Rete Disarmo denuncia i nuovi tentativi di demolire le leggi sugli armamenti
Rete Disarmo
Davvero vogliamo il far west delle armi in Italia? Rete Disarmo si oppone alla distruzione pezzo per pezzo della legislazione di controllo sulle armi.
“Ieri un altro passo verso lo smantellamento dei controlli è stato fatto in entrambi i rami del Parlamento. Al Senato, durante la discussione sulla legge di rifinanziamento delle missioni militari, si è cercato con un emendamento di far passare una modifica decisiva sulla definizione di legge di 'arma da fuoco'. Contemporaneamente, alla Camera è stato approvato un articolo nella Legge Comunitariache delega il Governo a riscrivere una parte della legislazione in materia di esportazione di armamenti”. Lo denuncia con un comunicato diffuso ieri, la Rete Disarmo che è allarmata “perla strategia in atto di evitare una discussione parlamentare di complessivo riordino della materia”.
“Con la scongiurata approvazione dell’emendamento della Lega tendente ad eliminare il Catalogo Nazionale delle armi da sparo, ieri l’Italia ha rischiato un passo verso un far west armiero. Per fortuna alcuni senatori si sono opposti al tentativo di blitz durante la discussione sulla legge di rifinanziamento delle missioni militari” – afferma Francesco Vignarca coordinatore di Rete Italiana per il Disarmo. “Noi continueremo a contrastare i vari tentativi in corso da tempo verso uno smantellamento dei controlli sugli armamenti, sia per la circolazione intera che per l’export. Bene ha fatto il senatore Casson a citare i recenti fatti di sangue di Oslo: con questa spinta verso una deregolamentazione senza nuove forme di controllo ad essere favorita sarà la criminalità organizzata”.
La posizione di Rete Disarmo – di cui fanno parte oltre trenta organismi impegnati sui temi del controllo degli armamenti – continua ad essere quella già espressa in numerose prese di posizione pubbliche: aumentare gli standard di controllo dei trasferimenti di armamenti partendo dall’esperienza e dal buon impianto della legislazione esistente adeguandola alle normative internazionali. Il che significasottoporre anche tutte le armi leggere alla legge 185/90 ed accogliere finalmente la Posizione comune UE sui broker (i trafficanti) di armi. Diversamente avremo ancora casi come quello degli oltre 11.000 fucili e pistole consegnati a Gheddafi nel 2010 con la semplice autorizzazione del Prefetto di Brescia e la recente vicenda delle armi leggere finite in mano ai ribelli libici nonostante un ordine di distruzione della magistratura (armi che erano state confiscate ad un trafficante russo che non si è potuto condannare per mancanza di giurisdizione e legislazione in merito).
Ieri, un passo verso lo smantellamento dei controlli è stato fatto in entrambi i rami del Parlamento. Al Senato ancora una volta con lo stesso metodo – inserimento di un emendamento in provvedimento di altro tema – si è tentato di far passare una modifica decisiva sulla definizione di legge di ‘arma da fuoco’. Ciò avrebbe indebolito la legge 110/75 che ha sempre dimostrato un grosso controllo sulla circolazione interna di armi pur essendo molto debole sull’export.
“Chi ha proposto l’emendamento è sicuramente alfiere della lobby armiera, che peraltro il 1 luglio scorso, in un comunicato del presidente dell’ANPAM (Associazione Nazionale Produttori Armi e Munizioni), aveva dettato la linea” – afferma Carlo Tombolacoordinatore scientifico di OPAL (Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere di Brescia). Nel comunicato in questione si legge infatti che: “In relazione al Catalogo nazionale, pensiamo che l’attenzione dedicata ai requisiti di catalogazione dovrebbe essere spostata verso l’aderenza al criterio unico di accesso alle armi comuni da parte dei cittadini europei riservando a forze e corpi armati dello Stato solo la categoria A (Armi da fuoco proibite), e considerando tutte le altre come armi consentite". In questo senso sono del tutto errate e fuorvianti le dichiarazioni, fatte da alcuni Parlamentari in aula per cercare di tranquillizzare gli oppositori, tendenti ad affermare che le armi di natura militare sarebbero già ampiamente normate dalla 185/90. Se ciò è vero per alcune di esse (ma non per tutte, tanto che nel caso libico già ricordato fucili che sono in dotazione ai marines USA si sono venduti senza controllo e comunicazione pubblica di dati) bisogna però ricordare che la legge in questi one disciplina solo l’export e non la vendita all’interno dei nostri confini.
Rete Disarmo denuncia come "ancora una volta la presunta aderenza alla normativa europea è il grimaldello con cui si tenta di intervenire sulle leggi che regolano la produzione e il commercio delle armi". Rete Disarmo si è già opposta a questa ipotesi di riordino per mezzo di Legge Delega e, anche se nella prima lettura al Senato la portata di tale delega si è ristretta, conferma la propria contrarietà a questa proposta che in sordina e sotto il falso abito di passaggio “tecnico” permette al Governo una mano libera pericolosa sulle norme e i controlli delle esportazioni di armi: su questi temi un’approvazione senza un vero confronto nelle competenti sedi istituzionali è sicuramente un rischio per la democrazia e la sicurezza. Tanto più che i dati degli ultimi anni, desunti proprio dalle Relazioni al Parlamento che la trasparenza delle attuali norme impone al Governo, dimostrano come siano costantemente cresciuti i trasferimenti di armi italiane all’estero. "Se invece la Legge Comunitaria passerà indenne anche la seconda lettura in Senato sarà poi l’esecutivo a scrivere, attraverso un decreto legislativo, le norme sul commercio di armi sulla base delle poche indicazioni contenute articolo approvato. Senza alcuna trasparenza e senza nessun confronto in Parlamento" – sottolinea la nota di Rete Disarmo.
Ciò succede proprio mentre a livello di Nazioni Unite sono ormai in dirittura d’arrivo per il 2012 i lavori di stesura di un Trattato Internazionale sui Trasferimenti di Armi (ATT)vincolante per tutto il mondo. Anche in Europa ci si sta muovendo in tal senso, eppure il nostro Governo (sia nelle ipotesi di riforma della legislazione italiana sia nelle sedi internazionali) sta “continuando a voler mantenere la differenziazione normativa tutta nostrana tra armi leggere ad uso civile e armi leggere ad uso militare, che permette alle nostre industrie con il placet dei nostri governi disinvolte esportazioni in diversi paesi problematici – sottolinea Maurizio Simoncellivicepresidente di Archivio Disarmo (Istituto di ricerca parte della Rete) – con l’aggravante che non è obbligatoria nemmeno la comunicazione dei dati in sede europea”.
Secondo la Rete Italiana per il Disarmo questa rimane, insieme alla non ratifica della Posizione Comune dell’Unione Europea (2003/468/PESC – qui in .pdf) obbligatoria sui trafficanti (e stranamente in questo caso non si corre per “evitare le multe” come evocato ieri al Senato), una grave lacuna del nostro ordinamento ed un pericolo per l'intera comunità internazionale. Ci troviamo di fronte ad un Governo che nei fatti opera sempre più in pericolosa contro-tendenza mondiale in un settore altamente delicato.
A vantaggio di chi? “Sicuramente dell’industria armiera e di produzione militare, come abbiamo più volte detto – conclude Francesco Vignarca – e nel caso di questo colpo di mano tentato al Senato forse si può intravedere anche la volontà di poter armare facilmente, e senza problemi di natura legale e di export, i vigilantes privati che un recente Decreto-Legge di metà luglio permetterà di imbarcare sulle navi italiane a protezione degli assalti dei pirati”.
Fonte: Unimondo.org
28 luglio 2011