E’ possibile la sicurezza europea senza la Russia?


Roberto Savio


Partono in questi giorni le manovre militari congiunte fra marina, esercito ed aviazione russe e cinesi. E’ un messaggio chiaro per Washington.


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Partono in questi giorni le manovre militari congiunte fra marina, esercito ed aviazione russe e cinesi. E’ un messaggio chiaro per Washington, che negli ultimi tempi ha rafforzato la sua azione in Asia, per indicare che come Paese che si affaccia sul Pacifico vuole giocare un ruolo importante in Asia, diretto a contenere la espansione cinese. Obama nella sua visita al Laos, la prima di un Presidente Americano e la sua ultima in Asia come Presidente, ha esplicitamente affermato che gli Stati Uniti sono garanti della stabilità asiatica. Va anche tenuto conto che il maggior continente del mondo sta attraversando una ondata di nazionalismo (Cina, Giappone, India) o di populismo (Filippine). Le manovre militari congiunte sono un messaggio chiaro: gli Stati Uniti non possono decidere i destini dell’Asia.

La Russia è già considerata dalla Nato un nemico da contenere, accerchiandola ai confini con la Europa Orientale. L’annessione della Crimea, l’intervento nella Ucraina orientale, e poi l’azione bellica in Siria, hanno isolato il Cremlino, oggetto di sanzioni commerciali europee ed americane senza precedenti. L’incontro la settimana scorsa tra Obama e Putin nella riunione del G20, si è concluso in modo apertamente negativo. Il fragile accordo per una tregua in Siria, raggiunto fra i rispettivi ministri degli esteri, non risolve il contenzioso globale fra i due Paesi, che sono comunque intenzionati a farsi una Guerra non dichiarata, fino all’ultimo siriano. Ed è intenzione della alleanza occidentale mantenere le sanzioni sulla Russia. La logica è che questa, fiaccata dalla caduta del prezzo del petrolio, vede una consistente riduzione delle sue entrate, e Putin sarà obbligato ad accettare la supremazia dell’occidente, e riducendo la sua azione internazionale. Questa logica porta a non negoziare ed attendere che Putin comprenda che non può avere ambizioni globali. Come ha dichiarato lo stesso Obama, “La Russia è una Potenza regionale”. Ed il sistema informativo è pieno di analisi su come l’economia russa sia in crisi, e come il calo delle risorse metterà in crisi il rapporto fra Putin ed il popolo russo.

Ora, una analisi appena più approfondita, consente di nutrire seri dubbi sulla validità di questa strategia. Intanto, le sanzioni hanno un peso diverso per l’Europa e gli Stati Uniti. Si sottolinea come il PIL della Russia sia sceso del 3,5%. Ma a parte che in questo gioca molto più seriamente la riduzione del prezzo del petrolio (principale esportazione russa) da 100 dollari al barile, agli attuali 50, si tace sul costo delle sanzioni per l’Occidente, che ha sospeso le esportazioni per la Russia. Secondo la Commissione Europea, alla fine del 2015 si trattava di 100 miliardi di dollari. Ma qui si nasconde una importante differenza, inspiegabilmente taciuta. Le esportazioni americane alla Russia sono calate del 3,5%, mentre le europee del calate del 13% (per il settore agricolo del 43%). Dal canto suo, le importazioni europee dalla Russia sono scese del 13,5%. Sempre secondo la Commissione Europea, il PIL europeo è sceso dello 0,3% nel 2014, e dello 0,4% nel 2015, come conseguenza delle sanzioni. Questo non impensierisce certo la Germania, ma Paesi come l’Italia con crescita vicino allo zero (il cui settore agricolo ha risentito molto della perdita del mercato russo), e non va dimenticato che la crescita totale del Pil europeo è vicina all’1 per cento.

Ma, rispondono i circoli della Nato, la differenza tra il calo del PIL russo e quello dell’Europa, dimostra che le sanzioni funzionano, ed è questione di tempo prima che Putin capitoli. E qui si apre un’altra riflessione largamente assente nei media.

Non è possibile ignorare che Putin gode di una grande popolarità nella popolazione russa. Le inchieste indipendenti gli attribuiscono da un minimo del 60% ad un 78% di popolarità, livello sconosciuto per qualsiasi leader occidentale. E questa popolarità è aumentata da quando Putin ha annesso la Crimea, è intervenuto in Ucraina, collocando un coltello nel fianco della Nato, (che può girare a suo piacere), ed intervenendo in Siria. La risposta dei circoli ufficiali è che queste azioni sono state svolte per mascherare la crisi economica e sociale interna. Ma le crisi nascono quando si sentono come tali. Gli americani sono convinti che durante la presidenza Reagan gli Stati Uniti passavano per un’epoca economica felice, mentre il deficit fiscale è passato da 800 miliardi a 2,750 trilioni. Ed è facile convincere il popolo russo che l’Occidente sta cercando di strangolare l’economia russa. Inoltre si tratta di una popolazione, secondo i sociologi, capace di compressione dei consumi, per ragioni storiche e culturali, ben maggiore di quella dei cittadini dell’occidente.

Ma la riflessione centrale va fatta su una importante disfunzionalità: l’esistenza simultanea della Comunità Europea, e della Nato, due istituzioni con una agenda differente, che spesso crea azioni schizofreniche. Scopo formale della Comunità Europea è agire per una maggiore integrazione e sviluppo dei Paesi europei, basata su valori ed interessi comuni. Scopo formale della Nato è agire per la sicurezza del mondo occidentale, che è composto. allo stesso tempo dagli Stati Uniti (leader assoluti) e dall’Europa. L’Europa delega quindi la sua sicurezza alla Nato.

Secondo molti analisti, la Nato ricorda i personaggi in cerca di autore di Pirandello. La fine della Guerra Fredda e la fine della minaccia sovietica ne avrebbero imposto lo scioglimento. Ma eliminare una istituzione, è spesso più difficile che crearne. Così, per un tempo la Nato ha cercato con insistenza un nemico esterno, che giustificasse la sua esistenza. Ed un proverbio cinese dice: se mettete un martello nelle mani di qualcuno, questi cercherà ovunque dei chiodi che sporgano. Al punto tale che l’ultimo comandante della Nato, il generale Odierno, ha dichiarato che la Russia è un pericolo maggiore dell’ISIS.

Peraltro esiste anche una scuola di pensiero che considera che l’Occidente ha fatto di tutto per rendere Putin paranoico, quando era partito come alleato di Bush. Va ricordato che l’accordo di Gorbacev per accettare la caduta del muro di Berlino, era che la Nato non movesse le sue frontiere. Invece tutti i Paesi europei dell’ex unione sovietica sono entrati nella Nato. E simbolico di questo trend, che viene definito un accerchiamento da Mosca, mentre Bruxeles lo definisce un contenimento, è la recente ammissione alla Nato del Montenegro, che ha un esercito di 3.000 uomini!

Ora, ad una analisi attenta, non vi è dubbio che la Nato ha maggior peso nella politica internazionale dell’Europa. Anche perché obbiettivamente, l’Europa ha spese militari ridotte, perché delega agli Stati Uniti i costi della sua difesa. Non a caso Trump ha fatto come punto importante della sua campagna elettorale, la promessa che se diventa presidente, gli Europei dovranno pagare le loro spese di difesa. Questo, sia detto per inciso, comporterebbe un severo calo del peso della Nato in Europa…

Le manovre congiunte nel mar della Cina sono parte di un processo importantissimo ed accelerato di ravvicinamento della Russia alla Cina. Nonostante il rallentamento della economia cinese, in questo anno Pechino ha firmato prestiti per 25 miliardi alle imprese russe: la Russia dal canto suo si è impegnata ad un accordo di fornitura di gas per 38 miliardi di metri cubi di gas all’anno, per 30 anni, con un corrispettivo di 400 miliardi di dollari. La Banca di Sviluppo della Cina ha concesso una linea di credito alla Sberbank per 966 milioni. Pekino ha creato un fondo di investimenti per l’agricoltura russa di 2 miliardi di dollari, e ha concesso 19,7 miliardi di dollari di credito per una ferrovia che collegherà Mosca alla città di Kazan. I due paesi infine hanno deciso di aumentare il loro commercio bilaterale a 200 miliardi di dollari entro il 2020. In altre parole, tra i due Paesi sta nascendo una alleanza commerciale senza precedenti.

La domanda che l’Europa si deve quindi porre, togliendosi il cappello della Nato e mettendosi quello dell’Unione Europa è se le conviene spingere la Russia nelle braccia della Cina. Forse invece è giunto il momento di aprire un negoziato globale con la Russia, invece di continuare a discutere separatamente ogni punto del contenzioso, la Siria separatamente dall’Ucraina, dalla Crimea, dalla questione della Giorgia, dell’est Europeo, e cosi via…

Anche perché da questa analisi nasce una domanda ancora più fondamentale. E’ una strategia lungimirante per l’Europa, nel caso le sanzioni avessero il loro presunto effetto, avere un Paese di grande rilevanza militare ed economica ai propri confini, in ginocchio, con una popolazione umiliata ed offesa, convinta con prove che l’Europa si oppone al giusto posto della Russia nel mondo? E’ questo il miglior cammino per la sicurezza europea, o non è meglio negoziarlo con la Russia, per una sicurezza comune, e scambi e commerci di cui oggi esiste un enorme bisogno, visto che andiamo verso un lungo periodo di stagnazione, secondo i maggiori economisti…
Ma la domanda è se la schizofrenia europea dei due cappelli, quello della nato e quello dell’Unione, (oggi in crisi), rende possibile questo negoziato globale? Anche perché Putin sta creando un suo sistema di alleanze europeo, con alleanza con la destra populista, con i Salvini e le Le Pen, riscuotendo l’ammirazione di Trump, diventa modello per la democrazia illiberale di cui parla il Presidente Ungherese Orban… questo certamente riduce la sicurezza europea, e non l’aumenta. Ma dove è il leader capace di questa nuova vision più realista e di lungo respiro della sicurezza dell’Europa? E’ sicuro che possa farsi senza la Russia?
Roberto SAVIO
utopia@robertosavio.info

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