Se le spese militari volano alto


Annachiara Valle - famigliacristiana.it


I cacciabombardieri F35, ma non solo: 75 mila italiani, 660 associazioni e 85 enti locali chiedono di non riempire gli arsenali investendo le risorse risparmiate nello Stato sociale.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
Se le spese militari volano alto

«La nostra presa di posizione per “tagliare le ali alle armi”  non è ideologica, ma si basa su analisi concrete e sui numeri». Francesco Vignarca, della Rete italiana per il disarmo, snocciola le cifre presentando, insieme con Giulio Marcon, campagna Sbilanciamoci!  e Flavio Lotti, Tavola della pace, la «finta riforma e i finti risparmi della Difesa e per dire no all’acquisto degli F35».

Nella sala Nassyria del Senato, all’ombra della targa che ricorda i caduti italiani nell’operazione “Antica Babilonia” in Irakq, i tre coordinatori della campagna contro i cacciabombardieri parlano delle 75mila firme di cittadini, 660 associazioni, 85 enti locali che sostengono i tagli alle spese militari. «Le adesioni aumentano di ora in ora», spiega Vignarca. Aggiungendo che «il nostro è un cammino portato avanti dal 2009, con la campagna “Caccia al caccia”. Oggi consegnamo virtualmente le firme a Montecitorio e diciamo ancora una volta ai cittadini come stanno le cose. Nessun contratto per l’acquisto dei cacciabombardieri è ancora stato controfirmato. Intanto però sono lievitati del 42 per cento i loro costi. Con questi acquisti, compreso l’indotto, si potranno creare 2.500 posti di lavoro, ma con i 129 milioni di euro (il costo di un solo F35) si potrebbero aprire 387 asili nido con 3.500 posti di lavoro».

Le migliaia di firme giunte con ogni mezzo «hanno infastidito più di un parlamentare», ha aggiunto Flavio Lotti. «I cittadini che dicono la loro sul fatto che, per esempio, il ministero della Difesa vorrebbe una maggiore autonomia di spesa avendo già la possibilità di gestire in proprio il 30 per cento del bilancio, a fronte del 3 per cento degli altri ministeri, non è andato giù anche ad alcuni senatori che hanno persino obiettato alla legittimità che le proteste arrivassero via mail nelle loro caselle».

Il punto, ha aggiunto Giulio Marcon, «è che si è coraggiosi con i tagli ai pensionati e pusillanimi con i generali. Abbiamo un servizio civile massacrato dai tagli e un welfare che sta scomparendo. Con una minima parte dei soldi risparmiati con le spese militari si potrebbero salvare posti letto negli ospedali, risolvere la questione degli esodati, mettere in sicurezza oltre diecimila scuole che non rispondono ai criteri della 626, creare più posti di lavoro». I Comuni e gli enti locali sono i primi «a subire la pressione di questo momento di crisi e a fare i salti mortali per mantenere i servizi. È anche per questo che abbiamo firmato così in tanti», ha aggiunto a nome di Comuni e Province, Federico Montanari, consigliere comunale di Reggio Emilia. «Richiamare alla nonviolenza è strategico per il futuro delle nostre città e del nostro Paese. Chi dice che questa è un’utopia o non ha capito nulla o è in malafede».

Fonte: www.famigliacristiana.it
12 Luglio 2012

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento