Quando un bimbo chiama e ci insegna a capire
Giangiacomo Schiavi
Ahmed 13 anni e una richiesta di aiuto per il fratellino malato. La sua storia risveglia una solidarietà che non è di facciata.
Un piccolo uomo sbarcato sulla spiaggia di Lampedusa porta un’ondata di umanità nell’estate dei profughi. Si chiama Ahmed e tredici anni li ha solo per l’anagrafe. Il certificato medico che stringe nelle mani, come un tesoro, è una richiesta di aiuto per il fratellino malato.
La sua storia, raccontata sul Corriere da Felice Cavallaro, risveglia una solidarietà che non è di facciata. Come possiamo aiutarlo, chiedono i lettori fin dal primo mattino. Che cosa si può fare per la sua famiglia, si interrogano le istituzioni. Di colpo, la catastrofe umanitaria di cui si parla da mesi, ha un volto, un nome, una storia. Ahmed è venuto in Italia per conto dei tanti bambini che muoiono nel silenzio e nell’indifferenza per un bombardamento, una rappresaglia o perché sono poveri e non possono permettersi le cure necessarie.
La povertà non piange, la povertà non grida, scriveva il grande reporter di guerra, Kapuscinsky. La povertà soffre in silenzio, fino a quando non trova qualcuno come Ahmed, che passa dai carri bestiame alle carrette del mare di trafficanti e scafisti, dall’Egitto a Lampedusa, e ci dice che cosa si può fare per amore della vita.
Il fratellino malato, con la necessità di una splenectomia, che è l’asportazione della milza, sarà curato in Italia. L’ospedale Careggi, di Firenze, si è messo a disposizione, la regione Toscana pagherà il viaggio, una Fondazione ospiterà la famiglia. Ma il cuore generoso di tanti italiani era pronto a offrire la somma necessaria all’intervento. Nel paese d’origine serviva una cifra dieci volte superiore a quella che il padre di Ahmed guadagna in un anno.
Prendiamo il sussulto solidale che ha attraversato per un giorno l’Italia, come un segnale per guardare con altri occhi l’emergenza sanitaria dei Paesi poveri in guerra, dove le vittime sono adulti e bambini e dove spesso mancano medicine e cure adeguate. La commovente determinazione di Ahmet è un invito a non dimenticare.
Fonte: www.corriere.it
17 agosto 2016