Rifugiati senza cure. Chiuso ambulatorio
Paolo Lambruschi - Avvenire
Da pochi giorni ha chiuso a Roma il centro dell’ospedale San Giovanni Addolorata che si occupa dei rifugiati vittime di tortura o violenze estreme.
Da pochi giorni ha chiuso a Roma il centro dell’ospedale San Giovanni Addolorata che si occupa dei rifugiati vittime di tortura o violenze estreme. La chiusura è stata deliberata dalla direzione generale del complesso ospedaliero e dall’1 marzo è diventata operativa. Poiché l’ambulatorio è capofila e coordinatore dei 10 centri medico-psicologici ospedalieri del Servizio sanitario nazionale che in Italia fanno capo alla rete Nirast, Network italiano per richiedenti asilo sopravvissuti a tortura, la chiusura rischia di mettere in difficoltà l’intera rete. Oggi una delegazione di enti, tra i quali il Cir, chiederà aiuto alla regione Lazio, dalla quale la direzione dipende, per salvare in zona Cesarini il progetto e avviare almeno una riapertura-ponte di qualche settimana dell’ambulatorio per limitare i disagi all’utenza, particolarmente fragile. E, se non sarà possibile riaprire l’esperienza del San Giovanni, si tenterà di spostare l’ambulatorio in un’altra struttura della capitale. Intanto i pazienti sono in difficoltà perché non sono stati avvisati della chiusura, alcuni hanno organizzato un presidio nei giorni scorsi. Ufficialmente le motivazioni del taglio sono economiche poiché è recentemente venuta a meno una convenzione con il Viminale. Ma l’ambulatorio romano è un patrimonio che non andrebbe disperso. È stata infatti la prima struttura pubblica sul territorio nazionale a garantire cure e terapie specifiche e innovative per i sopravvissuti a tortura e violenze. Nel 2011 vi sono state effettuate 1.240 visite mediche, sono stati presi in carico 206 nuovi pazienti, eseguite 974 valutazioni specifiche e redatte oltre 260 certificazioni finalizzate al giudizio sul riconoscimento della protezione internazionale. Attualmente circa 200 persone sono in trattamento regolare e continuativo. Hanno protestato, finora invano, organizzazioni come l’Alto commissariato Onu per i rifugiati. Infatti l’Italia è uno dei pochi Stati Ue dove si provano a curare questi traumi che lasciano segni profondi nella psiche. Almeno due-tre rifugiati su dieci, in base alle stime internazionali ne sono stati vittime. Quindi si stima che nella Penisola solo nel 2010 siano stati accolti tra i 1.500 e i 2.200 sopravvissuti alla tortura. Se poi allarghiamo lo sguardo agli ultimi 20 anni, ospitiamo almeno 7-8000 persone torturate. Per contro, sui circa 400mila rifugiati che in Europa hanno subito torture, solo 20.000 – uno su 20 – hanno potuto accedere a cure adeguate presso centri specializzati. La nascita del progetto risale al 2005, quando il Parlamento ha recepito una direttiva europea sugli standard minimi di accoglienza dei richiedenti asilo che raccomandava trattamenti specialistici e sofisticati per profughi vulnerabili. Quindi è sorto il Nirast, con i 10 centri di Roma, Milano, Torino, Gorizia, Caserta, Foggia, Bari, Crotone, Siracusa, Trapani considerato dall’Ue un’eccellenza. Per poche migliaia di euro non si può lasciare fuori dalla porta chi ha già perso tutto.
Fonte: www.avvenire.it
8 Marzo 2012