Respingimenti, si muove il Parlamento europeo
Redattore Sociale
In seguito alla nostra inchiesta, la commissione Libertà Civili chiede chiarimenti alla commissaria Malmstrom e l’accesso agli accordi italo
Dopo l’inchiesta di Redattore Sociale (vedi lanci del 28.08.2011)i respingimenti in mare arrivano all'europarlamento. La commissione Libertà Civili del Parlamento Europeo ha deciso di inviare una lettera alla Commissaria Cecilia Malmström per invitarla a essere presente alla prossima riunione della commissione per fornire informazioni e chiarimenti sui recenti episodi di respingimento in mare da parte di autorità italiane di battelli provenienti dalla Tunisia, in violazione della Convenzione di Ginevra sui Rifugiati. La lettera, che sarà inviata nei prossimi giorni, dovrebbe chiedere anche l'accesso al trattato bilaterale siglato tra Roma e Tunisi, al momento non pubblico. L’azione è stata intrapresa su richiesta del Gruppo della Sinistra Unitaria Europea / Sinistra Verde Nordica (GUE/NGL). La prossima riunione della Commissione è prevista per il 19 settembre.
Anche la portavoce dell’Acnur, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati, ha espresso un giudizio negativo sui fatti del 21 agosto, quando 104 migranti che erano stati soccorsi in mare perché la loro barca era in avaria, furono respinti dalla nave Borsini della Marina Militare che li consegnò a una motovedetta tunisina. "Abbiamo scritto alle autorità competenti esprimendo preoccupazione per l’avvenuto respingimento – ha detto Laura Boldrini – La nostra posizione rimane la stessa: no ai respingimenti. Chiediamo semplicemente l’accesso al territorio, la procedura di identificazione, l’accesso alla procedura di asilo e – in caso negativo – il provvedimento di respingimento. Chiediamo solo l’applicazione della legge. Anche se sappiamo che i tunisini sono spesso migranti economici, l’esame deve comunque essere individuale poiché la legge non ammette provvedimenti collettivi di allontanamento dal territorio".
Sulla vicenda Amnesty International ha scritto in un comunicato pubblicato sul suo sito di essere si “fortemente preoccupata per le notizie relative a un'operazione di rinvio forzato (c.d. respingimento) risalente al 21 agosto, dopo che navi italiane avevano intercettato un'imbarcazione proveniente dall'Africa del Nord e diretta a Lampedusa. Alla luce di queste notizie, l'organizzazione per i diritti umani chiede alle autorità italiane di chiarire immediatamente le circostanze dell'episodio e di desistere da ogni ulteriore operazione del genere”. L’Ong ricorda i respingimenti in Libia del 2009 che “avevano dato luogo a gravi violazioni dei diritti umani, tra cui l'allontanamento forzato di migranti, richiedenti asilo e rifugiati verso la Libia, paese in cui erano andati incontro ad arresti, torture e condizioni detentive agghiaccianti”.
Amnesty International chiede alle autorità italiane che “ogni operazione di pattugliamento in acque nazionali e internazionali abbia come obiettivo principale assicurare la salvezza e l'incolumità delle persone che si trovano in mare”. Il comunicato prosegue: “Le imbarcazioni addette al pattugliamento dovrebbero individuare e soccorrere coloro che si trovano in difficoltà e fornire loro immediata assistenza, invece di cercare di intercettarle con l'intento di "respingerle" verso il paese di provenienza o un paese terzo. Le autorità italiane non dovrebbero intercettare in mare rifugiati, richiedenti asilo e migranti se non per soccorrerli o per motivi di applicazione della legge sulla base di indizi ragionevoli. Intercettando in mare e "respingendo" persone che potrebbero cercare di raggiungere l'Italia, senza identificarle, sottoporle a un esame individuale e offrire loro l'accesso a procedure eque e soddisfacenti d'asilo, l'Italia viola, tra l'altro, il principio di non refoulement (non respingimento). Amnesty International è inoltre preoccupata per il fatto che il "respingimento" del 21 agosto potrebbe essere stato eseguito in conseguenza dell'accordo raggiunto tra le autorità italiane e quelle tunisine il 5 aprile 2011, i cui contenuti non sono stati pienamente resi pubblici”.
Fonte: Redattore sociale
02 settembre 2011