Sbilanciamoci: dieci proposte al governo per la cooperazione internazionale
Giorgio Beretta - unimondo.org
Libro Bianco: “I soldi si muovono dai paesi più poveri verso quelli più ricchi. Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale rinnovano le politiche che hanno portato al collasso e alla crisi sociale”.
L’Italia conferma il suo ruolo sempre più marginale nelle politiche europee di cooperazione internazionale ed è fanalino di coda nelle classifiche dei donatori e negli impegni economici presi. E’ la chiara fotografia che emerge dal Libro Bianco sulle politiche pubbliche di cooperazione allo sviluppo in Italia, presentato ieri a Roma dalla campagna Sbilanciamoci!. Il quadro che emerge è quello di una cooperazione italiana allo sbando ed ormai marginale. E non solo perché i soldi si muovono di fatto dai paesi più poveri verso quelli più ricchi, ma perché sono proprio i paesi del Sud del mondo quelli che stanno pagando di più il prezzo della crisi sia in termini economici, con la riduzione dei pochi benefici, sia con la riduzione progressiva degli aiuti sottoforma di politiche di cooperazione allo sviluppo sempre meno efficaci.
Secondo il rapporto “i Paesi del Sud sono gravemente colpiti dalla speculazione finanziaria che si sposta sempre di più sulle materie prime e sulla terra coltivabile, trasformando il cibo ormai in un asset finanziario”. Inoltre “le evoluzioni dei prezzi mettono i contadini del Sud in ginocchio ogni giorno, mentre le Istituzioni finanziarie internazionali come Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale rinnovano le politiche che hanno portato al collasso e alla crisi sociale”. Inoltre gli scarsi investimenti verso il Sud del mondo “assumono frequentemente la forma di speculazione finanziaria garantendo ormai pochi benefici ai Paesi poveri, mentre le grandi lobby economiche, e in Italia Confindustria, spingono affinché le Istituzioni che regolano tali investimenti, come l’Unione Europea, non introducano regole e standard in materia sociale ed ambientale”.
Nel frattempo cresce il sostegno al settore privato e le imprese sono considerate come la più efficace “arma di sviluppo”. “Le nuove tecniche di finanziamento si basano sull’idea che la crescita economica sia una condizione necessaria dello sviluppo e ciò debba avvenire tramite il settore privato – si legge ancora. La finanziarizzazione dello sviluppo mina alla base l’emancipazione che dopo tre decenni di condizioni di aggiustamento strutturale imposte dalla Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale finalmente le economie emergenti e diversi Paesi del Sud stavano vivendo”.
Negli ultimi anni il ruolo e il contributo dell’Italia è andato peggiorando. Secondo il rapporto di Sbilanciamoci!,“nonostante anche l’Ocse abbia nuovamente sottoposto al governo italiano molte raccomandazioni per il rilancio della cooperazione e per la riforma della Legge 49 del 1987, il dibattito langue e tale processo di riforma è ormai una palude e l’argomento è ormai fuori dall’agenda politica parlamentare”. Quello che manca è “la volontà politica di percorrere nuove strade” nonostante le proposte ci siano – notano gli estensori del rapporto.
“Tutti siamo consapevoli delle difficoltà economiche e della crisi che stiamo vivendo anche a livello europeo ma la situazione italiana di riduzione progressiva degli aiuti e di tagli indiscriminati alle risorse per la cooperazione, è frutto di una specifica politica che ha dimenticato di dover essere al servizio di tutti i cittadini e della vita” – ha commentato Guido Barbera, presidente del Cipsi, il coordinamento di 45 associazioni di solidarietà e cooperazione internazionale.
“Denunciamo con forza la mancanza di volontà politica di percorrere nuove strade, che è ben evidenziata dal Libro Bianco – sottolinea Barbera. Sostenere un aiuto pubblico basato principalmente su aiuti al settore privato è una visione miope, che perde di vista i veri valori su cui si basa la cooperazione, la solidarietà e le relazioni tra i popoli. Si continua a tenere conto solo degli interessi delle grandi imprese coinvolte in mega-progetti di dubbia utilità. Si continua a perdere di vista il fatto che la cooperazione internazionale è e resta la politica più economica e più efficace per costruire la sicurezza, una politica fatta di ponti e non di muri, di rispetto e non di rigetto. La cooperazione italiana non può continuare a rimanere indietro. Di fronte ai profondi mutamenti sociali che stanno avvenendo in questo periodo nel nostro paese. Di fronte ai difficili scenari che vengono da molti paesi del Mediterraneo e che ci impongono di pensare a politiche di integrazione e accoglienza rispetto ai flussi migratori”.
Il rapporto di Sbilanciamoci! avanza dieci proposte al Governo italiano al quale chiede di adoperarsi seriamente sui temi della cooperazione. In primo luogo viene chiesto al governo di riavviare il dibattito parlamentare su nuovi interventi legislativi sulla Cooperazione allo Sviluppo che – “superando la Legge 49/87- introducano direttrici radicalmente nuove su obiettivi, metodologie, attori e strumenti istituzionali volti a contribuire in ambito globale alla costruzione di un’economia di giustizia, alla promozione dei diritti umani e della democrazia, alla solidarietà internazionale, al rifiuto della guerra”. L’Italia deve poi “accogliere le 19 raccomandazioni della Peer review dell’Ocse e indicare per ognuna di esse un’agenda di azioni concrete volte a rimuovere le criticità emerse” e “riformare le politiche di cooperazione allo sviluppo basandosi sul principio della coerenza delle politiche”. Al quarto punto del programma viene chiesto di riallineare la quantità di fondi stanziati per la cooperazione allo Sviluppo (Legge 49) ai livelli del 2008 e assolvere agli impegni nei confronti delle Istituzioni e dei Fondi multilaterali, mentre al quinto di riconoscere e cancellare i debiti illegittimi contratti nei confronti dell’Italia da parte dei Paesi del Sud.
Si chiede poi di assolvere agli impegni assunti a L’Aquila, come le iniziative di “Food Security” e di adoperarsi concretamente per abbattere i costi di invio delle rimesse dei migranti verso i Paesi di origine. All’ottavo punto c’è la richiesta di promuovere “misure concrete di contrasto ai paradisi fiscali per quanto riguarda l’Italia e impegnarsi nelle sedi internazionali per dare seguito alle proposte quali l’obbligo di rendicontazione Paese per Paese dei dati contabili e di bilancio di tutte le imprese transanzionali”. Infine il governo deve impegnarsi a “sostenere la proposta della società civile riunita nella ‘Campagna zerozerocinque’ di tassare le transazioni finanziarie internazionali per raccogliere fondi volti da impegnare in misure concrete di lotta alla povertà e all’esclusione sociale in Italia e nel Sud del Mondo”. E “sostenere in sede europea ed internazionale le proposte della società civile per introdurre standard di valutazione sociale e ambientali degli Investimenti Diretti Esteri delle imprese europee nei Paesi del Sud e dei parametri di finanziamento sottoforma di crediti da parte delle Istituzioni Finanziarie europee e internazionali”.
Fonte: Unimondo.org
17 giugno 2011