Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1970/2011 per l’affermazione della legalità internazionale in Libia
Antonio Papisca
Commento di Antonio Papisca, Cattedra Unesco Diritti umani, democrazia e pace, Università di Padova.
La Risoluzione che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato il 27 febbraio 2011 ai sensi dell’articolo 41 della Carta presenta alcuni rilevanti aspetti di novità. Innanzitutto, per la velocità della procedura esperita e l’unanimità dei voti: quindici su quindici. Quanto al contenuto, sono da segnalare la specificità delle misure adottate e una chiarezza di linguaggio che non consentono strumentalizzazioni di sorta.
Il preambolo della Risoluzione contiene l’elenco dei capi d’accusa nei confronti di Gheddafi e del suo governo: violazione estesa e reiterata dei diritti umani, repressione di pacifici dimostranti, incitamento alla ostilità e alla violenza contro la popolazione civile, che configurano crimini contro l’umanità perseguibili ai sensi del Diritto internazionale dei diritti umani, del Diritto internazionale umanitario e del Diritto internazionale penale.
Nello stesso preambolo figura la grata presa d’atto della condanna previamente espressa dalla Lega Araba, dall’Unione Africana e dal Segretario Generale dell’Organizzazione della Conferenza Islamica.
C’è inoltre il riferimento alla decisione del Consiglio dei Diritti Umani di inviare urgentemente una commissione internazionale indipendente d’inchiesta per indagare sui crimini perpetrati e identificare i responsabili.
Nel dispositivo, la prima parte è rivolta alle autorità della Libia perché tra l’altro consentano accesso immediato ai monitori internazionali dei diritti umani e ai rifornimenti umanitari.
Ben cinque punti sono dedicati alla giustizia penale internazionale. Il Consiglio decide di deferire al Prosecutor (Pubblico Ministero) della Corte Penale Internazionale la situazione in Libia a partire dal 15 febbraio 2011, con l’ingiunzione alle autorità libiche di collaborare pienamente e l’invito anche agli stati che non sono attualmente parti dello Statuto di Roma e alle organizzazioni internazionali di fare altrettanto. Per tutti, compresi gli stati non-parti, c’è anche l’invito a farsi carico volontariamente delle spese del procedimento. Come noto, tre dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza – Stati Uniti, Russia e Cina – non hanno ratificato lo Statuto di Roma. Il fatto che essi abbiano approvato anche queste disposizioni potrebbe significare che per la Corte Penale Internazionale si aprono prospettive di più efficace funzionamento.
Per quanto in particolare riguarda la presidenza Obama, un’anticipazione di questa apertura è già espressa nel rapporto sulla ‘National Security Strategy’ del 2010. Giova ricordare che la presidenza Bush aveva fortemente ostacolato il funzionameno della Corte, addirittura mandando in giro un suo ambasciatore per dissuadere dal collaborare con la Corte anche gli stati che ne avevano ratificato lo Statuto. Si registra quindi un ulteriore segnale di rottura di Barack Obama rispetto ai suoi predecessori, che attesta della ferma coerenza con quanto da lui affermato, tra l’altro, nel discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre 2009 circa la scelta del multilateralismo e la centralità della massima Organizzazione mondiale.
La Risoluzione 1970 contiene un lungo, minuzioso elenco di sanzioni: embargo sull’import/export di armi, nonchè divieto di movimento dei membri della famiglia Gheddafi e di altri nominativi indicati in apposito elenco, e congelamento dei loro fondi.
A sorvegliare sull’applicazione delle sanzioni è istituito un apposito comitato composto da tutti i membri del Consiglio di Sicurezza.
Memento
“Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo”: dal preambolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
La Risoluzione 1970 riprende implicitamente questo passaggio e lancia un avvertimento alle classi governanti: non esiste più l’impunità. Chi avesse tentazioni dittatoriali e autocratiche sappia che tra i principi del vigente Diritto internazionale ci sono quelli che attengono alla responsabilità penale personale perseguibile direttamente in sede internazionale, e alla universalità della giustizia penale.
Annotazione finale
Con la Risoluzione 1970/2011 l’organo più potente delle Nazioni Unite ha preso posizione a favore di coloro che in Libia dimostrano, a rischio anche della loro vita, per i diritti umani, la libertà, la democrazia. E’ un precedente importante, che d’ora in avanti dovrà valere ovunque nel mondo.
Con amarezza si constata che in questa storica Risoluzione, che rilancia l’ineludibile ruolo delle Nazioni Unite, non c’è traccia di iniziative dell’Unione Europea in quanto tale: la colpa dell’omissione non è dell’ONU ma dei paesi membri dell’UE che si attardano in dispute interne e in deleteri calcoli di Realpolitik, laddove la situazione mondiale e il Mediterraneo in particolare esigono che l’UE parli con una sola voce.
L’auspicio è che le formazioni solidariste di società civile europea, con metodi rigorosamente nonviolenti e pacifici, costringano la classe governante europea a dimostrare, in parole ed opere, di essere all’altezza del momento storico che stiamo vivendo: agendo d’anticipo col soft power di attore civile globale che non va a rimorchio degli eventi, ma li anticipa.
Fonte: http://unipd-centrodirittiumani.it
1 marzo 2011