Quanto vale la vittoria di Qusayr?


Michele Giorgio - Near Neast News Agency


Molto, non c’e’ dubbio. Ma non risolve la guerra civile a favore delle forze governative. Intanto Francia e Gb premono per “azioni” contro Assad, dopo “conferma” uso armi chimiche.


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QUASYR

Soltanto martedì la battaglia per il controllo di Qusayr pareva destinata a prolungarsi ancora per molti giorni. «I ribelli tengono le posizioni», grazie a rinforzi giunti da Aleppo e da altre zone del Nord del Paese, raccontavano le notizie provenienti dalla strategica cittadina di frontiera, circordata dalle forze governative da metà maggio. A sorpresa ieri mattina i comandi militari hanno annunciato, attraverso la televisione di stato, che Qusayr, una delle principali roccaforti dei ribelli per più di un anno, è tornata sotto il pieno controllo di Damasco. Grazie a un massiccio attacco, lanciato all’alba, le truppe governative hanno rapidamente avuto la meglio sugli avversari, asserragliati nel 20% della città, costringendoli a fuggire.

Sarebbe stato un bagno di sangue, con «centinaia di morti», a sentire gli stessi ribelli che puntano l’indice sui guerriglieri del movimento sciita libanese Hezbollah che combattono in appoggio all’Esercito siriano. Le immagini trasmesse dalla televisione di stato però hanno mostrato soldati in festa in una città deserta, in parte ridotta in macerie, con palazzi sventrati dalle esplosioni. Come sia andata a Qusayr sarà difficile accertarlo, a causa dell’assenza di fonti indipendenti.

E’ difficile valutare quanto peserà questa vittoria sugli esiti della guerra civile. Di sicuro è una vittoria importante che conferma che le forze governative agli ordini di Bashar Assad, di fronte a un’opposizione litigiosa e frammentata, si stanno riorganizzando e sono all’offensiva su vari fronti. Lo dicono anche i successi ottenuti nel sud del Paese e, sempre ieri, in un sobborgo di Damasco, Johar, da dove i ribelli prendevano di mira con i mortai la capitale, non mancando di puntare sulla stessa ambasciata della Russia (alleata di Assad), come è avvenuto appena qualche ora fa.

Con la regione di Qusayr nelle sue mani, l’Esercito potrà controllare i traffici di armi destinati ai ribelli e puntare alla cattura degli ultimi quartieri di Homs ancora nella mani degli oppositori. Senza sottovalutare che per Homs e Qusayr devono passare per forza il petrolio e il gas delle regioni orientali del Paese cadute nei mesi scorsi nelle mani dei ribelli.

Potrebbe significare anche poco se l’Esercito di Bashar Assad non avrà presto la forza di combattere da solo. E’ evidente che i recenti successi dei militari governativi sono stati dovuti in buona parte all’aiuto di Hezbollah. Il movimento sciita starebbe ora ammassando guerriglieri – ben addestrati – insieme a civili armati dei comitati popolari filo governativi nella provincia di Aleppo, per aiutare l’Esercito a riprendere la parte della città catturata dai ribelli un anno fa. Il movimento sciita però non potrà rimanere all’infinito in territorio siriano. La sua scelta, politica e militare, di scendere in campo a favore di Bashar Assad, sta generando grande fermento tra i sunniti radicali in Libano e, pertanto, deve tenere conto dei fragili equilibri interni al Paese dei Cedri.

Non è chiaro cosa comporterà la perdita di Qusayr per i ribelli. «La santa rivoluzione continua. La vittoria è dalla parte dei giusti, coloro che hanno resistito all’oppressione e all’ingiustizia», ha fatto sapere la Coalizione Nazionale, il braccio politico dell’opposizione siriana. La bastosta però è stata forte per i ribelli armati che ora chiamano alla «liberazione del Paese» dall’occupazione straniera (Hezbollah), dimenticando le migliaia di combattenti jihadisti giunti da ogni parte del mondo per unirsi alla guerra contro Assad.

Su questo sfondo non sorprende il fallimento dell’incontro avuto ieri da diplomatici americani, russi e dell’Onu a Ginevra per la prima riunione preparatoria alla conferenza di pace che vorrebbe mettere fine al conflitto: da definire sono sempre agenda e lista dei partecipanti. Sulla presenza dell’Iran si è bloccato tutto. I rappresentanti delle tre parti torneranno a vedersi il 25 giugno ma il loro compito è tutto in salita e la conferenza data per certa già a fine maggio, ieri è stata rinviata a luglio.

Intanto, dopo la Francia, anche la Gran Bretagna assicura di avere le prove che il regime di Assad abbia usato il gas sarin. Quello dell’uso di armi chimiche potrebbe diventare il pretesto per un intervento militare occidentale contro la Siria, di fronte all’incapacità dei ribelli di vincere la guerra civile. Il presidente francese Hollande scalpita. In Mali ha mandato i suoi soldati a combattere contro jihadisti e qaedisti, i “terroristi”. In Siria invece gli stessi jihadisti e qaedisti alleati dei ribelli non sono terroristi ma “combattenti per la libertà”. «Abbiamo fornito gli elementi di prova che ora obbligano la comunita’ internazionale ad agire», ha detto il presidente francese, precisando però che non prenderà nessuna decisione unilaterale e isolata.

Fonte: Nena News

6 giugno 2013

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