Quel che non abbiamo potuto chiedere a Mr. President Obama
Tommaso Di Francesco - Il manifesto
Casa Bianca. Sei domande a Barack Obama. Non solo l’Ucraina, anche il costo degli F35, le atomiche italiane, la guerra delle sanzioni.
Signor Presidente, Lei ha ripetuto che la crisi ucraina non è la riedizione della «guerra fredda», per trarne la conclusione che allora c’erano due blocchi contrapposti ora invece Putin è isolato. Se non è più la guerra fredda, dal crollo del Muro di Berlino nell’89 e dalla fine dell’Urss nel dicembre 1991, perché gli Stati uniti insieme agli altri alleati atlantici europei, hanno attivamente lanciato la strategia dell’allargamento della Nato a Est? Inglobando così tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia, esclusa la Russia, nell’Alleanza atlantica prima nemica, proprio mentre il patto di Varsavia, anello di sicurezza militare dell’ex Unione sovietica invece si scioglieva? È credibile o no che questa strategia di allargamento della Nato a Est, con relativi sistemi d’arma, basi militari, Scudo antimissile, rivisitazione dei bilanci statali in funzione di una accresciuta e tecnologica spesa militare, sia stato interpretata da Mosca come espansione aggressiva? Era davvero necessario portare le forze della Nato a ridosso delle frontiere russe, anche con l’Ucraina inserita nel partenariato atlantico, tanto da scatenare la risposta corrispettiva in Crimea, dove storicamente ha sede la Flotta russa del Mar Nero?
Signor Presidente, Lei ha insistito su un concetto che ci è caro: «Kiev non deve scegliere tra est e ovest». Parole sacrosante. Ma allora come giudica il fatto che l’Unione europea ha insistito prima per offrire il trattato di associazione — non l’adesione, quindi poca cosa rispetto alle urgenze economiche ucraine — pretendendo comunque che Kiev rompesse con la Comunità degli Stati indipendenti legata a Mosca e con la rispettiva unione doganale. Non è forse questa una costrizione a scegliere tra est e ovest? E l’aver incitato come ha fatto il Segretario di Stato John Kerry in piazza Majdan, una rivolta, certo anche contro la corruzione ma dal forte carattere nazionalista, anche di destra estrema, e sicuramente antirussa:, non è stato un altra forzatura perché quel Paese scegliesse tra est e ovest?
Signor Presidente, l’ambasciatore degli Stati uniti in Italia con gesto significativo ha raggiunto in questi giorni il complesso di montaggio di Cameri che mette insieme i pezzi dei caccia F35 che arrivano «generosamente» dalla multinazionale americana Lockheed Martin. Lei ha dichiarato: «A volte l’azione militare è giustificata». Ma l’F35 non è uno strumento di difesa, ma di first strike, cioè da primo attacco, armato anche con testate atomiche: cioè strumento d’offesa, di guerra dichiarata. Inoltre il Pentagono stesso avverte sui troppi difetti del cacciabombardiere. Visto l’altissimo costo per lo Stato italiano, impegnato ora in una spending rewieu che minaccia occupazione e welfare, può spiegare perché mai dovremmo acquistarli, spendendo cifre colossali di miliardi di euro? Lei ha affermato che «la libertà non è gratis». Ma chi attenta alla libertà occidentale se non esiste più un sistema antagonista come i paesi socialisti organizzati in blocco, dove regnano gli stessi valori del mercato e della democrazia rappresentativa, ma esistono sistemi economici assai competitivi con i nostri (come per la Russia)? O è forse la Cina dirigista e iper-capitalista a metter in pericolo la libertà di mercato occidentale?
Signor Presidente, il vertice di questi giorni all’Aja delle potenze atomiche è tornato sulla «sicurezza nucleare» in Europa. Il Parlamento europeo nel 2004 ha votato alla quasi unanimità un documento che chiede agli Stati uniti di ritirare dall’Europa le circa 200 testate atomiche Usa disseminate nel Vecchio continente, 70 delle quali conservate anche in Italia a Ghedi e Aviano (chissà se Renzi lo sa?!). Per la sicurezza italiana le chiediamo: quanto tempo dovrà passare perché ritiriate dal nostro territorio nazionale queste armi micidiali che contribuiscono tra l’altro a militarizzare il territorio, trasformandolo in target delle atomiche «nemiche»?
Signor Presidente, non crede che l’allarme sull’Ucraina lanciato proprio dalla Casa bianca: «È violato il diritto internazionale» venga da un pulpito piuttosto squalificato, cioè da parte di un’Amministrazione come quella statunitense in guerra e occupante di altri paesi (Iraq, Afghanistan, Libia, se lo ricorda l’11 settembre del 2012 a Bengasi?); che inoltre ha un lager fuorilegge a Guantanamo (a Cuba, in un altro Paese); che continua ogni giorno la guerra dei droni in Afghanistan e Pakistan che uccide migliaia di civili da «effetti collaterali». E che, dopo le promesse del suo discorso del 2009 al Cairo, lascia la questione palestinese nel silenzio e nel sangue: una ferita al diritto internazionale, con ben due Risoluzioni dell’Onu da più di 40 anni chiedono a Israele di ritirarsi dai Territori occupati, mentre invece si espandono gli insediamenti dei coloni ebraici? Che resta di questa voglia americana di esportazione democrazia e libertà nel mondo con la distruzione della guerra? Anche perché il ruolo dell’agenzia d’intelligence Usa Nsa verso la leadership europea, denunciato dal caso Snowden, è o no un segnale di non rispetto della libertà altrui?
Signor Presidente, non crede che l’Unione europea, per le necessità della sua economia e per gli approvvigionamenti di energia, nonché per la sua autonomia politica — visto che esiste solo come moneta e alleanza militare Nato — non abbia assolutamente bisogno della guerra di sanzioni alla Russia che Washington sta innescando, anche per suo tornaconto, perché così può ristabilire un nuovo rapporto di dipendenza con il Vecchio continente a partire proprio dalla fornitura di energia? Quanto alla Nato, se c’è bisogno di difesa in Unione europea, non dovrebbe essere «europea»? L’Alleanza atlantica, per statuto è comandata da un generale americano. Un’Unione europea che, dentro la crisi che ci attanaglia, tagli comunque la crescita della spesa militare per aprire invece «granai e diplomazia di pace». Renzi (accanto a Lei), che cita a ogni pie’ sospinto, il fiorentino Giorgio La Pira — che pacifista lo era davvero — dovrebbe essere d’accordo. O no?
Fonte: il Manifesto
28 marzo 2014