Prigione Centrale di Kabul
Duilio Giammaria
Duilio Giammaria, inviato speciale del Tg1 ha incontrato Parwez Kambash, il giovane giornalista ventitreenne condannato in Afghanistan.
Parwez Kambash ha 23 anni, studiava e faceva il giornalista in Afghanistan a Mazar I Sharif. Sei mesi fa la polizia lo arresta: l’accusa e’ di aver stampato da internet e diffuso un testo che confuta la tesi secondo la quale le donne non avrebbero diritto all’istruzione. L’accusa di blasfemia contro l’Islam e’ un reato punito con la pena di morte. Al primo grado di giudizio Parwez e’ condannato alla pena capitale. Nel frattempo e’ stato trasferito nel carcere sovraffollato di Kabul. Le associazioni dei giornalisti afgani, italiani, internazionali tutta la comunita’ internazionale presente a Kabul, sollecitata dall’attenzione dell’ambasciatore italiano in Afghanistan Ettore Sequi si sono mobilitate. In gioco c’e’ la liberta’ di stampa, I diritti umani, la democrazia del paese. Oggi siamo riusciti ad entrare nel carcere centrale di Kabul e abbiamo avuto la possibilita’ di incontrare Parwez.
Parwez arriva con l’aria mite e spaventata di un giovane ragazzo finito nel crudele ingranaggio delle contraddizioni dell’Afghanistan.
“ ..Da quanto sono stato arrestato nessuno ha potuto dimostrare la mia colpevolezza” Da quando mi hanno arrestato, dice Parwaz, nessuno ha mai potuto portare alcuna prova, la verita’ e’ che non ho mai commesso nessun reato.
Perche’ la giustizia afgana ce l’ha con lei?
Il giovane giornalista non ha dubbi: Si tratta di una vendetta contro la liberta’ di stampa, contro I giornalisti….afferma
In effetti il fratello di Parwez giornalista lui stesso ha svelato traffici illeciti di un signore della Guerra… questa sarebbe la sua vendetta…La vendetta dell’Afghanistan che non vuole il cambiamento.
Hai paura? Gli ho chiesto, Parwez mi ha fissato negli occhi. “ sono convinto che la verita’ e la giustizia prevarra’” ha risposto con coraggio”.
Parwez mi ha stretto la mano e ha ringraziato tutti coloro che terranno desta l’attenzione e si batterrano con ogni strumento per salvargli la vita e con lui la speranza per un futuro democratico in Afghanistan.
La prima udienza del giudizio in appello grazie alle pressioni della comunita’ internazionale e’ stata pubblica. Gli osservatori hanno protestato con forza quando il giudice lo ha accusato violentemente trattandolo da condannato piu’ che da imputato.
Il giudice, noto per le sue posizioni conservatrici e vicine agli hardliner fondamentalisti, ha di fatto svolto un ruolo di pubblica accusa.
E’ sempre piu’ evidente che sulla vita di Parwez si gioca il braccio di ferro tra liberali, democratici e le forze della conservazione che usano lo scudo delle tradizioni islamiche e la retorica dei mullah integralisti, per guadagnare potere e consensi.
ARTICOLO 21 con il generoso contributo di FNSI, INPGI, Stampa Romana, dell’Ambasciata Italiana a Kabul e dell’ambasciatore Ettore Sequi, ha istituito un fondo per finanziare borse di studio in favore di giornalisti e studiosi afgani.
Propongo che la prima borsa di studio venga attribuita a Parwez quando, come tutti auspichiamo, uscira’ sano e salvo dall’inferno della prigione di Kabul.
Fonte: Aricolo21
13/07/2008