Riccardi: le religioni devono “fondare il vivere insieme”
Avvenire
Le Dichiarazioni e l’Appello del Ministro Andrea Riccardi all’incontro delle religioni mondiali per la pace a Sarajevo
“Nel 1986 quello della preghiera di Assisi voluta da Giovanni Paolo II era quasi un messaggio disperato, nel tempo delle guerre di allora. Oggi quello di Assisi è un messaggio attuale: le religioni devono fondare il vivere insieme”. Lo ha affermato il ministro dell’integrazione e della cooperazione internazionale Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, in una conferenza stampa a Sarajevo nella giornata conclusiva dell’incontro delle religioni mondiali per la pace promosso dalla Comunità nella capitale bosniaca a vent’anni dalla guerra nei Balcani.
“Lo spirito di Assisi – ha sottolineato Riccardi – è sì un messaggio di pace, ma non è statico: si è sempre approfondito attraverso il suo itinerario, e ancor più qui a Sarajevo, città drammatica, teatro di un duro conflitto in cui le religioni hanno avuto un ruolo centrale insieme a quello etnico”.
Riccardi ha indicato un bilancio “estremamente ricco” dell’incontro di Sarajevo, delle sue tante tavole rotonde sui temi della convivenza, della pace, delle nuove povertà, con la presenza in tutto di 250 leader di tutte le religioni, che “ha fatto crescere la cultura del vivere insieme” e tracciato al via di “una nuova responsabilità delle religioni nel mondo globalizzato”.
Riccardi non ha nascosto le tante “difficoltà” del dialogo ancora esistenti, come quelle del “dialogo ecumenico tra cristiani”. Oppure i problemi del dialogo con l’Islam, dopo che nel decennio successivo all’11 settembre “la cultura, la politica, le religioni sono state tentate dallo scontro”, e in particolare le religioni hanno cercato di “sacralizzare i conflitti”.
Il valore degli incontri come quello di Sarajevo è quindi quello di “capire insieme qual è il ruolo delle religioni nel mondo globalizzato”: e questo ruolo – ha detto il ministro – “deve essere quello di Assisi, cioè insegnare a vivere insieme”.
Su questo, Riccardi ha detto di non essere “pessimista”. “Molti passi devono essere compiuti – ha osservato -. Ma quando si vedono tanti leader religiosi riuniti si capisce che si diffonde la capacità di essere insieme. E, come diceva Giovanni Paolo II, occorre guardare a ciò che unisce, non a ciò che divide”.
BHATTI: IL CASO DI RIMSHA HA SEGNATO UN PASSO AVANTI NEL DIALOGO TRA RELIGIONI
Il caso della piccola Rimsha, la dodicenne cristiana arrestata in Pakistan per aver bruciato pagine del Corano, minacciata di morte dalla folla e poi rilasciata su cauzione, ha segnato anche “un momento positivo, come passo avanti verso la convivenza tra le diverse religioni”. Lo ha sottolineato Paul Bhatti, consigliere del primo ministro pakistano per le minoranze e fratello dell’ex ministro Shabhaz Bhatti ucciso due anni fa, nella conferenza stampa finale dell’incontro delle religioni mondiali per la pace.
Bhatti, medico vissuto per molti anni in Italia, ha ripercorso lo svolgersi della vicenda che ha riportato in primo piano la discussa legge sulla blasfemia in Pakistan, per la quale la piccola Rimsha rischiava la condanna a morte, prima che venisse alla luce come all’origine dell’arresto ci fossero false accuse costruite da un imam, poi a sua volta arrestato. Ha ricordato anche che Rimsha “non sa né leggere né scrivere e soffre di un ritardo mentale”.
Bhatti ha puntato il dito non contro la legge sulla blasfemia ma contro l’uso “scorretto” e strumentale che ne viene fatto “per interessi particolari”, come nel caso di Rimsha dai fondamentalisti islamici che volevano alimentare gli scontri coni cristiani e cacciare dalla zona, alla periferia di Islamabad, le famiglie cristiane, molte delle quali sono effettivamente fuggite durante le sollevazioni della folla inferocita. Bhatti in quei giorni si è attivato parlando con gli imam, che hanno subito bloccato gli scontri. E anche gli ulema si sono resi conto che il caso era stato fabbricato per cacciare i cristiani.
“Gli imam – ha aggiunto il consigliere per le minoranze – sono ora determinati a che non ci siano più episodi come questo, che non ci siano più vittime innocenti colpite in nome dell’Islam”.
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Appello di pace
Uomini e donne di religioni diverse ci siamo riuniti su invito della Comunità di Sant’Egidio, delle Chiese ortodossa e cattolica e delle Comunità islamica e ebraica in questa terra, bella ma ferita dall’ultima guerra combattuta in Europa. Tanti a Sarajevo ricordano quel doloroso conflitto. Tutti a Sarajevo, e tutte le Comunità religiose e nazionali ricordano a noi tutti come la guerra è un grande male e lascia un’eredità avvelenata. Bisogna evitare con tutte le forze di scivolare nella spirale terribile dell’odio, della violenza e della guerra. Il vicino non deve trovarsi a lottare con il vicino perché appartiene a un’altra religione o a un’altra etnia. Mai più in questa terra! Mai più in nessuna parte del mondo!
Ci siamo chiesti: la convivenza tra gente di religione o di etnia diversa porta in sé i germi dell’odio e della violenza? No. Così non deve essere. Anche se, purtroppo, troppi paesi soffrono per la violenza, la guerra, l’insicurezza. Siamo in un tempo in cui sempre più gente diversa si avvicina geograficamente. Ma non basta. Occorre avvicinarsi nel profondo. Bisogna farlo spiritualmente pur nella differenza delle religioni.
Siamo diversi. Ma la nostra unanime convinzione è questa: vivere insieme tra gente diversa è possibile in ogni parte del mondo, è molto fecondo. E’ possibile a Sarajevo e ovunque. Bisogna preparare con responsabilità il futuro. Grande è la responsabilità delle religioni in questo. In questi giorni a Sarajevo abbiamo vissuto la grazia del dialogo e visto come costruire il futuro.
Invece oggi, in un tempo di crisi economica, è forte la tentazione di ripiegarsi, anzi di incolpare gli altri popoli dei propri problemi, quelli del passato o del presente. Così un popolo diventa per l’altro straniero o nemico. Si sviluppano pericolose culture del risentimento, dell’odio, della paura. Ma nessun popolo è nemico: tutti hanno sofferto, tutti hanno un’anima buona! Tutti possono vivere insieme!
Le religioni hanno un grande compito: parlano di Dio al cuore dell’uomo e lo liberano dall’odio, dai pregiudizi, dalla paura, e lo aprono all’amore. Cambiano l’uomo e la donna dal di dentro. Le religioni possono insegnare a ogni uomo e ogni donna e ai popoli l’arte di vivere insieme attraverso il dialogo, la stima reciproca, il rispetto della libertà e della differenza. Possono, così, creare un mondo più umano. Perché siamo tutti uguali e tutti diversi.
Bisogna avere un nuovo coraggio di fronte alle difficoltà. Guardando lontano, si deve creare nel dialogo una lingua fatta di simpatia, di amicizia, di compassione. Questa lingua comune ci consente di parlarci, vedendo la bellezza delle differenze e il valore dell’uguaglianza. Vivere insieme in pace è volontà di Dio.
L’odio, la divisione, la violenza, le stragi e i genocidi, non vengono da Dio. Chiediamo a Dio nella preghiera il dono della pace. Sì, Dio conceda al mondo e a noi tutti il grande dono della pace!
Andrea Riccardi
ministro per la Cooperazione
Fonte: www.avvenire.it
12 settembre 2012