Se il Che tradisce la sinistra…


Jacopo Matano


L’aggressore del Pigneto non si definisce "un razzista", né un uomo di destra. Nel raid, secondo i testimoni, c’era anche un nero. Vi proponiamo una riflessione, con Carlo Leoni e Walter Tocci, sull’incapacità del centrosinistra di interpretare una società che cambia. E che, tra giustizia ‘fai da te’ e Tarzan, ha bocciato il "modello Roma".


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
Se il Che tradisce la sinistra...

Se ce l'avessero raccontato non ci avremmo mai creduto. A tradirci, a tradire sinistra, pseudosinistra e Pd, è stato Ernesto Guevara de la Serna. Proprio lui, quel Che con la stella rossa, un po' sbafato rispetto alla celeberrima foto di Korda, tatuato sulla pelle del braccio del giustiziere del Pigneto e finito a più riprese su tutti i giornali e i telegiornali. E' stato l'epidermico rivoluzionario argentino, assieme al suo proprietario e a quelle dichiarazioni ("io non sono di destra", "io non sono razzista"), nelle quali il mix di animo un po' coatto e robinhoodiano è diventato così umano da farlo risultare simpatico. D'altronde, all' "eroe" amato dal quartiere, l'avevano stuzzicato. E con lui nella banda, coinvolto nel raid, c'era pure un nero.
Maieutica, in questa storia, è stata Repubblica, sbizzarrita sul carro delle esclusive. Inutili sono stati il Consiglio comunale e il Parlamento, rintontiti, minoritari e alle prese con la crisi della terza settimana. Controproducenti sono stati la sinistra e i centri sociali, che hanno travisato (Migliore: "che errore la marcia antifascista"). Signore e padrone della situazione, in ultimo, è stato il neosindaco sempre "sul pezzo", così presente che è riuscito a fare fuori -notizia di oggi- le odiate strisce blu restando immobile sul lettino della clinica in cui è ricoverato per un'operazione alla spalla. E poco importa se a decidere è stato il Tar, e se nelle casse del Comune si rischia un buco di 30 milioni di euro. Alemanno ha fatto er miracolo.

CORTO CIRCUITO – L'aggressione al Pigneto ha dato il colpo finale al Modello Roma. Quindici anni di gestione della città, quindici anni di esortazioni alla tolleranza e di viaggi in Africa andati in fumo dopo che un gruppo di giovani e non giovani, bianchi e neri, armati di spranghe, devastano i negozi dei bengalesi della nuova piazza Vittorio romana. "Corto circuito mediatico", come si è affrettata a commentare la giovane e romanissima ministra Giorgia Meloni, che di ragazzi di destra e di estrema destra se ne intende, avendoli capeggiati ai tempi di Azione Giovani e della consulta studentesca. Ma anche corto circuito culturale: la sicurezza non è più questione di destra o di sinistra, di tolleranza o di xenofobia. E soprattutto: la sicurezza non è più questione di Stato, ognuno fa per sé e per quello che può. E chapeau a chi ci riesce.

Anche per Carlo Leoni stiamo viaggiando verso lidi difficili. "Che ci sia in un episodio rispetto all'altro una connotazione razzista più o meno marcata -ci spiega al telefono-, a partire dall'assalto ai campi rom e a finire all'episodio del Pigneto, sicuramente sono in molti che pensano che ci debba fare giustizia da soli. Il capo della polizia ieri avrebbe dovuto lanciare l'allarme su questo". Per Leoni "la manifestazione non era fuori luogo. Così come non era fuori luogo neanche l'allarme razzismo". "C'è un'attività squadristica permanente di gruppi di estrema destra che si sentono coperti da un clima politico a loro favorevole". Secondo l'ex deputato di Sd, dunque, "rimane tutto", a prescindere da quanto può dichiarare "una persona che aveva precedenti penali per reati contro il patrimonio, non certo uno stinco di santo". E il tatuaggio di Che Guevara? "Non basta per essere definibile di sinistra".

GIUNGLA METROPOLITANA – Tant'è. Eppure dopo che anche il guerrigliero di Fidel è passato dall'altra parte, e dopo la fuga di Rutelli nell'esilio d'oro dell'ex Copaco, a Roma, nel centrosinistra, resta solo Zingaretti. Gli assessori della giunta Veltroni sono sparsi tra Camera e Senato o tornati alle vecchie mansioni. I dirigenti, molti dei quali riconfermati, faticano a riassestarsi sulle nuove lunghezze d'onda. In consiglio comunale, riferimento della sinistra è Andrea Alzetta, il "Tarzan" di Action, unico sopravvissuto alla strage elettorale dei compagni ed oggi capogruppo di SA in consiglio. Anche questo un segnale. "Se guardi sia le elezioni in consiglio sia i municipi, quelli che hanno preso più voti sono stati quelli di Tarzan e di Sinistra Democratica", analizza Leoni. "Si sono dimostrate le due strutture più radicate nella società. Questo è un problema che riguarda la SA ma riguarda anche il Pd tutto il centrosinistra: bisogna ancora riorganizzare le idee sulle ragioni della sconfitta e capire su quale asse riprendere la strada di un'opposizione che punti ad una battaglia progressista". Per Leoni è necessaria una cesura con il passato, che è fatto di luci e di ombre. Quali ombre? gli chiediamo. "Chi teneva le leve del comando in questa città – ci risponde- pensava di aver costruito ormai un sistema di consenso inattaccabile ed infrangibile, e si è poco preoccupato dei bisogni e delle inquietudini quotidiane della popolazione". In due parole, per Leoni, nelle stanze romane aleggiava la certezza che "se ci sostengono il Corriere, il Messaggero e i costruttori allora la continuazione è garantita. E invece no".

LA FINE DEL MODELLO ROMA – Con noi, Walter Tocci, ex assessore alla mobilità ed oggi deputato, fa una riflessione partendo dal passato per esaminare il nucleo del problema, il nodo critico su cui è caduto il modello. "Per quindici anni", ci spiega al telefono, "abbiamo guardato la città con gli occhi dell'amministratore. L'amministratore non vive sulla luna, ed anzi ha un punto di vista molto completo. Però non c'è dubbio che osserva la città dall'osservatorio degli strumenti amministrativi". Contemporaneamente, "i nostri partiti, i partiti di centrosinistra, si sono limitati a raccogliere i consensi che venivano dai sindaci ma non hanno saputo sviluppare un'autonoma azione politica nei quartieri e nei territori". Tranne, ovviamente, alcune eccezioni, come circoli e associazioni. I partiti, per Tocci, "sono stati più dei raccoglitori di voti piuttosto che dei creatori di politica". Questa duplice e sforbiciata visione, amministratori e raccoglitori di voti è sfociata negli ultimi tempi in "una certa sicumera di cui l'espressione modello Roma è emblematica". Avendo una visione solo amministrativa, spiega l'ex assessore, "abbiamo perso la finezza dello sguardo, in questo magma sociale in cui può accadere una vicenda come quella del Pigneto". "Secondo me -continua- è mancata una costruzione politico-sociale oltre a quella amministrativa. Abbiamo governato la città anche bene, non dobbiamo flagellarci, però l'abbiamo fatto con una logica di governo. E' mancata una capacità di costruire uno schema politico-sociale". Capacità che Alemanno aveva? "La destra elabora dei modelli che poi in qualche modo influenzano anche i comportamenti sociali. Dal loro punto di vista, loro costruiscono un proprio popolo. Questo vale sia per gli atteggiamenti conservatori, ma anche per quella certa parte estremistica che si sente legittimata avendo oggi un sindaco vicino ai loro colori: li ha resi più forti, più visibili. Noi, il nostro popolo, non siamo riusciti a costruirlo. Tranne agli inizi, negli anni 90, dopo tangentopoli, quando abbiamo interpretato un "popolo dell'innovazione", del progressismo". Veltroni, in questa impresa, ci ha provato. E secondo Tocci ci è riuscito. "La sua narrazione della città, il suo insistere sui valori era in fondo un fare popolo". Però "era molto dall'alto, era molto legato alla sua figura come leader e come sindaco".
Ok, Veltroni aveva un suo popolo. Però Alemanno ha tolto le strisce blu.

Fonte: Aprileonline.info

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento