Sanguinosa ripresa delle violenze nel Darfur
L’Osservatore Romano
Almeno cento persone sono morte in scontri tra milizie delle comunità locali dei misseriya e dei salamat, nell’area intorno alla città di Umm Dukhun.
Almeno cento persone sono morte nella regione occidentale sudanese del Darfur in scontri tra milizie delle comunità locali dei misseriya e dei salamat, nell’area intorno alla città di Umm Dukhun, non distante dal confine con il Ciad. Nella stessa zona, la scorsa settimana, erano stati uccisi alcuni soldati ciadiani delle forze congiunte dei due Paesi incaricate del controllo del confine.
Nel Darfur si protrae da oltre un decennio una delle maggiori crisi umanitarie in atto nel mondo, che in questo 2013 ha fatto registrare un nuovo inasprimento. Secondo l’Ocha, l’ufficio dell’Onu per il coordinamento degli interventi umanitari, dall’inizio dell’anno le violenze tra gruppi etnici e gli scontri tra movimenti ribelli e truppe sudanesi hanno causato non meno di altri 460.000 sfollati.
La crisi esplose nel febbraio 2003 con l’insurrezione dei due principali gruppi ribelli del Darfur, l’esercito di liberazione sudanese (Sla), che poi si divise in diverse fazioni, e il Movimento per la giustizia e l’eguaglianza (Jem), contro il Governo di Khartoum e, soprattutto, contro gli janjaweed, i miliziani arabi delle tribù nomadi dei Baggara, responsabili di sistematiche violenze contro le popolazioni autoctone della regione, con la con la connivenza, se non sotto il controllo del Governo stesso.
Soprattutto nei primi anni, il conflitto ebbe esiti spaventosi. Dopo un biennio, le stime dell’Onu erano di trecentomila morti e di più di due milioni e mezzo di profughi.
Fonte: Osservatore Romano
19 novembre 2013