Siria: non dimentichiamola neanche per un giorno
Misna
Testimoni locali confermano l’esistenza di diversi gruppi armati in città a cui si aggiungono gli uomini del cosiddetto ‘Esercito libero siriano’ costituito per lo più da militari disertori rivoltatisi contro il regime del presidente Bashar al Assad.
“La vita a Homs diventa ogni giorno più difficile. La popolazione è stremata dalla costante insicurezza e dai rapimenti. Questa settimana sono state sequestrate da uomini armati una coppia di giovani ragazze alauite dalle loro case e oggi hanno denunciato la sparizione di una cristiana. A mezza bocca qualcuno ha parlato anche in questo caso di uomini armati”: lo riferiscono alla MISNA fonti contattate nella città di Homs e che, per ovvi motivi di sicurezza, chiedono di rimanere anonime.
Nel giorni in cui è previsto l’arrivo di un primo gruppo di osservatori arabi nell’ambito del piano messo a punto dalla Lega Araba per porre fine alle violenze in corso da metà marzo, nella terza città del paese la situazione resta critica. Secondo diverse fonti è qui che la violenza settaria che minaccia l’intera Siria sta pericolosamente affondando le sue radici. “Bisognerebbe incoraggiare le parti al dialogo, ma la sensazione è che la distanza sia troppa e manchino attori capaci di assumere un ruolo di mediatori” osservano le fonti.
Testimoni locali confermano l’esistenza di diversi gruppi armati in città a cui si aggiungono gli uomini del cosiddetto ‘Esercito libero siriano’ costituito per lo più da militari disertori rivoltatisi contro il regime del presidente Bashar al Assad. “È in questo contesto – aggiunge l’interlocutore della MISNA – che la presenza delle forze regolari si traduce anche in un deterrente per i gruppi paramilitari, ostacolando l’innesco di una vera e propria guerra civile”. La presenza militare nella cittadina di circa 850.000 abitanti è aumentata nelle ultime settimane accrescendo i timori di chi paventa che per Homs il regime stia valutando una ‘soluzione’ simile a quella adottata ad Hama nel 1982, quando l’esercito piombò sulla cittadina in rivolta con violenza inaudita, provocando decine di migliaia di morti.
Se inizialmente i rapimenti venivano attribuiti a forze vicine al governo e alla minoranza alauita al potere “adesso sembra essersi innescato un sistema di vendette trasversali, regolamenti di conti e ritorsioni che coinvolgono le famiglie, in quella tradizionalmente ritenuta una delle zone più conservatrici della Siria”.
A questo si aggiungono – secondo alcuni in un chiaro intento ‘punitivo’ da parte del governo di Damasco – le continue interruzioni della corrente elettrica, anche per diverse ore al giorno, e la scarsità di generi di prima necessità come gas e carburante, i cui costi al mercato nero continuano a salire.
Secondo le Nazioni Unite, oltre cinquemila persone sarebbero morte in Siria dalla metà di marzo. Damasco accusa “gruppi di terroristi armati” di essere responsabili del caos, mentre gli attivisti denunciano da oltre nove mesi l’uccisione di centinaia di persone, tra civili e soldati disertori, per mano delle forze di sicurezza.
Obiettivo degli osservatori dispiegati dalla Lega Araba in queste ore nel paese è monitorare la situazione della sicurezza e verificare l’attuazione di un piano di pace accettato il 2 novembre da Damasco che prevede, oltre alla fine delle violenze, il ritiro dei militari dalle strade, il rilascio dei manifestanti arrestati e l’avvio di consultazioni con le opposizioni.
Fonte: www.misna.it
22 Dicembre 2011