Ripartire dalla giustizia


Nigrizia.it


C’è qualcosa di peggio dell’ormai conclamata recessione economica, innescata dalla crisi finanziaria che ha az-zoppato il “turbocapitalismo”. Si chiama essere incapaci di alzare lo sguardo per prefigurare e progettare nuovi assetti del mondo. Così, in questo 2009, l’Occidente rischia di rimanere avvitato su sé stesso, paralizzato dalle paure economiche che ha suscitato.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
Ripartire dalla giustizia

Un contributo per stimolare tutti a “pensare alto” e in termini di responsabilità collettiva-globale può arrivare dall’Africa. E ciò non solo perché il continente africano convive abitualmente con serie ristrettezze economiche e, dunque, non può più di tanto essere turbato dal Pil con segno meno. Ma anche perché l’anno in corso prevede alcuni appuntamenti “africani” che, a ben guardare, hanno un legame, un filo conduttore comune: la giustizia.
Il prossimo ottobre si terrà a Roma il 2° Sinodo africano (il 1° si è svolto nel 1994). I vescovi di tutta l’Africa si confronteranno sul tema “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”, richiameranno l’urgenza di questi tre valori nel continente e indicheranno quali piste le comunità cristiane intendono percorrere per viverli (e farli vivere) nella pratica.

Non c’è dubbio che il tema della giustizia (sociale ed economica) dovrà avere una corsia preferenziale. È vero che si tratterà di un’assemblea (soltanto) consultiva. Ma Benedetto XVI, che l’ha convocata, non ha lesinato parole al riguardo. Nel suo messaggio alla Fao del 2 giugno scorso, aveva denunciato lo scandalo della povertà e della mancanza di giustizia nel mondo: «Come si può rimanere insensibili agli appelli di coloro che, nei diversi continenti, non riescono a nutrirsi a sufficienza per vivere? Povertà e malnutrizione non sono una mera fatalità, provocata da situazioni ambientali avverse o da disastrose calamità naturali. D’altra parte, le considerazioni di carattere esclusivamente tecnico o economico non devono prevalere sui doveri di giustizia verso quanti soffrono la fame».

Un altro appuntamento, strettamente correlato al Sinodo, è il primo viaggio africano del Pontefice. In marzo, Benedetto XVI si recherà prima in Camerun e poi in Angola. Nella capitale camerunese, Yaoundé, consegnerà all’episcopato africano l’Instrumentum laboris, il documento che costituisce la base della discussione sinodale. Non è pensabile che in questo documento la giustizia non abbia un posto centrale.

Un terzo appuntamento rilevante è il Forum sociale mondiale (Wsf), in programma a Belém, nell’Amazzonia brasiliana, dal 27 gennaio al 1° febbraio. È noto che i movimenti che fanno capo allo Wsf puntano a mettere in discussione il modello di vita e il sistema economico che l’Occidente ha esportato ovunque. Il loro motto – “Un altro mondo è possibile” – li porta a orientare la barra alla ricerca della pace e della giustizia.

Ultimo, ma non da meno: in settembre a Roma si svolgerà il Capitolo generale dei missionari comboniani, cioè l’assemblea che ogni sei anni valuta e ridisegna le linee d’azione dell’istituto che, pur attivo in più continenti, mantiene un’attenzione preferenziale all’Africa. E i comboniani sono consapevoli che all’origine di tante difficoltà dell’Africa c’è spesso un deficit di giustizia.

Ecco, allora, che il 2009 può avere in sé tante potenzialità positive per l’Africa e per noi, uomini e donne dell’Occidente. Possono farci da viatico queste parole: «Gesù si è battuto in nome di Dio perché viviamo secondo giustizia (…) e ha osato intervenire e mostrare che l’amore di Dio deve cambiare il mondo e i suoi conflitti. Per questo ha rischiato la vita, sacrificandola infine sulla croce. La sua abnegazione, però, la vediamo già in precedenza. (…) Il nostro cristianesimo si dimostra in primo luogo in buone azioni. Nel giudizio universale Gesù ne offre esempi molto concreti: dar da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi, visitare gli inferni e i carcerati, consolare gli afflitti, accogliere gli stranieri e accettare tutte le difficoltà che ne derivano, fino a sopportare di essere perseguitati. Sarebbe bello se gli altri potessero riconoscerci come cristiani da queste azioni. Viceversa, è ripugnante parlare di Dio e non essere fedeli alla sua caratteristica principale, la giustizia».
Le scrive il cardinale Carlo Maria Martini nel suo ultimo libro, Conversazioni notturne a Gerusalemme. Che, non a caso, ha questo sottotitolo: Sul rischio della fede.
 

È ripugnante parlare di Dio
e non essere fedeli
alla sua caratteristica principale,
la giustizia.
 
Fonte: Nigrizia.it
 
Editoriale gennaio 2009
CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento