Rischio e possibilità
Marco Tarquinio - avvenire.it
Oltre sette milioni di italiani sono chiamati a recarsi alle urne. C’è da decidere chi governerà più di mille Comuni e alcune storiche “capitali” della nostra Italia: Palermo, Genova, Parma, Verona. Tutto questo ovviamente, non può essere ignorato né sottovalutato.
Tutto questo ovviamente, non può essere ignorato né sottovalutato. Così come, per quanto ci riguarda, non può esserlo il greve clima antipolitico (anzi, più propriamente, contro-politico), che purtroppo si respira ormai a ogni livello e in ogni parte d’Italia, con una intensità obiettivamente senza precedenti. Questo peso supplementare – una vera e propria zavorra accumulatasi anche per la quasi incredibile serie di autogol messi a segno negli ultimi due anni dall’attuale classe politica – minaccia di gravare come non mai sui piatti della bilancia elettorale. Creando non solo le premesse per nuove "sberle", persino più sonore di quelle grandinate nella lunga primavera elettoral-referendaria 2011, ma anche per vere e proprie illusioni ottiche nella lettura dei risultati.
C’è da augurarsi che non sia così, c’è da sperare in un piccolo-grande miracolo civile da parte di cittadini-elettori capaci di resistere alle tentazioni sia della porta sbattuta in faccia (ovvero del voto di protesta) sia delle sezioni disertate (ovvero dell’astensione per disorientamento e disgusto). Non ci stanchiamo di ripetere, del resto, che a livello di elezioni comunali l’arma della preferenza è rimasta ancora e sempre nelle mani di chi vota, e dunque la possibilità di scegliere e di incidere è reale. Perché, allora, rinunciare a usarla e a usarla meglio che si può? L’occasione è propizia anche per ribadire, anzi gridare a chi s’è impegnato a ridarci una legge elettorale nazionale come si deve (una legge, cioè, che non ci espropri più del potere di selezionare non solo un partito e uno schieramento, ma anche i nomi e le storie dei "nostri" parlamentari) che non è il caso di fare nuovi pasticci e di tentare altre prese in giro.
Intanto, domani e dopo, i limpidi ed esigenti criteri che abbiamo a disposizione nella "fatica" di riconoscere rappresentanti e amministratori comunali degni della nostra fiducia non cambiano. Sono gli stessi di sempre, e più di sempre – proprio alla luce delle cronache non esaltanti dai palazzi del potere centrale e periferico – appaiono sensati e giusti. Per chi, da cattolico, continua a considerare l’impegno politico come la più alta forma della "carità", si condensano nel serio esame della credibilità e della coerenza complessiva della proposta personale e partitica dei candidati. Coerenza tra ciò che si dice e ciò che si vive e si testimonia con la propria condotta. Coerenza tra i valori che fondano la convivenza civile (tutela di ogni vita umana, sostegno della famiglia fondata sul matrimonio e definita anche dall’art. 29 della nostra Costituzione, promozione del bene comune nel rispetto della libertà di credere, pensare ed educare) e i programmi di governo della città. Coerenza tra la dichiarazione di voler servire l’interesse della comunità e il proprio, verificabile disinteresse. Coerenza, niente di meno. Ora più che mai.
Fonte: www.avvenire.it
6 Maggio 2012