Rapporto 2007 Onu sullo Sviluppo Umano: l’umanità resista al cambiamento climatico
La redazione
I cambiamenti climatici minacciano di provocare inversioni di tendenza dello sviluppo umano senza precedenti. Ieri la presentazione del Rapporto sullo Sviluppo Umano 2007/08.«Quello che lanciamo è un monito ad agire, non un grido di disperazione», ha detto Kevin Watkins, autore principale del Rapporto e Direttore dell’Ufficio del Rapporto sullo sviluppo umano.
Brasilia, 27 novembre 2007 – Con i governi che si preparano a riunirsi a Bali, Indonesia, per discutere il futuro del Protocollo di Kyoto, il Rapporto sullo sviluppo umano dell’UNDP, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, ammonisce il mondo a concentrarsi sull’impatto dei cambiamenti climatici sullo sviluppo, che potrebbe determinare inversioni di tendenza senza precedenti nella lotta alla povertà e nei settori dell’alimentazione, della salute e dell’istruzione.
Il Rapporto, Resistere al cambiamento climatico, fornisce un’approfondita analisi della minaccia costituita dal riscaldamento globale. Afferma che il mondo si sta avvicinando a un «punto di svolta», che potrebbe far precipitare i paesi più poveri del mondo, e i loro cittadini più poveri, in una spirale discendente ed esporre centinaia di milioni di persone a malnutrizione, carenza idrica, rischi ecologici e perdita dei mezzi di sostentamento.
«In definitiva, i cambiamenti climatici costituiscono una minaccia per l’intera umanità, ma sono i poveri, una categoria che non ha alcuna responsabilità per il debito ecologico che stiamo accumulando, a dover affrontare i costi umani più gravi e immediati», ha commentato l’amministratore dell’UNDP, Kemal Derviş.
Il Rapporto esce in un momento chiave per i negoziati relativi a un accordo multilaterale per il periodo successivo al 2012, data di scadenza dell’attuale periodo di adempimento del Protocollo di Kyoto. Propone un approccio a «due binari», che associ una mitigazione rigorosa mirata a contenere il riscaldamento nel XXI secolo entro i 2°C a una cooperazione internazionale rafforzata sull’adattamento climatico.
Riguardo alla mitigazione, gli autori esortano i paesi industrializzati a dare prova di leadership riducendo le emissioni di gas serra entro il 2050 di almeno l’80 per cento rispetto ai livelli del 1990. Il Rapporto propone un mix di tasse sulle emissioni, sistemi più rigorosi di contenimento e scambio di quote di emissioni, regolamentazione del settore energetico e cooperazione internazionale a sostegno del trasferimento di tecnologie a basse emissioni.
In tema di adattamento, il Rapporto ammonisce che le disuguaglianze nella capacità di far fronte ai cambiamenti climatici si stanno rivelando vettori sempre più potenti di disuguaglianze crescenti tra paesi e nei paesi al loro interno, e invita i paesi ricchi a porre l’adattamento ai cambiamenti climatici al centro della cooperazione internazionale per la riduzione della povertà.
«Quello che lanciamo è un monito ad agire, non un grido di disperazione», ha commentato Kevin Watkins, autore principale del Rapporto e Direttore dell’Ufficio del Rapporto sullo sviluppo umano (HDRO), aggiungendo: «Lavorando insieme con determinazione, possiamo vincere la lotta contro i cambiamenti climatici. Permettere che la finestra temporale a nostra disposizione per risolvere il problema si chiuda sarebbe un fallimento morale e politico senza precedenti nella storia dell’umanità». I negoziati di Bali sono visti come un’opportunità unica per porre gli interessi dei poveri del mondo al centro del dibattito sui cambiamenti climatici.
Il Rapporto descrive i meccanismi attraverso i quali gli impatti ecologici dei cambiamenti climatici si ripercuoteranno sui poveri. Concentrando l’attenzione sui 2,6 miliardi di persone che sopravvivono con meno di 2 dollari al giorno, gli autori avvertono che le forze scatenate dal riscaldamento globale potrebbero arrestare e poi invertire i progressi compiuti nel corso di generazioni. Tra le minacce per lo sviluppo umano individuate in Resistere al cambiamento climatico figurano:
• Il crollo dei sistemi agricoli, in conseguenza della maggiore esposizione a siccità, dell’aumento della temperatura e dell’imprevedibilità delle precipitazioni, che potrebbe costringere altri 600 milioni di persone in condizioni di malnutrizione. Le zone semiaride dell’Africa subsahariana, dove si registrano concentrazioni di povertà tra le più elevate del mondo, corrono il rischio di subire una perdita potenziale di produttività del 26 per cento entro il 2060.
• Il numero di persone che vivono in condizioni di stress idrico potrebbe aumentare di 1,8 miliardi entro il 2080, con vaste aree dell’Asia meridionale e della Cina settentrionale esposte a gravi crisi ecologiche dovute al ritiro dei ghiacciai e alle alterazioni nei regimi pluviometrici.
• Migrazione di 332 milioni di persone dovuta a inondazioni e tempeste tropicali nelle zone costiere e poco sopra il livello del mare. Oltre 70 milioni di bangladesi, 22 milioni di vietnamiti e 6 milioni di egiziani potrebbero essere colpiti da inondazioni dovute al riscaldamento globale.
• Rischi emergenti per la salute, con un aumento di 400 milioni del numero di persone esposte al rischio di malaria.
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