta timida anche la Lega Araba. Più decisa la pressione su Damasco da parte della Turchia e di alcuni Paesi arabi (come l'Arabia Saudita), che hanno richiamato i loro ambasciatori a Damasco. Anche l'Italia ha richiamato l'ambasciatore in Siria, ma l'esempio non è stato seguito da altri paesi europei.
Fonte: Famiglia Cristiana
17 agosto 2011