Salta la mediazione sugli F35, il Pd resta diviso. Ora al voto
Huffington Post
Seduta iniziata al Senato: si discute sulle mozioni sull’acquisto dei cacciabombardieri F35.
“La verità è che questo governo prima cade meglio è”. Tardo pomeriggio, l’ennesima mediazione all’interno del Partito democratico è fallita, e i senatori del Pd che hanno spinto per la sospensione del programma degli F35 sono delusi e irritati. In diciotto hanno sottoscritto una mozione differente da quella avallata dal capogruppo Luigi Zanda, che recepiva un testo analogo a quello già approvato alla Camera. “Dopo l’ingerenza del Consiglio supremo della difesa, con il beneplacito di Giorgio Napolitano, quel compromesso al ribasso è inaccettabile”, spiegava Corradino Mineo. “Il Pd avrebbe dovuto ringraziare Felice Casson di avere proposto un testo alternativo, invece continuano a difendere un accordo che anche nella sostanza è molto ambiguo”. L’ex direttore di Rainews è uno dei diciotto Dem che si sono sfilati, e hanno sottoscritto la mozione Casson.
Un testo che prevedeva la sospensione immediata della partecipazione italiana al progetto militare e la contestuale “destinazione delle somme risparmiate ad investimenti pubblici riguardanti la tutela del territorio nazionale dal rischio idrogeologico, la tutela dei posti di lavoro, la sicurezza dei lavoratori”. Ma il timore di terremotare ulteriormente un governo già in difficoltà ha spinto largo del Nazareno ad andare avanti per la propria strada. Eppure Laura Puppato, altra firmataria della mozione di minoranza del Pd, ha tentato un’ultima mediazione: “Il testo della maggioranza è troppo ambiguo, non si capisce dove vuole andare a parare – raccontava la senatrice – E visto che Renato Brunetta e il ministro Mario Mauro lo interpretano come un nulla osta per proseguire, qualcosa andava cambiato”.
Una necessità che ha portato Puppato a sottoporre un testo che contemperasse le esigenze di tutti. E che avrebbe dovuto impegnare il governo a “sospendere temporaneamente il processo di acquisto degli F-35 limitatamente ai prossimi 6 mesi”, per procedere alle necessarie verifiche di natura economica e funzionale. Nulla da fare. “Ci hanno spiegato che non ci sarebbe mai stata una maggioranza nemmeno su questa formula, così andiamo avanti per la nostra strada”.
Una strada che prevede la sospensione tout-court del progetto (a fronte del semplice vincolo a non procedere ad ulteriori acquisti in mancanza di un voto parlamentare) e lo sfilarsi di diciotto senatori (su 108) dal gruppo del Pd. Casson ha richiamato i tanti punti di convergenza della sua mozione con quella di Zanda, ma ha richiamato stentoreamente in aula il programma del Pd. Nel dicembre 2011 il dipartimento Esteri del partito scriveva: “Il governo si allinei alla fase di “sospensione” e di “ripensamento” del programma, come già deciso da altri governi europei. Infatti, al momento attuale, non risultano essere più disponibili risorse vere da risparmiare e da destinare altrove poiché già il precedente governo aveva provveduto a svuotare i relativi capitoli”.
Quanto la fronda di Casson, Puppato e Mineo possa infastidire gli assetti della maggioranza, dipende anche – ma non solo – dal sommarsi eventuale dei voti del Movimento 5 stelle. Che fino ad un minuto prima di entrare in aula non aveva preso una decisione. “Se voteremo la mozione di minoranza del Pd? Lo vedrete in aula”, ha liquidato la questione Nicola Morra infilandosi nell’emiciclo. In realtà la riunione dei grillini aveva fatto emergere una spaccatura piuttosto netta: 15 i voti favorevoli all’appoggio, 13 i contrari, 5 gli astenuti. Una votazione finita nel caos, tra chi rivendicava l’equivalenza tra l’astensione e il voto contrario e chi sottolineava il gran numero di assenti.
“Speriamo che venga tutto rimandato”, commentava nel tardo pomeriggio Roberto Cotti, capogruppo in commissione Difesa, pronto a prendere la parola in Aula per le dichiarazioni di voto con una sgargiante giacca con i colori dell’arcobaleno della pace. “Ma tanto si vota domani”, spendeva certezze Vito Crimi, mentre Sergio Puglia ventilava la “libertà di coscienza”. Insomma, fino all’ultimo non è risultato chiaro se per grillini una sospensione del progetto sia politicamente digeribile, a fronte dell'”abbandono definitivo” da loro auspicato fin da stamattina, anche tramite un post sul blog di Beppe Grillo. Fuori dal Palazzo, aveva le idee chiarissime Gianfranco Mascia: il leader del Popolo Viola è accorso con qualche decina di manifestanti e un gigantesco aereo di cartone per “opporci all’accordo e far arrivare all’interno la voce dei più di 350.000 cittadini che si sono mobilitati in questi giorni contro l’accordo grazie alla petizione di Avaaz.org”.
Fonte: www.huffingtonpost.it
15 luglio 2013