Rapporto Aur: “In Umbria l’8% delle famiglie sotto la soglia della povertà”


Alessandra Tarquini - Vis


L’annuale rapporto dell’Aur e dell’Osservatorio sulle povertà giunge alla sua quarta edizione e dà vita ad un dibattito in cui sono coinvolte tutte le parti in campo: le istituzioni, le associazioni, il mondo della scuola, dell’informazione e della comunicazione: "La povertà è una grande sfida che l’Umbria responsabile e solidale non ha nessuna intenzione di perdere".


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Rapporto Aur: "In Umbria l'8% delle famiglie sotto la soglia della povertà"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’8 per cento delle famiglie umbre si trova sotto la soglia della povertà. Una quota consistente della popolazione regionale, ma inferiore alla media nazionale che si attesta all’11 per cento.

Questo una delle sorprendenti informazioni raccolte nel quarto rapporto sulla povertà in Umbria a cura della Agenzia Umbria Ricerche e dell’Osservatorio sulle povertà in Umbria presentato lunedì 29 ottobre 2007 a Terni presso Palazzo Gazzoli alla presenza di tutti gli attori coinvolti nella lotta alla povertà nello scenario regionale: dalla presidente della Regione Umbria, Maria Rita Lorenzetti, all’assessore regionale alle politiche sociali, Damiano Stufara, il vescovo delegato per la Conferenza Episcopale Umbra, monsignor Riccardo Fontana, e il vescovo di Terni, monsignor Vincenzo Paglia, il sindaco di Terni, Paolo Raffaelli, il presidente dell’Aur, Claudio Carnieri, e i ricercatori che hanno lavorato alla stesura del rapporto, Paolo Montesperelli e Elisabetta Tondini, insieme a tutti i rappresentanti delle organizzazioni della società civile.

“Tra queste famiglie colpite dalla povertà, circa il 2 per cento – ha sottolineato il ricercatore Paolo Montesperelli – vive in condizione di povertà estrema. C’è poi tutta una fetta di popolazione, circa 24 mila soggetti, che non essendo residenti, sfuggono a qualsiasi tipo di rilevazione. I soggetti più colpiti dalla povertà hanno un’età media intorno ai 48 anni e in coppia non raggiungono un reddito superiore ai 900 euro. Per questo motivo incontrano reali difficoltà ad arrivare alla fine del mese. In questo contesto assume un rilievo la povertà dei minori che, oltre a contraddire il principio di uguaglianza provoca uno svantaggio nel lungo periodo, visto che chi nasce in famiglie povere ha minori possibilità di emergere e maggiori probabilità di cronicizzate la propria condizione di disagio”.

Il Rapporto considera sia coloro stanno molto al di sotto della soglia della povertà, sia chi sfiora questa soglia. In entrambi i casi le statistiche ufficiali attribuiscono all’Umbria un’incidenza del fenomeno più elevata di quella che caratterizza il Centro Italia. Le situazioni di grave indigenza sono da attribuire prevalentemente alla carenza di beni primari, denaro, vestiti, cibo, o alla diffusa “emergenza lavoro”.

Altra caratteristica è che la povertà estrema assume un volto diverso da quello stereotipato: non è solo quello degli immigrati, perché per un terzo la povertà colpisce gli umbri, e non coincide con i vecchi barboni, ma con uomini e donne dall’età media di circa 42 anni. Da sfatare alcune supposizioni sulle persone che in Umbria sono colpite da povertà: non si tratta solo di persone sole, ma quasi la metà è composta da coniugati. Non sono solo persone “senza fissa dimora”, ma l’85 per cento ha un domicilio stabile. Dal rapporto inoltre si rileva un’altra caratteristica sorprendente: la povertà non colpisce solo le persone con un basso livello di scolarizzazione, ma anche coloro che hanno un livello d’istruzione medio-alto.

Accanto ai dichiaratamente poveri c’è chi sta appena al di sopra della soglia di povertà che corre il rischio di ritrovarsi tra i cosiddetti “nuovi poveri”. Si tratta del 7 per cento delle famiglie umbre (la media per il Centro Italia è del 6,8) con una prevalenza di nuclei familiari numerosi, oppure formati da anziani, donne sole e famiglie monogenitoriali. E non solo. Tra le caratteristiche c’è anche una bassa istruzione, la disoccupazione, il lavoro precario, l’attraversamento di alcune fasi della vita come il passaggio dal lavoro alla pensione.

Il rapporto prende in esame anche le “povertà estreme”, ovvero quei casi in cui ci troviamo di fronte a soggetti che non hanno a disposizione neanche i beni primari. Sono loro i principali utenti della Caritas in tutte le sedi umbre. Tra marzo e maggio 2005 i ricercatori dell’Aur e dell’Osservatorio hanno preso in esame 1020 casi di utenti per capire quali erano le loro richiese e, di conseguenza, i loro bisogni. La percentuale degli utenti immigrati che si rivolgono alla Caritas per circa due terzi è composta da immigrati, di cui molti senza permesso di soggiorno. Ma ci sono anche “i poveri della quarta settimana”, cioè le famiglie che con gli introiti non riescono a coprire le spese per tutto il mese e così si rivolgono alla Caritas per bisogni materiali come il pagamento di utenze scadute, richiesta di micro crediti per pagare l’affitto o le spese per l’auto.

“Questo tipo di povertà – ha dichiarato Montesperelli – tocca sia gli umbri che gli immigrati, ma in particolar modo le donne, specie le immigrate”.

“Un aspetto del fenomeno che va portato sempre di più in primo piano – ha commentato il presidente dell’Aur, Claudio Carnieri – è che la povertà quasi mai ha la ‘parola diretta’. In pratica i poveri non hanno voce, e quindi nessuna contrattualità, se non quella delle singolarità delle persone e dei loro nuclei familiari, quando esistono almeno piccole reti territoriali o di gruppo, sempre più ridotte. E’ fondamentale per le istituzioni una capacità di azione volta a portare in primo piano i percorsi di solidarietà sociale, di formazione, di incivilimento, per far avanzare una visione aperta della comunità dove libertà ed uguaglianza siano perseguite da tutti”. “Il nostro Rapporto – ha aggiunto Carnieri– vuole essere uno strumento per conoscere, per elaborare e costruire politiche, ma anche per far avanzare nella nostra regione una coscienza civile complessiva che sia capace di questa dimensione critica, aperta, attenta a cogliere come, per ciascuno, la nostra umanità ci venga rinviata criticamente dall’umanità e dalla dignità dell’altro”.

Importante la voce degli amministratori locali nella riflessione avviata durante la presentazione del rapporto.

“Non servono politiche riparatorie – ha detto l’assessore Stufara – Così come non sono utili una solidarietà compassionevole e politiche centralistiche che poggiano solo sul terzo settore. Occorre ‘fare rete’ per avere una società con più uguaglianza sociale ed economica con al centro la persona con i suoi diritti ed i suoi bisogni. Il tema della povertà – ha aggiunto – non può più rimanere ai margini del confronto politico. ‘Fare società’ significa assumere le povertà come elemento non ineluttabile, che si può, anzi si deve, affrontare e combattere. Senza rassegnazione, ma con la consapevolezza che la politica deve porsi l’obiettivo del cambiamento. A proposito la Regione Umbria sta portando avanti politiche attive del lavoro a contrasto della precarietà, politiche per i servizi socio-educativi per l’infanzia e i minori, per i non autosufficienti e per la casa con un finanziamento di circa 140 milioni di euro per il prossimo triennio”. Stufara ha poi evidenziato che “parlare di povertà significa affrontare molte questioni”. “Non si è poveri solo sul versante economico – ha detto – ma esiste anche la povertà culturale che genera altre debolezze. C’è il disagio delle giovani generazioni che partono svantaggiati perché provengono da famiglie con un basso reddito o che non hanno un lavoro stabile, c’è la povertà delle famiglie che hanno a carico anziani e soggetti non autosufficienti da assistere. A tutte queste persone, circa 140 mila, è doveroso offrire delle opportunità per vivere meglio”. Per monsignor Fontana “il Rapporto ci aiuterà a prendere atto che non basta offrire a tutti gli stessi servizi, ma dovremo imparare a prestare a ciascuno ciò che gli serve”. “I Comuni devono lavorare per rispondere alla disperazione acuta del nuovo povero – ha detto il sindaco di Terni, Paolo Raffaelli – anche fronteggiando l’emergenza immediata”.
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