Scacco diplomatico, da Tunisi rimpatria solo Silvio. Bossi dice sì ai permessi temporanei


Ninni Andriolo


Scettico sul rimpatrio forzato di massa, cavallo di battaglia del Carroccio, Berlusconi


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Scacco diplomatico, da Tunisi rimpatria solo Silvio. Bossi dice sì ai permessi temporanei

Scettico sul rimpatrio forzato di massa, cavallo di battaglia del Carroccio, Berlusconi – ieri – ha fatto toccare con mano al leghista Maroni l'impraticabilità della soluzione che indica Bossi per spedire «fora da i bal», decine di migliaia di poveri cristi sbarcati in Italia con il sogno «dell'Europa come Eldorado».

Fuori dalla grazia di Dio per le posizioni del Cavaliere, però, il Senatur insiste per il pugno di ferro: con le amministrative alle porte l'emergenza immigrati diventa il cavallo di Troia per ridefinire al Nord i rapporti di forza nel centrodestra. Scontro Pdl-Lega, quindi, ieri a Palazzo Grazioli durante il vertice tra Berlusconi e Bossi. La lettera con la quale 62 parlamentari azzurri chiedono al premier di distribuire le tendopoli «sull'intero territorio nazionale, senza gravare soltanto sul Sud» è un calcio negli stinchi leghisti.

Anche il Cavaliere, nei giorni scorsi, si era fatto sedurre dallo spot sulle navi stipate di profughi che salpavano le acque del Canale di Sicilia per depositare sulla costa tunisina il loro carico di sogni infranti. Le avvisaglie di reazioni violente, le pressioni del mondo cattolico e il rischio di sommare al caos in mondovisione dei giorni scorsi l'ennesimo flop hanno spinto il premier a cambiare registro. E a ricercare il compromesso con il governo provvisorio tunisino lasciando, con astuzia e qualche goccia di perfidia, al leghista Maroni l'onere di perfezionarlo a tambur battente.

Nulla di fatto, ieri. Accordo rinviato. «Nessuna intesa è stata annunciata sul dossier immigrazione», scrive l’agenzia ufficiale tunisina Tap. Misurando i risultati della missione con i proclami italiani dei giorni scorsi, Tunisi ieri ha avuto partita vinta. Perché ha dimostrato che non stava lì, con il cappello in mano, ad aspettare senza fiatare i 300 milioni di aiuti promessi dal nostro governo.

Se l'idea di Berlusconi e Maroni era quella di aprire e chiudere in mezza giornata una trattativa complessa, il presidente della Repubblica ad interim, Fouad Mebazaa, e il primo ministro del governo di transizione, Beji Kaid Essebsi, hanno costretto gli italiani ad abbassare la cresta. C’è la «volontà politica verificata» di giungere a un’intesa, si è limitato a dichiarare Berlusconi durante la conferenza stampa di fine vertice. Parole che segnalano il passo indietro del nostro governo che aveva richiamato Tunisi al rispetto degli accordi sottoscritti con Maroni e Frattini.

Quelle intese, come i tunisini avevano dichiarato, non erano state siglate. Stando alle dichiarazioni di intenti, quindi, sul fronte dei rimpatri – il Cavaliere ha garantito di volerli fare «in modo civile» – non si è andati oltre la generica «disponibilità» tunisina ad «esaminare la questione». La Lega dimentichi, però, deportazioni di massa o charter per Tunisi «con cento migranti al giorno». Per tacitare Bossi, Berlusconi si accontenterebbe di qualche limitato rientro e i tunisini – alle prese con quel popolo di compatrioti rientrati dall'Egitto – per «numeri piccoli» sono pronti a fargli da sponda.

Più consistenti le speranze del Cavaliere sulla emergenza dei barconi che continuano a trasportare a Lampedusa centinaia di migranti al giorno. «Ottocento» tra sabato e domenica, ha ricordato il premier. Frenare le nuove partenze, quindi: questo il primo compito della «commissione tecnica» italo-tunisina al lavoro da ieri. «Il ministro dell'Interno tornerà domani (oggi, ndr) per verificare il lavoro fatto e sottoscrivere un accordo», ha annunciato il Cavaliere. «C'è l'assoluta volontà di trovare soluzioni che vadano nella direzione del controllo delle coste da parte della Tunisia – ha aggiunto – Noi daremo il nostro aiuto affinché sia efficiente e capillare».

Dei 300 milioni promessi alla Tunisia, 100 dovrebbero essere destinati al «pattugliamento» delle coste per impedire nuovi imbarchi. Gli altri 200 a progetti di sviluppo mirati per favorire in patria quel «miglioramento delle condizioni di vita» che spinge i giovani a un «esodo comprensibile». Insomma, al netto dei rimpatri con il contagocce imposti dalla ragion politico-propagandistica di Bossi (che Berlusconi è costretto a rincorrere, con le amministrative alle porte), i migranti che sono già in Italia dovranno essere gestiti – secondo il Cavaliere – puntando sulla Ue e sulla Francia. I permessi di soggiorno temporanei per i ricongiungimenti familiari in tutta Europa potrebbero diventare obbligati. Senatur permettendo, naturalmente.

Fonte: www.unita.it

5 aprile 2011

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