Sempre più ampio il divario tra poveri e ricchi


L'Osservatore Romano


Le mancate promesse della globalizzazione.


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divario

Una promessa mancata o, meglio ancora, una cocente delusione.

La globalizzazione, della quale solo poco tempo fa si diceva un gran bene, non è per nulla riuscita a ridurre la distanze economiche presenti nel mondo. Perché se è vero che, grazie all’esportazione della produzione industriale in paesi con una mano d’opera a buon mercato, ampie fasce di popolazione hanno potuto accedere a un lavoro stabile, questo non ha significato un netto miglioramento delle loro condizioni di vita, mentre ha certamente portato all’impoverimento delle classi produttive nei paesi di tradizione industriale, che si sono viste sottrarre fabbriche e stabilimenti.

Per comprendere la dinamica può essere utile l’esempio del Brasile, una nazione gigantesca e potenzialmente ricchissima, ma con un altissimo tasso di povertà. Il Brasile è stato uno di quei paesi in cui la globalizzazione sembrava aver compiuto il suo miracolo. Milioni di persone sono potute entrare nel mercato del lavoro, apertosi alle grandi multinazionali. Ma alla disponibilità di risorse economiche di cui sembravano beneficiare le nuove classi produttrici, si è accompagnato un improvviso, ma prevedibile, innalzamento dei prezzi al consumo.

Con il risultato che oggi, a fronte di stipendi comunque non altissimi, il costo della vita brasiliano è simile a quello europeo e le famiglie sono indebitate fino al collo.

La globalizzazione senza regole ha quindi ulteriormente arricchito le multinazionali che hanno pagato meno la mano d’opera, ha impoverito le classi medie storiche dei paesi occidentali e ha comunque relegato ai margini i lavoratori dei cosiddetti paesi emergenti. Il risultato è che in questi ultimi anni il divario tra poveri e ricchi si è ulteriormente allargato, tanto che oggi solo 8 uomini posseggono 426 miliardi di dollari, la stessa ricchezza della metà più povera del pianeta, ossia 3,6 miliardi di persone.

di Giuseppe Fiorentino

29 dicembre

Osservatore Romano

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