Profughi eritrei, appello all’Ue per la liberazione
Redattore Sociale
Lanciato sulla rete da don Zerai, presidente dell’Agenzia Habeshia. Quasi un centinaio di firme…
MILANO – Un appello all'Unione europea e alla comunità internazionale per chiedere la liberazione dei profughi eritrei ostaggio dei predoni nel Sinai e il loro reinsediamento in Europa è stato lanciato sulla rete da don Mosé Zerai, presidente dell'Agenzia Habeshia. Il sacerdote eritreo anche oggi è riuscito a contattare la ventina di ragazzi che ancora si trovano nelle mani dei trafficanti di Abu Khaled: per il momento si è riusciti a scongiurare il pericolo che venissero rivenduti ad altre bande di trafficanti. "Li hanno massacrati di botte. I carcerieri hanno fretta di sbarazzarsi di questo ultimo gruppo di persone -spiega don Mosé Zerai-. Mentre ero al telefono con un ragazzo sentivo le parole del trafficante: 'Non allungare il discorso. Chiedi solo di mandare i soldi'. E nel frattempo lo picchiava".
L'appello lanciato su internet conta quasi un centinaio di firme tra cui quelle dei deputati Savino Pezzotta, Luigi Manconi, Paola Binetti, Gennaro Malgieri, Benedetto Della Vedova, Livia Turco, Matteo Mencacci. "Chiediamo che si mobiliti tutta la Comunità internazionale, da un lato per combattere il traffico di esseri umani e dall'altro affinchè sia garantita a queste persone la protezione internazionale di cui hanno bisogno e a cui hanno diritto", si legge nel testo. La richiesta è quella di un progetto di reinsediamento e accoglienza dei profughi nel territorio dell'Unione Europea. All'appello seguiranno, nelle prossime settimane, una conferenza stampa e una fiaccolata. L'obiettivo è quello di richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sul dramma dei profughi eritrei. "Speriamo che il Parlamento europeo possa mettere in campo un'azione più concreta rispetto al semplice richiamo e che si passi a un progetto di intervento più concreto", spiega don Mosé.
Anche in Israele resta alta l'attenzione sulla vicenda. SEcondo un rapporto diffuso dall'Ong "Physicians for human rights" attualmente nel paese ci sono circa 2mila rifugiati e richiedenti asilo (tra cui donne e bambini) detenuti nei campi. "Spesso devono attendere per lunghi periodi prima di poter incontrare un medico -si legge in un rapporto diffuso dall'organizzazione- inoltre spesso vengono negate visite specialistiche, percorsi di riabilitazione o la consulenza di uno psicologo". Devono aspettare per settimane e spesso per mesi, prima di essere rilasciati "senza altro che un biglietto dell'autobus per le principali città".
Fonte: Redattore Sociale
14 gennaio 2011