Rossella Urru: oggi il Blogging Day


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Da metà febbraio il web si sta mobilitando per la liberazione di Rossella Urru, la giovane cooperante del Cisp rapita a ottobre mentre lavorava nei campi profughi di Rabouni, in Algeria. Per il 29 febbraio è stato organizzato un Blogging Day.


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Rossella Urru: oggi il Blogging Day

Sono passati poco più di 4 mesi dal rapimento della giovane cooperante del Cisp Rossella Urru e dei due colleghi spagnoli, Ainhoa Fernandez de Rincan ed Enric Gonyalons. Da metà febbraio la rete si sta mobilitando per la sua liberazione, per non fare calare l'attenzione sulla vicenda e per esprimere solidarietà alla famiglia Urru. Tra le diverse iniziative – tra cui ricordiamo lo speciale di Tg3Web, l'appello dal palco dell'Ariston di Geppi Cucciari o ancora gli striscioni con la foto di Rossella appesi alle facciate di diversi palazzi comunali – per oggi 29 febbraio è stato indetto un Blogging Day, al cui appello hanno risposto al momento più di 250 blogger. Voci che vanno a unirsi a tutte le altre che, come le ha definite Fausto Urru sul sito www.rossellaurru.it, rappresentano "un coro di solidarietà e di affetto che, dalla notte tra il 22 e il 23 ottobre, diventa sempre più accorato, sempre più grande e sincero".

In questa giornata in cui tutto il web si unisce intorno alla figura di Rossella Urru, vale la pena ricordare l'attività di cooperazione che la giovane svolgeva ormai da anni e il complesso contesto in cui operava.

Rossella Urru al lavoro

Come racconta un comunicato del CISP, Rossella lavora da ormai un paio d'anni a sud-ovest di Tindouf, in Algeria, nel ruolo di coordinatrice dei progetti CISP nei campi dei rifugiati saharawi. Laureata in Cooperazione Internazionale nel polo ravennate dell'Università di Bologna con una tesi sul popolo saharawi, Rossella ha un passato di cooperante anche nel Servizio di Cooperazione Decentrata del Comune di Ravenna, territorio dove "si è spesa moltissimo per organizzare iniziative pubbliche e di sensibilizzazione sui temi della cooperazione internazionale e dei diritti umani, in collaborazione con diverse associazioni regionali e ravennati".   

Il Sahara occidentale: "il posto più inospitale della terra"

Rabouni, Tindouf. E' qui che Rossella, Ainhoa ed Enric lavoravano quando sono stati rapiti. Ci troviamo sull'altipiano dell'Hammada: "il posto più inospitale della terra, dove in estate la temperatura supera i 50° con frequenti tempeste di sabbia e la notte va sottozero con punte di -5°", scrive Silvia Pochettino in un reportage per VpS di qualche anno fa. In questa zona desertica e inospitale, sparpagliati in quattro campi, vivono da oltre 33 anni quasi 200.000 rifugiati saharawi, profughi del Sahara occidentale dopo l’occupazione da parte del Marocco. "Quella dei saharawi – spiega Silvia Pochettino nel suo articolo – è una delle storie più tormentate e irrisolte del continente africano. Popolo nomade che abitava il Sahara occidentale, colonizzato dalla Spagna dal 1884, e poi “svenduto” con un accordo tripartito a Marocco e Mauritania al momento della decolonizzazione, il Sahara occidentale è stato invaso militarmente dal Marocco nel 1975 e da allora mai più abbandonato, sempre in attesa di un referendum di autodeterminazione che, promesso ancora dalla Spagna, e in seguito da numerose risoluzioni dell’Onu, non si è mai tenuto. Neppure la presenza, ormai da 17 anni, della missione Onu “Minurso”, volta a vigilare sulla tregua tra marocchini e saharawi e preparare le condizioni per la realizzazione del referendum, ha cambiato le cose. Intanto sono cresciute due generazioni di giovani, senz'altro orizzonte che la frontiera del campo profughi".

Tra le tante guerre dimenticate, il conflitto tra il popolo saharawi e il Marocco non manca certo all'appello. Eppure di situazioni per cui indignarsi ce ne sono eccome. Amnesty International, nell'edizione 2011 del Rapporto annuale sullo stato dei diritti umani nel mondo, analizzando la situazione nell'area del Marocco/Sahara occidentale, a proposito della repressione dei dissidenti saharawi afferma che "le autorità marocchine continuano a limitare l'esercizio della libertà di espressione, di assemblea e di associazione degli attivisti sahawari che lottano per l'autodeterminazione del loro popolo" e  continua sottolinenado come gli attivisti siano vittime di una vera e propria persecuzione politica.

 

Ma la zona in cui Rossella Urru svolgeva il suo lavoro da cooperante è fonte di indignazione anche per un altro motivo, anche questo ignorato dai riflettori dei media: il muro di 2.720 km costruito dal Marocco nel Sahara occidentale per proteggere i suoi territori occupati dalle rivendicazioni del Fronte Polisario. Come ha recentemente ricordato il presidente della Repubblica del Saharwi, Mohamed Abdelaziz, intervenuto a Siviglia nel corso della 37sima edizione della European Conference of Coordination and Support to the Sahrawi People (EUCOCO),  "E' arrivato il momento di mettere fine al crimine contro l'umanità rappresentato dai 2.700 km di muro, un'opera militare costruita dal Marocco, che divide il popolo e la terra del Sahara occidentale. Una macchina di distruzione che con milioni di mine anti-uomo vietate dalla comunità internazionale continua a minacciare la popolazione, gli animali e l'ambiente".

Chi sono gli altri italiani rapiti nel mondo

Insieme a Rossella, ricordiamo anche gli altri italiani rapiti: Maria Sandra Mariani, scomparsa il 2 febbraio 2011 nel sahara algerino; Giovanni Lo Porto, 38 anni, rapito in Pakistan il 19 gennaio scorso; Franco Lamolinara, 47 anni, sparito in Nigeria il 12 maggio 2011; sei membri dell’equipaggio della petroliera Enrico Ievoli, vittime di un assalto dei pirati in Somalia il 21 aprile 2011; Bruno Pellizzari, anche lui ostaggio dei pirati somali dal 10 ottobre 2010.

Fonte: http://www.volontariperlosviluppo.it
29 Febbraio 2012

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