Siria. C’è l’accordo per Yarmouk


Chiara Cruciati - il Manifesto


Al Nusra si ritirerà dal campo, le milizie palestinesi cambieranno area. Il campo profughi torna a sperare nella sopravvivenza, dopo un accordo che avrebbe negoziato l’Iran.


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Yarmouk vede una luce in fondo al tunnel di un assedio interno ed esterno dai contorni drammatici: lunedì i gruppi palestinesi del campo profughi di Damasco e l’OLP hanno raggiunto un accordo con il Fronte al-Nusra. Tutti fuori da Yarmouk per permettere alla popolazione civile di tornare alla vita.

Secondo quanto dichiarato dal portavoce di Hamas, Ali Baraka, dietro alla sigla dell’accordo ci sarebbe l’Iran che avrebbe fatto da negoziatore tra il PFLP-Commando Generale, l’OLP e i gruppi armati di opposizione che controllavano il campo da mesi. L’accordo prevede la consegna delle armi ad un comitato speciale, il ritorno alla neutralità di Yarmouk e l’uscita dei militanti del Fronte al-Nusra. I gruppi armati palestinesi, invece, dovrebbero lasciare Yarmouk e spostarsi – almeno per il momento – in un’altra area del campo, al Reja.

Un accordo che ha richiesto settimane di trattative, mentre aumentava drammaticamente il numero di rifugiati morti di fame per mancanza di cibo. Dopo l’assunzione del controllo del campo da parte di gruppi islamisti, l’esercito del presidente Bashar al-Assad ha messo sotto assedio Yarmouk, per impedire la fuoriuscita dei miliziani, ma impendendo così anche l’uscita di civili e l’ingresso di beni di prima necessità.

Da giorni, in vista dell’accordo, centinaia di malati e feriti sono stati evacuati dalla Croce Rossa e dall’UNRWA e ricoverati in ospedali della capitale. È iniziata intanto la consegna di cibo ai profughi rimasti a vivere a Yarmouk: tra 800 e 1000 pacchi di cibo da 30 chili sono stati distribuiti alle famiglie, donati da Giappone, Kuwait, dall’OLP e dal presidente palestinese Abbas.

“L’assedio di Yarmouk da parte del regime e la sua occupazione interna da parte dei gruppi di opposizione ha provocato un esodo ingente – spiega a Nena News Husam Arafat, rappresentante dell’ufficio politico del PFLP-Commando Generale in Cisgiordania – Oggi nel campo vivono solo 18mila persone, quando prima del conflitto ne contavamo quasi 200mila. Chi è rimasto a Yarmouk in questi mesi di assedio sono le famiglie più povere, chi non può permettersi di fuggire”.

“Le milizie ribelli hanno preso di mira il campo per ragioni strategiche: da lì l’obiettivo era prendere Damasco. L’attacco risale al 17 dicembre 2012, quando 4mila miliziani hanno assaltato Yarmouk da quattro fronti. Dopo sei mesi Assad ha posto il campo sotto coprifuoco: da allora non è stato quasi più possibile entrare e uscire da Yarmouk. Ad un certo punto il Fronte al-Nusra e l’ISIL hanno cominciato a sparare sui convogli di cibo, impedendone l’ingresso. Questo ha provocato un’impennata drammatica del tasso di denutrizione e la morte di oltre 50 rifugiati, donne, bambini, anziani”.

“Da parte nostra – continua Arafat – avevamo optato per la neutralità: non abbiamo preso le armi all’inizio del conflitto. Ma quando siamo stati attaccati le milizie palestinesi hanno tentato di difendere il campo con la forza, senza però riuscirvi. Loro erano troppi, noi pochi e non così ben armati come i ribelli finanziati da Qatar e Arabia Saudita. Questa è la loro guerra e la guerra degli Stati Uniti. Il loro obiettivo è indebolire la Siria e i suoi alleati storici per due ragioni: uno economica, controllare le risorse di gas dell’area; e una politica, distruggere l’unità dei Paesi antisionisti”.

A pagarne le spese è stato Yarmouk, campo profughi affollato e povero, che è stato teatro della morte per fame di decine di persone.

Fonte:  http://nena-news.it
12 febbraio 2014

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